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Giorgetti

Perché Salvini sul Colle fa gioire gli anti Berlusconi

Come i giornali vedono le mosse di Salvini nella partita del Quirinale. I Graffi di Damato

 

Povero Berlusconi, verrebbe da dire vedendolo nella sua ostinata corsa al Quirinale appeso non solo agli attacchi degli avversari, scontati pure nella forma della derisione sublimata nel titolo-copertina del manifesto “Conta che ti passa”, ma anche o ancor più dalle licenze che si concedono ogni giorno alleati e amici persino stretti, costringendolo a inseguirli con telefonate, richieste di chiarimento, sfoghi e presunti chiarimenti finali , anzi semifinali. Povero Berlusconi, scrivevo, che verrebbe voglia di dire se non fosse stato lui a volersi mettere in questa situazione che nessun medico – credo – gli abbia prescritto come cura suppletiva dei postumi del Covid. Che sino a qualche mese fa lo costringevano ad entrare e a uscire dall’ospedale San Raffaele di Milano.

“Lo strappo di Salvini”, ha titolato con ottimismo, dal suo punto di vista, la Repubblica antiberlusconiana anche nella versione ormai post-scalfariana. Strappo, come se Berlusconi fosse un redivivo Breznev e Salvini un redivivo, pure lui, Berlinguer. Che si mostrò tanto desideroso di emanciparsi da Mosca col suo Pci da meritarsi un mezzo attentato in Bulgaria, dove un mezzo militare investì la sua auto diretta all’aeroporto riuscendo però ad uccidere solo l’autista. “Salvini ritenta la fuga da B. (ma poi rientra)”, ha titolato con paradossale sollievo Il Fatto Quotidiano, temendo evidentemente che chissà quale nome ugualmente o ancor più sgradito a Marco Travaglio il leader leghista avesse deciso di proporre agli altri partiti per “allontanare Berlusconi dal Colle”, come ha titolato la Stampa.

“Salvini pressa il Cav. e apre un nuovo forno”, ha titolato Il Foglio come se il leader leghista, peraltro incoraggiato dal suocero Denis Verdini dagli arresti domiciliari a fare il cosiddetto kingmaker in questa edizione della corsa al Quirinale, fosse un redivivo Giulio Andreotti dei tempi in cui accusava Bettino Craxi di pretendere il monopolio della produzione e della vendita del pane alla Dc, ma anche agli altri partiti.

E’ tutto un fiorire, come vedete, di corsi e ricorsi storici nella rappresentazione di questa corsa al Quirinale che Berlusconi è comunque riuscito -gli va riconosciuto- ad animare attorno alla sua recitazione, magari sino all’ultimo momento utile, quando ritirandosene cercherà di riconquistare in extremis la figura di kingmaker contestagli fuori e persino dentro la stessa coalizione di centrodestra. “Gioca una partita allo specchio”, ha scritto di lui forse non a torto sul Corriere della Sera Tommaso Labate. Al quale risulta, non so se a torto o a ragione, che il Cavaliere abbia deciso o stia cercando un faccia a faccia privato con Matteo Renzi, nonostante l’ex partner del patto del Nazareno abbia già detto pubblicamente che un candidato del centrodestra o dintorni lo voterebbe, e farebbe votare dai suoi, purché diverso da un ormai troppo ingombrante Berlusconi.

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