Come interpreta i più recenti tentativi degli Stati Uniti di trovare una soluzione per fermare la guerra in Ucraina?
Secondo me gli Stati Uniti hanno fatto bene ad inserire i desiderata di Mosca nel punto 21D della prima bozza di accordo.
A cosa si riferisce esattamente?
Al fatto che le forze armate ucraine dovrebbero ritirarsi dai territori del Donestk, che in quasi quattro anni di guerra la Russia non è riuscita a conquistare per la determinazione dimostrata della resistenza ucraina che ha sorpreso tutti gli analisti: me per primo, devo ammettere.
Perché Mosca ha suggerito agli emissari di Trump il comma 4 del punto 21?
Sul piano razionale, alla Russia una tregua oggi farebbe molto comodo. Ma Vladimir Putin ci tiene molto a coltivare la sua immagine: cerca un fatto simbolico ed eclatante per far credere di uscire “vincitore”. Filmare la fanteria e i carri armati ucraini è – almeno a mio parere – il suo obiettivo in termini di comunicazione bellica.
Come rispondere?
Per inserire una forza di osservatori militari e di interposizione servirebbe un ritiro di qualche chilometro da entrambe le parti. Ma Zelensky potrebbe anche dichiarare, con l’ironia di cui è capace: “arretro le mie truppe di tre chilometri cosi ti do la soddisfazione di ottenere le immagini a cui tieni tanto”. Una simile mossa potrebbe forse smascherare – ridicolizzandola – l’operazione di influenza pianificata dagli esperti di comunicazione del Cremlino. Potrei naturalmente sbagliare, ma penso che il suo profilo psicologico e la sua personalità politica spingano Putin a ricercare un’immagine di vittoria anche se solo apparente. Per Zelensky, nelle condizioni di oggettiva inferiorità di forze in cui si trova l’Ucraina, viceversa un pareggio è già di per sé una vittoria.
Cosa pensa della pubblicazione delle telefonate tra Witkoff e Ushakov?
Non serve essere esperti di cybersecurity per sapere che per gestire scambi informativi non si dovrebbe mai usare WhatsApp! E neppure Signal. Errare humanum est, perseverare autem diabolicum.
Quali sono gli aspetti positivi della bozza Trump?
Ne indico due. Il ricongiungimento con le famiglie dei bambini rapiti dai militari russi, dossier affrontato con riservatezza e grande efficacia dalla diplomazia vaticana. Il secondo è il disco verde all’ingresso dell’Ucraina nell’Unione europea. Penso in particolare al contributo che l’Ucraina potrà dare in materia di difesa europea.
E come commenta i recenti scandali a Kiev?
Fa piacere constatare che le indagini delle agenzie statali anticorruzione hanno portato alle dimissioni sei ministri sospettati, ad una forte reazione dei media e dell’opinione pubblica: tutte cose impensabili nella Russia di oggi.
Si spieghi meglio…
Nel 2013 Alexei Navalny ha ottenuto il 27% dei voti alle elezioni per il sindaco di Mosca e dieci anni dopo è morto in una colonia penale sopra il circolo polare artico. Come non vedere il tragico processo di involuzione autoritaria del regime di Putin negli ultimi dieci anni?
Un’ultima domanda: come si potrebbe spiegare la sorprendente capacità’ di difesa dimostrata dall’Ucraina?
La storia conta. Come sostiene Paolo Mieli nel suo ultimo libro, dobbiamo imparare a porci domande ispirate da fattori storici. Nei primi trent’anni del Novecento sono morti quasi quattro milioni di ucraini nell’Holodomor per responsabilità di Stalin come ci ha ricordato, tra gli altri, Marcello Flores.
Con quali conseguenze?
Sono a mio avviso tragedie che creano anticorpi perché incidono profondamente nella storia delle famiglie e nell’identità di un intero popolo. Questa stessa ipotesi – meriterebbe un’analisi molto più accurata – non vale solo per l’Ucraina, ma anche per il popolo israeliano. Come è possibile che un paese piccolo come Israele riesca a reagire, talora anche in modo eccessivo, agli attacchi da ben sei fronti di guerra? Mi riferisco ad Hamas a Gaza, all’Iran, agli Houthi in Yemen, a Hezbollah in Libano, alle milizie sciite in Siria e ai miliziani filoiraniani in Iraq.
L’esperienza del male assoluto, l’imprinting della Shoà con più di sei milioni di morti non è ovviamente l’unico fattore esplicativo di cui tener conto, ma è certamente un elemento importante per analizzare e spiegare le capacità di difesa di Israele. Shoà e Holodomor ci dicono molto delle guerre attuali e – non solo per questo – meriterebbero molto più spazio nelle istituzioni educative, nelle attività di ricerca e, last but non least, nel mondo dei media.




