Skip to content

Giornalisti

Perché nessuno difende i giornalisti spiati Deugeni, Dragoni e Pons?

Nessun appello, nemmeno una raccolta firme o lettera aperta a difesa di giornalisti intercettati e spiati per conto di manager, aziende e studi legali per ritorsione dopo le notizie che avevano pubblicato su Fondazione Fiera di Milano e Barilla. La lettera di Claudio Trezzano

Caro direttore,

salto i convenevoli perché intendo scriverti a proposito del medesimo tema di ieri: quello del dossieraggio e dei dati rubati tra Milano e Londra per essere venduti al miglior offerente: aziende, imprenditori, capitalisti, studi legali e pure partiti, forse.

Anzitutto, abbiamo entrambi peccato di ingenuità pensando e sperando che delle teste sarebbero saltate nei Servizi o alla Cybersicurezza nazionale o al Viminale. Non avevamo fatto i conti con l’abitudine del nostro Paese di istituire un commissario all’emergenza, che adesso va di moda chiamare “Agenzia”. Nelle ultime ore il sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega all’Innovazione, Alessio Butti, ha infatti annunciato per i prossimi mesi l’istituzione dell’Agenzia del Dato. Il dato insomma è tratto, all’insegna del fatto che, come si suole amaramente ripetere, “in Italia non c’è nulla di più definitivo del provvisorio e nulla di più provvisorio del definitivo”. Avremo altri stipendi, altra duplicazione di ruoli e poltrone, altre nomine politiche da spartire, altre beghe interne quando ci sarà da decidere su ruoli, competenze, procedure e precedenze col rischio che non si sappia chi deve far cosa. Meraviglioso.

Ma non ti voglio parlare di questo, sebbene resterebbe molto da dire e tanto per cui indignarsi. Trovo che sparare sulla politica ora sia troppo facile, quasi maramaldesco. È stata denudata dagli hacker, non ha nemmeno capito cosa è successo perché non ha la minima competenza tecnica per riuscirci e, viste le risposte, non sa (non vuole? Ah, saperlo avrebbe detto un tempo Dagospia se non fosse diventato uno slurpatore seriale, come tu bisbigli in un eccesso di critiche) come reagire.

Voglio allora fare un po’ di fuoco amico, puntare il mirino sulla nostra professione. Con questa mia letterina vorrei sommessamente far notare, piuttosto, quel curioso e quasi omertoso silenzio di testate e giornaloni con riferimento ai giornalisti spiati dalla rete di Equalize, che ancora non ho capito se pescasse a strascico oppure con precisione chirurgica.

Molti giornali hanno indugiato sul caso di La Russa, altri sui clienti o presunti tali del sistema come quel sant’uomo di Leonardo Del Vecchio jr. (ovviamente l’attenzione morbosa era tutta per chi faceva spiare la fidanzata), altri ancora sui cantanti finiti bersaglio degli spioni. Ma tra le vittime ci sono pure alcuni giornalisti. Ricordiamolo.

Bisogna davvero setacciare il web per trovare qualcosa. E puntualmente è solo l’elenco degli intercettati. Parlo di Gianni Dragoni (nella foto), giornalista del Sole 24 Ore nonché collaboratore di Michele Santoro in Servizio Pubblico, di quel Giovanni Pons del quale pare che lo scorso aprile il gruppo Gedi volle far coriandoli del suo pezzo su Affari & Finanza (l’inserto economico di Repubblica) per esser stato troppo critico verso i cuginetti d’Oltralpe – ho però notato che Pons non viene citato dalla testata fondata da Scalfari tra le vittime dell’affaire neppure ora che Gedi è stata de-elkanizzata: damnatio memoriae? – e di Andrea Deugeni di Milano Finanza.

Correggimi se sbaglio, ma le testate tacciono. I direttori dormono. Le loro firme di punta, che pure si indignano ogni due per tre, sembrano distratte da altre faccende. Non ci sono proteste per i giornalisti spiati, non ci sono appelli della categoria, solidarietà di cdr e assemblee di redattori. Nulla, nada, nisba. E pensare che questi giornalisti sono stati spiati perché qualcuno voleva sapere le loro fonti, le loro frequentazioni e pure i loro patrimoni.

Vorrei, direttore, che la spiegazione fosse semplice e dipendesse dal fatto che molti di questi giornali e giornaloni sono in imbarazzo in quanto puntualmente indugiano per settimane se non mesi sulle intercettazioni legali che coinvolgono amici, conoscenti e meglio ancora se amanti di persone sotto inchiesta sbattendo in prima pagina vicissitudini, storie di lenzuola… insomma, vite estranee alle vicende giudiziarie solo nella speranza di vendere qualche copia in più.

Temo che il rischio di essere considerati ipocriti c’entri poco, direttore. Credo che si tratti solo di disinteresse: non sono firme di punta, non sono giornalisti da salotti televisivi, non sono opinionisti, tuttologi, fuffologi quelli che da anni pullulano nelle redazioni e diventano grandi firme quando hanno appena preso il tesserino da giornalista professionista.

I Deugeni, i Dragoni e i Pons alle comparsate in Tv preferiscono la redazione, anziché mettere la faccia partecipando a ogni girotondo d’opinioni preferiscono consumare le suole dietro questa o quella notizia, quell’indiscrezione, quel documento non pubblico, quel bilancio incomprensibile da spulciare. Io credo che testate e giornaloni abbiano inventato gli ‘influencer’ ben prima dei social, affidandosi a due o tre figuri riconoscibili dalla gente il cui unico scopo in redazione sembra proprio quello di fare gli strilloni sulla Rai, ReteQuattro o nelle maratone di La7.

Magari sbaglio, magari ho solo un’immagine eccessivamente cupa e distorta della professione. Ma credo che se lor signori fossero finiti nelle maglie di queste reti virtuali che pescavano dai database del Viminale con la facilità con cui si pescano trote nei vasconi degli allevamenti allora oggi avremmo raccolte di firme, lettere aperte, appelli a Palazzo Chigi, le parole “eversione” e “democrazia in pericolo” urlate a caratteri cubitali sulle prime pagine dei quotidiani, anziché pronunciate – a denti stretti – solo dal presidente del Consiglio.

Non ho citato volutamente l’Ordine dei giornalisti perché già in più occasioni e letterine ho avuto modo di esprimerti ciò che penso in merito. Inutile dire che facendo un salto sul sito non si trova alcun comunicato per esprimere solidarietà, disappunto, tutele… L’ultima nota pubblicata (ieri, 28 ottobre) è questa: “A Glocal si presenta il report dell’Osservatorio sul giornalismo digitale del CNOG”. E ho detto tutto.

Sempre più avvilito,

Claudio Trezzano

Torna su