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Perché serve un commissario Ue per la Difesa

Chi c'era e che cosa è emerso nel corso del convegno “Le implicazioni strategiche della guerra in Ucraina per l'Italia" organizzato dallo Iai

Quasi due anni di guerra russa all’Ucraina accendono i riflettori sull’urgenza di accelerare l’Europa della difesa e, di conseguenza, delineare la postura dell’Italia.

È quanto emerso in occasione dell’evento dal titolo “Le implicazioni strategiche della guerra in Ucraina per l’Italia” organizzato dallo Iai, a partire dallo studio omonimo curato dal think tank.

Nel rapporto tra Ue e Nato, il conflitto ha mostrato l’urgenza di rimodernare la base tecnologica, la necessità di una versione più pragmatica dell’autonomia strategica europea, oltre a rimpinguare gli stock degli equipaggiamenti. A livello industriale, la guerra in Ucraina ha mostrato come una base tecnologica sia il carburante del sostegno a Kiev nel lungo termine, necessitando però di catene di approvvigionamento più europee e meno dipendenti dall’esterno, richiamando l’attenzione sull’industria.

Allo stesso tempo, si guarda all’allargamento dell’Unione europea, ma il design della governance della difesa europea va rivisto per renderlo più snello ed efficace. Ecco perché si sta ragionando sull’istituzione di un commissario Ue per la difesa.

Tutti i dettagli.

NECESSARIO UN COMMISSARIO UE ALLA DIFESA

“A due anni dell’invasione in Ucraina bisogna ragionare dal momento che la grammatica della democrazia è stata stravolta”, ha esordito il vicepresidente della Camera dei deputati, Giorgio Mulè. È necessario “adattare ai tempi dell’aggressione dell’Ucraina quelli di reazione dell’Unione europea”, ha proseguito l’esponente di Forza Italia ex sottosegretario alla Difesa, ribadendo “l’assoluta inadeguatezza” dell’attuale assetto istituzionale di governance della difesa europea, definito “lento, farraginoso e sicuramente inadeguato a rispondere” alle situazioni di emergenza. Proprio per questo “l’Italia deve lavorare all’interno dell’Ue” per istituire un “Commissario Ue dedicato soltanto alla difesa”, così da “adattare i tempi a quelli di reazione Ue”, anche se è quanto mai necessario “rivedere le regole d’ingaggio”.

Se da una parte “l’esercito Ue è una chimera — basti pensare che la forza d’intervento operativa conta 5mila uomini” ha evidenziato ancora Mulè, dall’altra bisogna interrogarsi “che senso abbia nel 2024 mantenere in vita 27 forze armate piuttosto che una forza comune Difesa Ue reale”.

NECESSARIA UNA POLITICA ESTERA DI DIFESA COMUNE

Concetti rilanciati anche dalla presidente della commissione Esteri e Difesa del Senato, Stefania Craxi (Forza Italia), che ha sostenuto come “la lentezza dell’Ue nell’impegnarsi nel Mar Rosso sia la prova di un meccanismo che arranca”. Craxi ha lamentato l'”Assenza di una visione che possa portare alla costruzione di un interesse europeo a sostegno di una politica estera di difesa comune” ribadendo la necessità di “Interrogandosi sui motivi e sui soggetti che in questi anni hanno frenato questo processo” per una nuova e diversa governance dell’Ue.

“Il conflitto ha acceso i riflettori su questi temi ed è tornato centrale il vecchio concetto di autonomia strategica su cui dobbiamo lavorare”, ha proseguito Craxi. Riguardo la percezione di autonomia, Craxi ha spiegato: “Non si tratta di ridurre una serie di dipendenze esterne sulla difesa, ma rafforzare meccanismi di coordinamento interno ed esterno dell’Ue. Più che un Ue libera da qualcuno è da qualcosa, serve Ue libera di agire”.

Allo stesso tempo, Craxi ha precisato che “l’autonomia strategica dell’Unione europea dal punto di vista della difesa non deve essere “altra” rispetto alla Nato. Se per alcuni nell’Unione l’autonomia strategica europea diventa altra rispetto alla Nato – visione storica della Francia ribadita recentemente da Macron – per me non ci siamo”, ha puntualizzato Craxi. “Significherebbe un’Europa più isolata e dunque più debole”, ha concluso Craxi.

FOCUS SULLA DISINFORMAZIONE MESSA IN ATTO DALLA RUSSIA

“In questi giorni assistiamo a un intensificarsi della narrativa fallace della Russia”, ha osservato il capo di Stato maggiore della Difesa, ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, secondo cui tale narrativa è basata su tre punti cardine: “Una Russia desiderosa di pace, una guerra ormai inutile, la percezione di un Occidente stanco”. L’obiettivo di Mosca, secondo Cavo Dragone, è di utilizzare “la finestra apertasi con le diverse consultazioni elettorali” che ci saranno anche in Occidente. “Ma nessun obiettivo primario militare di Mosca può dirsi raggiunto. E il supporto dell’economia allo sforzo bellico non sarà presto più sostenibile. La Nato è il vero scudo per difendere libertà e democrazia”, ha sottolineato Cavo Dragone. Dopodiché l’ammiraglio ha ribadito la “grande attenzione all’Africa, in particolare la zona del corno d’Africa molto critica, è instabile ma strategica”. “Nelle area gravitano tre missioni e due sono a guida italiana Aspides e Atalanta”, ha evidenziato il capo di Stato Maggiore della Difesa ricordando l’importanza del recente “Piano Mattei, una strategia di cooperazione su basi nuove e paritetiche”.

ALLARGAMENTO DELL’UE

Secondo Giulio Tremonti (Fratelli d’Italia), presidente Commissione Esteri della Camera ed ex ministro dell’Economia, “oggi per l’Ue serve un diverso design geopolitico, per decenni è stato dall’Atlantico agli Urali, ora la guerra di Putin ha interrotto quella visione, dal Baltico al amar Nero”. Serve anche un “diverso design costituzionale, l’allargamento come concessione è un concetto superato, in 35 stati è complicato ma senza non c’è futuro” ha chiosato Tremonti.

ALLEANZE FONDAMENTALI PER L’ITALIA

In questo scenario “l’Italia deve tenere conto di due fattori fondamentali per la propria sicurezza: da un lato il fatto di essere immersa in un sistema di alleanze, dall’altro che esistono luoghi di interesse strategico nazionali, ha detto il presidente del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica (Copasir), Lorenzo Guerini (Pd). “Penso al fianco sud dell’Alleanza, sono luoghi di interesse strategici nazionali e di sicurezza europea”, ha proseguito Guerini, aggiungendo che “Per una difesa comune europea serve Base tecnologica comune, condivisione della minaccia e tener sempre presente l’importanza della cooperazione industriale con Stati Uniti e Uk per costruire capacità militari comuni e in questo l’Italia può portare il proprio contributo”.

IL RUOLO DELLA BEI

“Sul piano tecnico la guerra in Ucraina ci sta insegnando la flessibilità” ha messo in luce l’ambasciatore Stefano Pontecorvo, presidente di Leonardo: “abbiamo programmi lunghissimi, come il Gcap per cui stiamo parlando del 2050, intanto investiamo”.

Nel frattempo, “dobbiamo rimpinguare quello che non abbiamo più o non abbiamo mai avuto” e a tal proposito il presidente di Leonardo ha ricordato che alcune “Iniziative sono state messe in campo: tra qualche giorno si riunisce l’Ecofin informale, che non ha agenda prestabilita ma sono importanti per capire l’orientamento dell’Ue”. “Tra gli argomenti c’è l’estensione degli impegni operativi della Bei per estenderlo al campo della sicurezza e difesa. Se la Bei diventerà la banca della difesa europea è presto per dirlo, ma l’argomento potrebbe arrivare sul tavolo” ha ammesso Pontecorvo.

“Rappresenterebbe un passo importante” visto che necessita di una “modifica dello statuto” dal momento che per ora “impedisce all’istituto di investire nella difesa”. “La Bei non ha autonomia strategica, ma sono i 27 rappresentati a decidere se la banca può allargare il campo d’azione”.

“Inoltre, a livello europeo si stanno delineando nuovi strumenti, come l’istituzione di Eurobond per sostenere investimenti militari” ha aggiunto Pontecorvo, rammentando che “Circola la cifra di 100 miliardi di euro, sarebbe soluzione concreta e pragmatica per sostenere l’Europa della difesa”.

FONDAMENTALE LA CERTEZZA DEGLI INVESTIMENTI PER L’INDUSTRIA DELLA DIFESA

Per quanto riguarda la “Dimensione industriale di queste implicazioni”, in generale è quella di “adeguare la dimensione delle forze e il procurement”, ha sottolineato Alessandro Marrone, autore dello studio e Responsabile del programma di Difesa dell’Istituto affari internazionali (Iai). Secondo Marrone è “necessario un quadro finanziario pluriennale con certezza finanziaria dell’allocazione delle risorse”, evidenziando che “Il Dpp non c’è l’ha, le cifre per gli anni successivi non ce l’hanno e l’industria non è incentivata a fare investimenti nel lungo periodo”.

Allo stesso tempo “le attività di manutenzione e riparazione devono crescere in termini di qualità e tempistica” ha evidenziato Marrone. Dal momento che l'”idea di economia di guerra usata in Francia e altrove non funziona nel dibattito italiano”, Marrone auspica “un discorso più sistematico che dovrebbe essere proposto dalle istituzioni italiane per far sì che l’opinione pubblica comprenda l’importanza della difesa”.

INCENTIVARE IL PARTENARIATO PUBBLICO-PRIVATO

Infine, “quasi due anni di guerra russa all’Ucraina comportano implicazioni strategiche per la Nato e l’Europa della difesa, influenzando a loro volta la politica di difesa dell’Italia”, ha affermato il sottosegretario di Stato alla Difesa Matteo Perego di Cremnago nel suo intervento all’evento organizzato dallo Iai.

“Il conflitto prolungato e su larga scala, ad alta intensità, tra forze sul campo quasi alla pari – grazie al sostegno militare occidentale all’Ucraina – presenta una serie di lezioni anche per le forze armate italiane, in ciascuno dei cinque domini operativi (terrestre, navale, aereo, spaziale e cyber) e a livello interforze”, ha spiegato. “Le guerre in corso, considerando anche quella ibrida degli Houthi in Mar Rosso, presentano implicazioni dirette e indirette per l’industria dell’aerospazio e difesa, a livello nazionale ed europeo, anche contestualizzata ad uno scenario geopolitico critico, con conflitti accesi e democrazie a rischio”, ha affermato Perego.

“Se pensiamo a una difesa europea, dobbiamo essere consapevoli dell’importanza d parteneriati pubblici e privati, perché con le sole risorse pubbliche senza il privato sarà difficile ragionare sulla difesa europea. Va cambiata l’architettura dell’Europa in termini difesa, non parliamo di esercito comune, ma di architettura e di industria. Oggi tutto è sicurezza, questo è il grande insegnamento della guerra in Ucraina, ecco perché non può bastare 1,58% del pil negli investimenti in difesa” ha concluso il sottosegretario alla Difesa.

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