Questo Cameo, sperimentale, è scritto secondo i protocolli di IDEA, cioè con un approccio “scenarista” e un uso innovativo dell’editing; si legge in 3-4 minuti. Nessuna pretesa di dare giudizi su un mondo in disgregazione come l’attuale, governato da classi dominanti (Ruling Class) convinte che il futuro sia rappresentato da Città-Stato, disegnate da Archistar, che si credono i nuovi Apollodoro da Damasco.
Cari lettori, leggetelo in scioltezza, vivetelo come un divertissement agostano, con la possibilità di una sua evoluzione in un paradigma dicembrino. Dall’alto dei miei novant’anni, osservo divertito il solito, immutabile caravanserraglio della politica, dell’imprenditoria, dell’accademia, lo stesso da tre generazioni. Sono però molto incuriosito da questa nuova generazione di Magistrati.
Mi chiedo: come perseguirà i reati compiuti dai nuovi patrizi, dai nuovi popolari, dai maranza? Ora la corruzione parrebbe non esplicitarsi più con denaro contante o accrediti in paradisi fiscali. Siamo entrati nel magico mondo del capitalismo di relazione che origina la corruzione di relazione. Questa supera, in termini temporali, il vecchio, volgare do ut des da Bar Sport, tendendo a configurarsi come reciproco investimento, proiettato nel tempo. In questo senso, da tempo, l’America sta tracciando il solco.
Trent’anni fa abbiamo vissuto la Milano da bere, seguita poi dalla Milano da mangiare, ora ci toccherà la Milano gentrificata da digerire?
Nulla di nuovo sul fronte occidentale, se non la solita lotta fra fazioni patrizie per il dominio della Città-Stato che vuole sostituirsi alla politica.
Mi pare di tornare a rivivere il post Sessantotto, quando percepivo la nascita di un mondo all’apparenza fuori dal mondo, in realtà con le stesse regole gerarchico burocratiche di sempre, solo dominate da una curiosa scenografia e da un buffo linguaggio, zuppo di fuffa sociologica.
Casualmente, la mitica Milano da bere degli anni Ottanta la vissi e la digerii come CEO di IVI (Industrie Vernici Italiane) durante il giorno dal mio ufficio alla Bovisa, e a sera al Riccione, dove il tuo status era definito dalla distanza dal tavolo del clan dei Patrizi certificati.
Poi cadde il mitico Muro, ci convincemmo di esserne usciti vincitori, in realtà eravamo butler dei nuovi padroni del mondo. Ebbi l’incarico di vendere la IVI agli americani della PPG: esperienza sconvolgente ma arricchente.
I primi anni Novanta coincisero con lo scoppio, proprio a Milano, di Mani Pulite. Li vissi, scrivendoci un libro Il Processo di Achille K.
Il Patriziato si arricchì di una nuova fazione, quella di (giovani) magistrati milanesi determinati ad uscire dalle “nebbie romane” dei vecchi ermellini patrizi del primo dopoguerra. In pochi anni, grazie all’impeccabile “Lei non poteva non sapere”, divennero un vero Potere, addirittura con un proprio sindacato, inserendosi a pieno titolo nel mondo dell’informazione politico-culturale.
Le altre fazioni patrizie, terrorizzate dal tintinnio di manette, si affrettarono a cooptarli, offrendo loro quello che sognavano: la visibilità sui loro media.
In pratica, costoro hanno acquisito, sul campo, uno status che li rende oggi la fazione patrizia più compatta della compagnia.
Superato lo scoglio di Mani Pulite, il Patriziato, grazie all’antica alleanza, ancora oggi sbandierata senza pudore, “Sindaco-Procuratore”, getta le basi per la Milano da mangiare.
Come finirà lo stiamo leggendo, in progress, direttamente sui loro quotidiani, sulle loro tv. Fanno tenerezza quelli che invitano il Sindaco (nella sua nudità politica ormai declassato a funzionario) a resistere, resistere, resistere.
Nel frattempo, per seguire il sogno della Milano da mangiare, con tanto di status internazionale, il Popolo viene spinto (usando il raffinato termine “gentrificazione” che ne nobilita l’atto) nelle periferie, destinate a diventare prima banlieue, poi favelas. Sperando di non diventare come l’Alby di Stoccolma.
Cne fare? Non abbiamo alternative: o digerire la nuova Milano gentrificata o no.
Prosit!