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Perché Pechino gongola con i Panda bond cinesi

Panda bond? Anche un modo per aumentare l’influenza cinese in Europa: all’incrementare dei titoli emessi in Cina dai governi e dalle aziende europee, cresce la dipendenza dell’Europa da buone relazioni con la Cina. L'analisi di Alessia Amighini tratta da Ispi

 

Quali sono i vantaggi e i costi dell’emissione di Panda bonds per gli emittenti europei e per le controparti cinesi? Originariamente introdotti come strumento finanziario per aumentare le possibilità di investimento in yuan, i Panda Bonds oggi sono usati dalle imprese estere come una piattaforma per la raccolta di fondi in un paese dove l’accesso al credito è quasi impossibile per le imprese estere che vi operano. Dunque, per le società emittenti è un modo per raccogliere fondi altrimenti inaccessibili, sebbene a un costo molto più alto di quello europeo. I Panda Bonds triennali emessi in maggio dal Portogallo pagano un tasso del 4,09 %, mentre sul mercato europeo il Portogallo, nonostante tra il 2011 e il 2014 abbia avuto gravi problemi di liquidità, al più può andare a prestito pagando un rendimento inferiore all’1%. Il tasso del 4,5% sulle emissioni italiane oggi è molto più alto di quello prevalente in Europa, sebbene il rating di CDP sia AAA.

Poiché il costo di emissione è più alto che altrove, è chiaro che i benefici sono altri. Per quanto riguarda le emissioni corporate, è evidente che lo scarso accesso al credito obbliga le aziende a trovare altri canali di finanziamento. Invece, le emissioni sovrane o quasi sovrane sono motivate dalla volontà di compiacere le autorità cinesi, appoggiando il loro obiettivo di aumentare lo status internazionale del renminbi e innalzare il profilo della Cina sui mercati finanziari internazionali, attraverso modalità alternative a quelle di una progressiva e reale apertura del settore creditizio domestico e del conto capitale (cosa che Pechino non vuole, per evitare il pericolo di importare instabilità). Al contempo, gli emittenti europei sperano di ottenere una corsia privilegiata nei flussi di investimento cinesi in Europa.

Per accelerare la crescita del mercato di questi titoli, il presidente della China Securities Regulatory Commission (il regolatore cinese), Guo Shuqing, ha annunciato da tempo di voler consentire le emissioni e quotazioni in borsa, mentre fino a oggi i Panda Bond sono emessi e circolano soprattutto sul mercato interbancario. L’espansione del mercato dei Panda Bond offrirebbe alle aziende un’alternativa agli altri titoli in yuan attualmente disponibili per le imprese estere, i Dim Sum bond emessi a Hong Kong, che però circolano solo offshore e sono collocati solo presso investitori internazionali. La prospettiva di un mercato dei Panda Bond in concorrenza con quello dei Dim Sum Bond può essere allettante per Pechino sia dal punto di vista strettamente economico e finanziario – molte più aziende e istituzioni sarebbero incentivate a emettere i primi dal momento che il mercato on-shore è molto più grande di quello offshore – ma anche dal punto di vista politico. Un ridimensionamento del ruolo finanziario di Hong Kong (centrale nella strategia di crescita e integrazione internazionale della Cina continentale) riduce il bisogno di Pechino di garantire ampia indipendenza a quella che rimarrà una Regione Amministrativa Speciale solo fino al 2047.

Guo è sempre stato un forte sostenitore delle obbligazioni Panda sin da quando era presidente della China Construction Bank. Già nel 2009, aveva suggerito al governo degli Stati Uniti di considerare la possibilità di emettere obbligazioni in yuan, piuttosto che vendere il debito del Tesoro USA per prendere in prestito denaro dalla Cina. Oggi la BRI offre un veicolo per offrire gentilmente agli stranieri di raccogliere il risparmio cinese remunerandolo più che quello dei propri paesi di origine. È anche un modo per aumentare ulteriormente l’influenza cinese in Europa: all’aumentare dei titoli emessi in Cina dai governi e dalle aziende europee, cresce la dipendenza dell’Europa da buone relazioni con la Cina.

(Estratto di un articolo pubblicato su Ispionline; qui la versione integrale)

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