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Perché Meloni accusa l’Ue su Tunisia e sbarchi

Sbarchi continui a Lampedusa. Il caso Tunisia. E le accuse del centrodestra ai vertici del'Ue (Borrell in particolare nel mirino?). La nota di Paola Sacchi

Mentre a Palermo con una nuova udienza si consuma la surreale vicenda del processo Open Arms contro Matteo Salvini, caso inedito in Europa per un ministro dell’Interno all’epoca dei fatti contestati – come lo stesso leader leghista, vicepremier e titolare del Mit ha rimarcato -, il premier Giorgia Meloni lancia un duro appello alla Ue a rispettare gli impegni presi, a cominciare da quelli finanziari sottoscritti con la Tunisia. Impegni che, denuncia Meloni, vengono contrastati da “una parte di Europa e influenti realtà”.

Parole nette che fanno pendant con quelle già pronunciate da Salvini. Una denuncia che chiama in causa quella sinistra europea e di casa nostra che, paradossalmente, dopo aver perseguito in tutti gli anni precedenti al governo la politica dell’accoglienza indiscriminata, tranne la parentesi poi sconfessata di Marco Minniti, ora, continuando a non fare di fatto alcuna proposta, attacca a testa bassa il governo di centrodestra. Con l’accusa di non aver fatto nulla. Benvenuti, dunque, Pd di Elly Schlein e Cinque Stelle alla scoperta di un fenomeno epocale e dell’esplosione dell’immigrazione incontrollata.

Anche Matteo Renzi, che contribuì, con la sua Iv, Pd , Cinque Stelle e sinistra estrema, a mandare a processo Salvini, che aveva ridotto drasticamente gli sbarchi, attacca il governo, pur distinguendosi dagli altri quando critica la Ue e la sollecita a intervenire.

Il premier Meloni, comunque, prende il toro per le corna e accusa chiaramente, senza nominarla, la sinistra europea e di casa nostra che “non vorrebbe trattare” con il presidente tunisino Kais Saied per i suoi “metodi autoritari”. Ma la sinistra in tutto questo sembra anche dimenticare, oltre alla crisi subsahariana, che Saied è l’ultimo baluardo contro il fondamentalismo islamico.

Intanto, Meloni, sottolineando il lavoro fatto “per gettare le basi dei rapporti” in Africa, di fronte a “una crisi figlia della congiuntura internazionale e con una particolare instabilità in tutta l’area del Sahel”, annuncia la linea dura, a cominciare dall’aumento fino a 18 mesi della permanenza nei centri di accoglienza per gli irregolari.

C’è poi l’invito alla presidente della commissione Ue Ursula von der Leyen a visitare con lei Lampedusa per constatarne “anche di persona la grave situazione” e l’invito, già fatto con una lettera, al presidente del Consiglio Europeo Charles Michel a procedere con la linea del blocco degli sbarchi. Lunedì un consiglio dei ministri deciderà.

Meloni, pur ribadendo la linea guida di base che il problema si risolve impedendo gli arrivi, anche attraverso politiche di sviluppo, ovvero il piano Mattei per l’Africa, sottolinea la necessità di difendere i confini. Salvini per primo era andato all’attacco sul’incremento a dismisura degli sbarchi, definito “una guerra” con “regia di bande criminali”. E aveva chiesto un rafforzamento dei decreti sicurezza, non escludendo l’utilizzo della Marina militare.

Si fa sentire anche la voce del leader azzurro, vicepremier e ministro degli Esteri, Antonio Tajani, il quale ieri di fatto blindato alla guida di FI da un elogio di Marina Berlusconi chiede anche un coinvolgimento dell’Onu: “L’Italia non può essere lasciata da sola”.

Meloni è chiara: “La pressione migratoria è insostenibile”. Basta con la redistribuzione, “vanno difesi i confini esterni”. Il premier rivolge un secco appello a non mettersi in mano ai trafficanti: “Se venite, sarete trattenuti e rimpatriati”.

La maggioranza respinge le accuse che suonano surreali da parte di una sinistra rimasta per tanti anni di fatto inerte. Salvini dà atto a “Giorgia” di aver fatto “un lavoro eccezionale sul piano dei rapporti internazionali, andando ovunque, ottenendo consensi”. E sottolinea: “Il governo è compatto sulle decisioni”.

Meloni alle opposizioni replica: “Noi non abbiamo cambiato idea”. Mentre Salvini annuncia con un tono di amara ironia che la prossima udienza del suo processo il 6 ottobre vedrà come teste civile contro addirittura il celebre attore americano Richard Gere. Evento che sembra destinato a mettere un grande Paese come l’Italia sotto la ribalta internazionale con tutto il rischio anche di critiche e sfottò.

Non si assiste altrove allo strano e inedito caso di un Paese occidentale dove al processo contro un vicepremier, ministro di Infrastrutture-Trasporti, all’ epoca dei fatti contestati ministro dell’Interno, arriva a testimoniare una celebrità di Hollywood. Intanto, dal processo starebbe sempre più emergendo che sotto accusa c’è la linea di un governo, il Conte/1.

Sostengono fonti della difesa dell’allora ministro dell’Interno, Salvini: “L’ennesima udienza dimostra che sul banco degli imputati c’è una linea politica e non una condotta. Gregorio De Falco (ex comandante, ex senatore ndr) infatti ha ricordato che Conte aveva indicato come linea politica del governo che i migranti dovevano sbarcare solo dopo la redistribuzione, dunque era condivisa e legittima l’attesa di qualche giorno”. Molti esponenti della Lega ieri hanno portato a Salvini quella solidarietà che sui social militanti leghisti reclamano a tutto il resto della maggioranza di governo.

E domani Pontida, con l’ospite d’onore Marine Le Pen, 200 pullman in arrivo, governatori e naturalmente sul palco tutto lo stato maggiore leghista. Con la leader del Rassemblement national che Salvini propone agli alleati di includere a pieno titolo in quella nuova maggioranza di centrodestra da affermare “anche in Europa contro la sinistra”.

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