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manovra

Perché Meloni e Giorgetti gongolano un po’ in Europa

Che cosa succede in Europa su Pnrr e riforma del Patto di stabilità, che cosa dice il governo e che cosa scrivono i giornali. I Graffi di Damato

A vederne le foto e le riprese televisive da Bruxelles la premier Giorgia Meloni non mi è proprio sembrata col “nodo alla gola” immaginato e gridato dal manifesto. Mi è apparsa invece soddisfatta, come Gongolo nella vignetta sulla prima pagina del Corriere della Sera, per avere ottenuto dall’Europa l’approvazione del piano nazionale di ripresa aggiornato ai cambiamenti intervenuti dopo la predisposizione dei finanziamenti.

Neppure il ministro leghista dell’Economia Giancarlo Giorgetti, pur annerito dalla barba che porta e forse contrariato da qualcosa appena riferitogli di ciò che l’amico e capopartito Matteo Salvini dice e fa in Italia, mi ha dato la sensazione di non essere disperato per l’allungamento dei tempi sulla strada dell’accordo – previsto comunque fra una decina di giorni – sul nuovo patto europeo di stabilità. Che dovrà sostituire le regole “stupide” – parola dell’allora presidente della Commissione europea Romano Prodi – non a caso sospese quando sopraggiunsero l’epidemia da Covid e le relative complicazioni economiche e finanziarie.

Una decina di giorni di ulteriori trattative o conteggi hanno fatto titolare a Domani, il giornale impaziente di Carlo De Benedetti, che “l’accordo è lontano”. Di “accordo a metà” ha preferito invece parlare il Corriere, di “primi accordi” Il Messaggero. E’ la solita storia del bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto secondo gli umori, le aspettative e quant’altro di chi lo vede.

Ai fini delle valutazioni o previsioni sulla coda di trattative per definire il nuovo patto di stabilità non mi sembra irrilevante, per gli interessi e le attese del nostro Paese, l’annuncio dato dalla ministra francese per gli affari europei Laurence Boone in una intervista al Giorno, Nazione e Resto del Carlino: non vi sarà “nessun patto senza l’Italia” perché “in Europa non si va avanti senza di voi a bordo”.

Se poi tutto questo, con un vistoso cambiamento rispetto al solito spettacolo dell’asse franco-tedesco, si tradurrà davvero nella vampiristica rappresentazione dell’Unità –“Ci aspettano 10 anni di sangue e lacrime”- probabilmente condivisa, o auspicata in funzione antigovernativa dalle opposizioni politiche di varia denominazione e natura, si vedrà. Gli scongiuri non sono ancora vietati. Se fatti anche in piazza, per strada, al teatro, al bar, al ristorante, insomma fuori casa, non credo proprio che saremmo avvicinati da qualche vigile urbano, agente di polizia, carabiniere, guardia di finanza o superiori per farci declinare le generalità e mostrare i nostri documenti. Com’è accaduto a quel tale del loggione alla Scala che ha gridato per avere sentito puzza di fascismo provenire dal palco reale dove, fra il destro presidente del Senato Ignazio La Russa e il sinistro sindaco di Milano Giuseppe Sala, era in piedi, o già seduta, ospite soddisfattissima, la senatrice a vita Liliana Segre, ebrea scampata alla morte nei campi di concentramento nazisti. Ah, quanto riesce ad essere grande l’idiozia umana.

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