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Germania Covid

Perché Munchau sbaglia sui rapporti fra Olanda e Germania

Che cosa succede davvero in Europa tra Olanda e Germania su Polonia e Ungheria? La tesi di Munchau e l'opinione di Tino Oldani per Italia Oggi

 

La mediazione di Angela Merkel con Polonia e Ungheria sul Recovery Fund è stata osannata dai media di tutta l’Europa come un grande successo diplomatico. Le eccezioni si contano sulle dita di una mano. Tra queste, spicca quella di Wolfgang Munchau, da anni autorevole editorialista del Financial Times, fondatore di un proprio sito, eurointelligence.com, dove firma da qualche tempo gli articoli più pungenti. Quello di mercoledì 12 dicembre è un duro liscio e bussa per Angela Merkel, a cui Munchau rimprovera di avere anteposto, con lo sblocco del Recovery Fund, gli interessi economici alla difesa dei principi morali e giuridici previsti dallo Stato di diritto. Una scelta sbagliata, sostiene, con una conseguenza che sorprenderà tutti: avremo «nuovi antieuropeisti», che non saranno più i sovranisti-populisti, bensì i Paesi più rigorosi nella difesa di una «moralità superiore», intendendo per tale quella dello Stato di diritto.

Prima di strigliare la Merkel sul Recovery Fund, Munchau si sofferma su quello che definisce il «liberalismo di facciata» dei due maggiori leader dell’Unione europea, la cancelliera ed Emmanuel Macron. Entrambi, precisa, hanno «un atteggiamento blasé (ovvero, cinico e disinteressato; ndr) nei confronti dei regimi antidemocratici». Più avanti: «In una cerimonia trasmessa in Egitto, ma non in Francia, Macron ha premiato con la Légion d’honneur l’uomo forte egiziano, Abdel Fattah al-Sisi». Quanto alla Merkel, oltre ad avere fatto «un errore» con Polonia e Ungheria, «si è opposta alle sanzioni contro la Turchia ed è vistosamente tranquilla sulle violazioni dei diritti umani in Cina».

Purtroppo, scrive Munchau, «in Francia e in Germania non vi è praticamente alcuna discussione al riguardo. Il giornale tedesco Handelsblatt ha definito il compromesso con Polonia e Ungheria un colpo da maestro diplomatico della Merkel. Non abbiamo visto un solo commentatore mainstream in Germania avvertire che l’accordo avrebbe finito per rafforzare Orbàn». Il motivo? «La realtà è che Merkel e Viktor Orbàn sono alleati strategici. Il legame tra Fidesz (partito di Orban) e la Cdu (partito della Merkel) risale al 1989, quando l’Ungheria aprì le sue frontiere per dare passaggio libero ai cittadini della Germania Est. Il Fidesz di Orbàn è stato realizzato a immagine della Cdu di Helmut Kohl. I due leader sono rimasti amici stretti fino alla morte di Kohl nel 2017. Fidesz è ancora membro del Partito popolare europeo. Non sarebbe così senza il sostegno della Merkel dietro le quinte».

La strigliata prosegue impietosa: «Sono certo che Merkel avrà assicurato a Orbàn e a Mateus Morawiecki (il premier polacco; ndr) che la Germania non sarebbe favorevole a una procedura sullo Stato di diritto. Insieme, i tre paesi costituiscono quasi una minoranza di blocco. Con la Germania dalla parte di Polonia e Ungheria, sarà quasi impossibile portare avanti il caso davanti alla Corte europea. Un errore che significa aiutare Orbàn a vincere la rielezione nel 2022 e Morawiecki nel 2023».

Munchau dice apertamente di stare dalla parte dei paesi Ue più rigorosi nella difesa dello Stato di diritto, e perciò contro «i governi di Polonia e Ungheria che agiscono da tempo seguendo i libro dei giochi delle dittature: si inizia con la stampa, poi si cambia la costituzione per rendere più difficile la vita ai partiti di opposizione, infine si politicizza il sistema giudiziario. Nel frattempo, la Germania e l’Unione europea danno la priorità all’approvazione del bilancio Ue. Mentre sarebbe stato moralmente giusto rispondere a un veto estorsivo con una cooperazione rafforzata, anche se divisiva».

A differenza di Munchau, come sanno bene i lettori di ItaliaOggi, alcuni opinionisti, me compreso, hanno seri dubbi sul fatto che la coalizione di partiti che governa l’Ue possa condizionare l’erogazione dei fondi europei in base a un’interpretazione di parte dello Stato di diritto, che rischia di diventare una forma di ricatto verso i governi non graditi a Bruxelles, guarda caso etichettati come sovranisti-populisti, anche se eletti in modo democratico. Le eventuali violazioni dei principi giuridici su cui sono fondati i trattati Ue possono essere sì sanzionate, ma da una Corte di giustizia super partes, giammai da una coalizione politica avversaria. E la Merkel, piaccia o meno, alla fine ne ha convenuto, lasciando così spazio ad ulteriori approfondimenti in sede giudiziaria.

Ma è proprio in vista di questi passi futuri che Munchau, di solito bene informato dalle cancellerie, avanza una previsione originale, a dir poco sorprendente: «Un’Unione europea che coccola i dittatori si troverà di fronte a una categoria completamente nuova di anti-europeisti: i sostenitori della democrazia e dei diritti umani. Ai quali potrebbero aggiungersi gli attivisti ambientali, quando si saranno resi conto che il programma verde dell’Ue non è quello che dice di essere. Un’Unione europea che cessi di mantenere un alto livello morale continuerà ad avere i suoi duri sostenitori. Ma chiaramente entriamo in un mondo diverso quando l’anti-europeismo diventa la scelta moralmente superiore».

Traduzione: i paesi frugali, Olanda in testa, contrari alla concessione di fondi a Polonia e Ungheria, per Munchau hanno ragione, sono moralmente superiori (un vizio della sinistra), ma per farsi valere dovranno prima smontare il compromesso della Merkel e mettersi contro. Il che, da anni, significa essere additati tout-court come antieuropei. Davvero, egregio Munchau, crede che possa diventare anti-Merkel e anti-europeo, per esempio, uno come il premier olandese Mark Rutte? Ma dai!

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