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Salvini

Perché Salvini strizza l’occhio a Visegrad

Il commento di Pierluigi Magnaschi, direttore del quotidiano Italia Oggi, sulle mosse di Matteo Salvini Chi si oppone alla politica sull’immigrazione alluvionale clandestina, varata dal ministro dell’Interno Matteo Salvini, sostiene che egli ha sbagliato nel tessere le sue alleanze nella Ue perché i paesi con i quali sta facendo un gioco di squadra sono gli…

Chi si oppone alla politica sull’immigrazione alluvionale clandestina, varata dal ministro dell’Interno Matteo Salvini, sostiene che egli ha sbagliato nel tessere le sue alleanze nella Ue perché i paesi con i quali sta facendo un gioco di squadra sono gli stessi che vogliono scaricare i loro immigrati economici (e quindi clandestini) in Italia. L’affermazione, come spesso capita con quelle maneggiate dai politici, è, nell’insieme, vera e falsa.

È vera perché i partiti al governo nell’area di Visegrad (Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia e Ungheria) assieme a quello che ha la maggioranza governativa in Austria e alla maggioranza democristiana in Baviera, non solo non sono disposti ad accettare nuovi immigrati ma vogliono anche liberarsi degli immigrati illegali che sostano nei loro paesi con scarsa o nessuna possibilità di occupazione e quindi anche di integrazione.

Questa affermazione è però anche falsa perché non solo i paesi poc’anzi indicati vogliono impedire che nuovi immigrati entrino nei loro paesi ma essi vogliono anche rispedirli verso il paese di ingresso nella Ue (cioè l’Italia). Sulla stessa identica posizione, c’è, di fatto, anche un grosso e strategico paese come la Francia. La differenza fra i paesi di Visegrad (d’ora innanzi, per semplificare, li definiremo solo così anche se ad essi sono uniti, per il momento, anche l’Austria e la Baviera) la differenza fra i paesi di Visegrad e la Francia, dicevo, è che i primi, forse per potersi difendere meglio, gridano ai quattro venti qual è la loro politica (che tra l’altro, per il momento, non stanno nemmeno attuando) mentre la Francia che si descrive, nella parole alate del suo presidente Macron, come la purpurea ancella dell’accoglienza, prende a ceffoni (quando va bene) e in ogni caso respinge brutalmente gli immigrati che, provenienti dall’Italia, osino mettere la faccia in Francia partendo da Ventimiglia o da Bardonecchia.

Inoltre, per venire incontro ai problemi di controllo del processo immigratorio, lo stesso Macron ha suggerito all’Italia, con una indescrivibile faccia di bronzo, di trasformare la Sicilia in un campo di concentramento (anche se lui, per indorare la pillola, usa parole più soffici, ma la sostanza è quella) nel quale contenere gli immigrati per evitare che poi, se incontrollati, vadano a rompere le scatole ai transalpini che non sanno proprio che cosa farne.

Quindi, nella sostanza, i paesi europei impomatati e i paesi europei descritti come primitivi (l’Austria!, l’Ungheria!, la vecchia Cecoslovacchia! la Polonia!) sono sulle stesse posizioni a proposito del governo del flusso immigratorio dall’Africa e dal Medio Oriente.

Salvini ha fatto bene a cercare la sponda con i paesi di Visegrad per poter difendere la nuova politica italiana sul piano dell’immigrazione perché, pur avendo essi, in proposito, la stessa posizione della Francia, essi sono anche intenzionati ad aprire il fuoco della polemica e della resistenza contro la prassi franco-tedesca che si propone, nei fatti, di sottovalutare ufficialmente il problema, salvo poi cercare di scaricarlo sulle loro spalle.

Infatti, se i paesi di Visegrad non si fossero opposti alla rotta immigratoria balcanica che, nel settembre del 2015, li voleva far attraversare dai migranti per arrivare alla Germania (e quelli che arrivarono furono un milione e 400 mila in soli quattro mesi, tra l’altro in un crescendo esponenziale) quando la Germania avesse chiuso le sue frontiere (e non poteva che avvenire) essi sarebbero stati costretti a tenersi gli immigrati che erano entrati nei loro paesi senza poi poter approdare in Germania solo perché si erano trovati davanti alle strade tedesche transennate.

I paesi di Visegrad (dicendo no e gridandolo forte per farsi capire da tutti) si sono comportati, allora, nel 2015, con previdenza e preveggenza, valutando cioè intelligentemente la possibile conclusione del processo. In Italia, con la solita imprevidenza che ci contraddistingue, avremmo invece preferito dire, facendo le spallucce: «Perché dovremmo chiudere le frontiere all’ingresso, visto che questo enorme flusso è diretto alla Germania? Che c’entriamo noi?». E invece, come dimostrano i fatti capitati successivamente, ci saremmo entrati e nel modo peggiore.

L’alleanza di Salvini con i paesi di Visegrad (e questo è il suo primo, visibile effetto) ha consentito di rafforzare in Europa il fronte dei paesi che si oppongono al lassismo immigratorio. Non solo, esso ha anche coagulato un fronte di paesi fino allora dispersi (ultimi arrivati sono i dc della Baviera ma anche molti altri elettori tedeschi nonché, come dicono i più recenti sondaggi, più della metà dell’elettorato francese) che considerano che il lassismo immigratorio non possa durare a lungo.

In politica estera, quando c’è uno scontro pesante fra più paesi, non ci si allea solo con i propri amici ma anche con i propri nemici purché questi ultimi siano meno nemici dei nemici che vogliamo combattere. Non a caso, ad esempio, nella seconda guerra mondiale, gli Stati Uniti si allearono con il loro nemico ontologico, totale, inaggirabile e definitivo (l’Unione sovietica) perché volevano sconfiggere un nemico come Hitler e il nazismo che, a quel momento, loro consideravano (peraltro motivatamente) più nemico di Stalin.

Con la sua politica elettorale e internazionale, Salvini (magari senza nemmeno rendersene conto) ha reso centrale in Europa e nella Ue il problema della regolazione dell’immigrazione che, senza il peso dell’Italia, sarebbe stato confinato ai lazzi imbastiti dai paesi (che poi, in fondo, sono solo due: Germania e Francia) che sinora sono riusciti a isolare, nella demonizzazione, i paesi di Visegrad. Il processo è il solito: se non riesci a battere un avversario sul piano democratico (cioè dei voti), lo atterri demonizzandolo, facendogli cioè il vuoto attorno.

Un processo, questo, che in Italia è una consolidata specialità di sinistra. All’onorevole comunista reggiano, Otello Montanari, partigiano combattente, che nei tardi anni 90 aveva osato invitare i suoi compagni, con una lettera aperta sul Resto del Carlino, a togliere, dopo tanti anni, il velo sugli assassinii perpetrati dopo la fine dell’ultima guerra, fu tolto improvvisamente e totalmente il saluto da parte dell’intera città. Questo ostracismo da tragedia greca durò 15 anni, fin quasi alla sua morte. Montanari fu ridotto a zombie. Girava per Reggio Emilia senza che nessuno più lo vedesse o lo salutasse, lui che era stato il beniamino stravotato da tutte le sezioni del Pc di questa città da sempre rossissima. La stessa fine, se non avesse avuto le sue tv per difendersi, l’avrebbe sicuramente fatta anche Silvio Berlusconi. Questo processo va evidenziato e combattuto. Gli avversari, in democrazia, si battono sul piano delle idee, non delle demonizzazioni.

Resta il problema degli immigrati da restituire al paese europeo dal quale sono penetrati e quindi, in definitiva, dall’Italia. Il problema, a dire il vero, esiste giuridicamente ma non in concreto. Non a caso il premier ungherese Victor Orbàn (descritto a Parigi, dove non hanno il senso del ridicolo, come il «diavolo di Budapest»), ai tedeschi che volevano restituirgli degli immigrati, ha risposto con un sonoro «Ci provino», che chiude subito le porte a qualsiasi scappatoia o anche provocazione.

Ma la Convezione di Dublino che consente (a questo punto è meglio dire: che consentirebbe) la restituzione al paese di ingresso (nella Ue) degli immigrati, non è stata certo voluta né dal Salvini né dalla Lega. E la successiva decisione di importare automaticamente in Italia, indipendente dalle norme internazionali sul soccorso in mare) tutti i migranti soccorsi (o raccolti) nel Mediterraneo è indubitabilmente del governo Renzi-Alfano che ha battezzato questa delirante iniziativa dalla quale adesso si deve cercare di uscire, se ce la faremo.

L’unico modo per farcela è tessere un’alleanza e una politica tra paesi diversi ma che sono uniti dal convincimento che la politica sinora condotta sul piano dell’immigrazione è suicidaria per l’Europa. A meno di abolire il popolo europeo, come pensa qualcuno. Che poi, in un delirio di strafottenza e di irresponsabilità, dà del fascista ai suoi avversari.

(articolo pubblicato su Italia Oggi)

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