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Perché il Pd di Schlein casca nei sondaggi?

Che cosa dicono gli ultimi sondaggi demoscopici sul Pd di Elly Schlein. I Graffi di Damato

Elly Schlein rischia di essere sempre più imprevista, come si definisce anche nel suo libro autobiografico appena pubblicato, ma al contrario, come il mondo descritto e temuto dal generale in aspettativa Roberto Vannacci, europarlamentare di assalto non si capisce bene se più nella o alla Lega, per quanto Matteo Salvini si fidi o mostri ancora di fidarsi di lui. Ve lo ha portato, del resto, come indipendente fra il malumore e le preoccupazioni neppure nascoste di generali e colonnelli del Carroccio.

Data da Renato Mannheimer in un sondaggio per Piazzapulita – che la Schlein ha seguito dallo studio di Corrado Formigli sorseggiando un bicchiere d’acqua – di circa un punto e mezzo sotto il 24,1 per cento delle elezioni europee di giugno, la segretaria del Pd si è vista oggi sul Corriere della Sera sotto di circa il doppio, scesa al 21,6 nel sondaggio di Ipsos condotto da Nando Pagnoncelli.

Non è un bel scendere, bisogna ammetterlo, specie considerando le difficoltà quanto meno mediatiche in cui si è trovato il governo nelle ultime settimane. Roba, per la segretaria del Nazareno, da farsi andare storta l’acqua in gola. Tanto più che con Pagnoncelli è andato ancor meglio che con Mannheimer quel diavolaccio di Giuseppe Conte, per quanto messo sulla graticola nel MoVimento 5 Stelle dal fondatore, garante, elevato, sopraelevato Beppe Grillo.

L’ex premier risulta salito nel sondaggio dell’Ipsos dal quasi 10 per cento di giugno al 13 per cento, e non al 12 di Mannheimer. Ciò potrebbe naturalmente portarlo a muoversi nel cosiddetto campo largo, come lo chiama la Schlein, o giusto, come preferisce lui, con minore rassegnazione alla leadership della segreteria del Pd eretta a monumento da Matteo Renzi nella sua rivoluzione d’estate.

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