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Nato Russia

Perché senza trattato Inf è a rischio anche la Nato

L’analisi di Stefano Silvestri, direttore editoriale di AffarInternazionali e consigliere scientifico dello Iai

Tra accuse e contro accuse che non sembrano lasciare alcun margine di compromesso, Washington e Mosca si accingono a stracciare il Trattato Inf, quello della famosa opzione ‘doppio zero’ – niente armi nucleari ‘di teatro’, a raggio intermedio, né a Oriente né a Occidente. Grazie a questo trattato del 1987 si era brillantemente chiusa la gravissima crisi degli euromissili dei primi Anni Ottanta – forse la più grave crisi nucleare dopo quella di Cuba del 1962 -. In quegli anni, dopo la decisione sovietica di dispiegare i missili SS-20, che sminuivano la credibilità della garanzia nucleare americana a protezione della Nato, alcuni Paesi occidentali, tra cui soprattutto l’Italia e la Germania, ma anche Gran Bretagna, Belgio e Olanda, risposero dispiegando analoghi missili nucleari americani.

INF, UN TRATTATO DI FATTO GIÀ VIOLATO

Molta acqua è passata sotto i ponti, ma la necessità di mantenere uno stabile equilibrio strategico in Europa rimane fondamentale. Tanto più in questo periodo, quando assistiamo ad un forte sforzo di riarmo da parte della Russia, con un’enfasi particolare proprio sulle armi nucleari, strategiche, di teatro o tattiche che siano. Riarmo che per di più si accompagna con la continuazione delle crisi in Ucraina e nel Caucaso e con una forte presenza e impegno militare di Mosca nel Mediterraneo e in Medioriente.

Denunciare il Trattato Inf era diventato inevitabile, dopo che la scadenza di 60 giorni fissata dalla Nato era passata senza riscontri positivi da parte russa. Non è possibile mantenere in vita un trattato che, a nostro avviso, è seriamente violato dalla controparte. Tuttavia non è ancora affatto chiaro cosa faremo, o cosa dovremmo fare, entro i prossimi sei mesi, alla fine dei quali, se non saranno prese altre decisioni, l’Inf sarà definitivamente sepolto.

TRUMP E IL FUTURO DELLA NATO

La Nato, fortemente spinta da Washington, ha preso una posizione chiara e netta, dichiarando che il re è nudo. C’è però un grande silenzio sulle nostre possibili scelte: restiamo sotto la pioggia,  senza protezione, o cerchiamo un nuovo ombrello?

La questione è delicata, per più ragioni. Il presidente americano è molto diverso da quelli di una volta. E anche gli europei non sono più gli stessi. In altri termini, anche se nei corridoi dell’Alleanza Atlantica la cosa è negata, qui rischia di essere in gioco il futuro stesso della Nato.

Tutti stiamo constatando come il presidente Trumpabbia una sua visione particolare della situazione internazionale, dei suoi alleati e dei suoi avversari, che non sempre corrisponde a quella che il resto del mondo considera essere la realtà. Ad esempio, sia nel 2016 che nel 2017 egli ha sprezzantemente respinto le concordi affermazioni delle agenzie di intelligence americane, che parlavano di interferenze russe sul sistema elettorale americano: l’approfondita inchiesta giudiziaria in corso ha già ampiamente sconfessato il presidente.

La cosa però non sembra turbarlo troppo. Quest’anno le sue polemiche con l’intelligence Usa vertono sulla Corea del Nord, che gli analisti avrebbero trattato troppo male, sull’Iran, che invece sarebbe stato trattato troppo bene, e sui terroristi dell’Isis, che Trump, e solo Trump, giudica definitivamente sconfitti. Ci si attendono analoghe polemiche sull’Afghanistan, per giustificare il ritiro eventuale delle forze americane. In pratica, il presidente Trump sembra del tutto disponibile a credere a qualsiasi cosa che vada nel senso delle sue preferenze e a negare il resto. La realtà è opinabile.

LA DIFESA EUROPEA, TRA INSICUREZZE E DIVISIONI

Anche gli europei non sono più quelli del 1980. L’ottimismo che allora ci permise di dispiegare gli euromissili, nonché di entrare nel Sistema monetario europeo (precursore dell’Euro), si è fin troppo diluito. L’Ue e la Nato hanno molto allargato la loro membership a Paesi di diversa collocazione e sensibilità politica, in particolare quando si tratta di decidere cosa fare nei confronti di Putin.

La solidarietà politica è molto diminuita, sia all’interno che tra i Paesi europei. Nuove minacce e rischi si sono aggiunti a quelli tradizionali, confondendo le priorità. E infine, e più importante, nessun Paese europeo vuole indirizzare a Trump richieste che potrebbero venire pubblicamente respinte, rovinando quel che resta della sicurezza transatlantica.

Tuttavia questa incertezza e assenza di iniziativa è già di per sé una forma di risposta non molto incoraggiante per il futuro dell’equilibrio strategico. È probabile che la situazione peggiori quando verrà in discussione, tra Washington e Mosca, il nuovo trattato sul controllo degli armamenti strategici.

Usa e Russia stanno sviluppando una nuova generazione di armi e sia Putin che Trump, ma anche i loro consiglieri, sembrano poco propensi al compromesso. In un tale clima, senza Inf e senza controllo degli armamenti, con numerosi conflitti aperti nel loro immediato vicinato, gli europei potrebbero sperimentare, per la prima volta dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, un periodo di grande e pericolosa incertezza.

Forse sarebbe bene dedicare a questi temi un po’ più di attenzione, prima che sia troppo tardi e che l’attenzione ci venga imposta dall’esterno.

 

Questo articolo è stato originariamente pubblicato sull’Huffington Post lo 01/02/2019

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