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Cambiamento Climatico

Perché il cambiamento climatico è una minaccia alla sicurezza nazionale

Il cambiamento climatico è un attivatore di crisi multiformi e una minaccia alla sicurezza nazionale. L'analisi di Francesco D’Arrigo, direttore dell'Istituto Italiano di Studi Strategici "Niccolò Machiavelli".

 

Gli eventi meteorologici estremi e i disastri naturali che li accompagnano, come inondazioni, siccità, ondate di calore e incendi, stanno diventando sempre più frequenti man mano che gli effetti del cambiamento climatico stringono la loro morsa sul pianeta. L’avvento di termini come “bombe d’acqua” “mega incendi” e “super tempeste” insieme a una copertura giornalistica apparentemente quotidiana di eventi meteorologici “da record” sono il risvolto pubblico di una conseguenza prevista: il cambiamento climatico aumenta la frequenza e l’intensità degli eventi meteorologici estremi.

Eventi catastrofici sempre più frequenti

Secondo le prime analisi condotte dal CNR sui dati misurati dalle stazioni meteorologiche, in questi giorni in Emilia Romagna ci sono state precipitazioni di pioggia giornaliere da considerarsi “estreme, cioè molto rare per la climatologia che caratterizza quella zona”. In ogni caso, nonostante la rarità del fenomeno di queste piogge torrenziali che hanno fatto esondare contemporaneamente tutti i fiumi, devastando territori, abitazioni e costringendo migliaia di persone a evacuare le proprie case, si tratta di piogge molto simili alle alluvioni che nel 2021 hanno interessato Germania e Belgio, dove sono morte quasi 200 persone, con enormi danni ad infrastrutture ed abitazioni.

Eventi meteorologici catastrofici che caratterizzano il cambiamento climatico come un attivatore e propulsore di crisi multiformi che rappresentano una seria minaccia alla sicurezza nazionale.

Sicurezza nazionale intesa come “la fiducia del cittadino che i rischi della vita di ogni giorno, sia le minacce prodotte dall’uomo che i pericoli impersonali, siano adeguatamente affrontati in modo tale che si possa condurre una vita normale” (cit. David Omand, ex Direttore dell’Agenzia di intelligence GCHQ).

La sicurezza nazionale può essere messa a rischio non solo per azioni intenzionali dell’uomo, come guerre ed un alto grado di incertezza sistematica causata dalla variabilità delle decisioni che verranno intraprese per mitigare gli effetti del riscaldamento del pianeta (security), ma anche per key emerging dynamics (fattori dinamici emergenti) che incrementano gli effetti devastanti degli eventi naturali e/o casuali (safety).

I fondi del Pnrr non utilizzati

In Italia da troppi anni assistiamo alla liturgia delle strategie necessarie per mitigare le sfide dei rischi climatici e da quelli idrogeologici. Tali appelli sottolineano la necessità di autorità ed enti nazionali capaci di lavorare insieme in stretta cooperazione, adottando decisioni correttive coraggiose, coordinate e di vasta portata, per costruire resilienza e rafforzare una governance del territorio inclusiva, democratica e sicura. Ma nonostante la disponibilità di risorse e tecnologie per raggiungere tali livelli di cooperazione e sicurezza, non siamo ancora stati capaci di utilizzare dei sistemi di monitoraggio, di risk assesment e risk management in grado di garantire il controllo dei fattori di rischio, al fine di individuare in maniera rapida e tempestiva eventuali impatti negativi o non previsti e, di conseguenza, adottare le giuste misure correttive.

Il 29 settembre 2021 il Ministro della transizione ecologica del Governo Draghi, Roberto Cingolani, ha emanato un Decreto per la costituzione del “Piano operativo per l’attuazione del sistema di monitoraggio integrato” la cui “progettazione preliminare” doveva essere svolta dal MITE, con il supporto del Dipartimento della Protezione Civile e in coordinamento con altri Ministeri, così come riportato nel documento PNRR italiano. Il Decreto prevede una precisa tempistica e delle milestones temporali che dovrebbero portare all’inizio della fase operativa di utilizzo del sistema di monitoraggio integrato entro la metà del 2024. Una piattaforma che prevede la realizzazione e l’integrazione di diverse componenti identificate sulla base di quanto riportato nell’allegato UE e nel testo del PNRR nazionale, che dovrebbero essere oggetto di bandi di gara separati e che includono: telerilevamento aerospaziale e sensoristica, sistema di telecomunicazione, centrali di analisi e controllo, sistemi e servizi di sicurezza informatica.

Il monitoraggio ambientale è un’attività complessa, che comprende l’osservazione, la misurazione e la raccolta costante di dati relativi ad un determinato ambiente/territorio per rilevarne i cambiamenti e mitigarne i rischi (informatici, legali ed organizzativi legati alla sicurezza, intesa come safety e security).

Le piattaforme presenti sul mercato e già utilizzate da altri Paesi, sono scalabili e possono prevedere l’uso di tecnologie satellitari ed il coinvolgimento di diversi settori di applicazione, quali: il monitoraggio della instabilità idrogeologica, dell’inquinamento (terrestre e marino), la prevenzione ed il contrasto degli incendi, l’agricoltura di precisione, sistemi di efficientamento energetici, della viabilità, della logistica, della tutela del patrimonio ambientale, culturale ed archeologico, identificazione degli illeciti ambientali e soprattutto supporto alle emergenze ed ai disastri naturali. Gli ambiti in cui tali tecnologie possono operare sono di tipo dual use poiché, pur essendo principalmente progettate per scopi civili, possono essere adoperate nella implementazione e nello sviluppo di sistemi innovativi autonomi per il monitoraggio di infrastrutture critiche, proprietà e ambiente, intelligence, e soprattutto per salvare vite oltre che per la sicurezza e la Difesa.

La mancata acquisizione di questi innovativi sistemi di monitoraggio, gli eventi catastrofici causati dal cambiamento climatico unitamente ad una invasiva cementificazione che non tiene conto dei criteri scientifici di prevenzione per la difesa del suolo dalle catastrofi idrogeologiche, mettono in pericolo una gran parte del nostro territorio e milioni di cittadini.

Inoltre, per quanti ancora si ostinano a non includere il cambiamento climatico tra i fattori chiave dell’economia, l’implementazione di nuove tecnologie di monitoraggio, oltre a tutelare l’ambiente, garantirebbe maggiore sicurezza pubblica generando sviluppo economico e nuova occupazione nelle filiere industriali innovative.

Ma fino ad oggi, tutto è rimasto sulla carta.

Il cambiamento climatico è una minaccia alla sicurezza nazionale

In uno dei più rilevanti studi sulle tendenze strategiche globali, il Global Trends 2040: A More Contested World – tra i cinque scenari prospettati, il quinto – “tragedia e mobilitazione” – postula come il riscaldamento del pianeta e le ripercussioni sull’ambiente potrebbero devastare le forniture alimentari globali, provocando rivolte, migrazioni di massa e migliaia di vittime.

Tra tutti i problemi comuni che dobbiamo affrontare insieme ai nostri partner UE e Nato, il cambiamento climatico è tra i più gravi e minacciosi per tutte le nazioni.

Gli effetti del clima e le emergenze umanitarie, che stiamo affrontando anche nel Mediterraneo, non potranno che peggiorare negli anni a venire: dagli incendi alle inondazioni in Europa, dall’innalzamento del livello dei mari, alla scarsità di acqua, la siccità e le temperature estreme intensificheranno le tensioni e le migrazioni, aumentando ulteriormente i bisogni umanitari, l’insicurezza alimentare e le minacce per la salute, oltre al potenziale di instabilità, conflitti e migrazioni di massa. La necessità di proteggere il territorio, riorientare i flussi finanziari e creare una rivoluzione energetica per prevenire la crisi climatica è rafforzata dall’imperativo geopolitico di ridurre la nostra dipendenza collettiva da Stati come la Russia che cercano di usare l’energia come arma di coercizione.

Per tutti questi motivi, anche l’Italia dovrebbe considerare il cambiamento climatico una minaccia alla sicurezza nazionale. Questo significherebbe attribuirgli un’importanza vitale per lo Stato, tale da autorizzare l’utilizzo di processi, strumenti e decisioni eccezionali.

Processi e decisioni che sono intrinsecamente multi-disciplinari e che dovrebbero essere attribuite ad una struttura governativa in grado di mobilitare stabilmente tutte le competenze dello Stato, per definire ed implementare in “real time” le politiche di sicurezza nazionale, globalmente e complessivamente considerate.

In Italia manca un organismo governativo di livello politico-strategico in materia di sicurezza nazionale

Le politiche di sicurezza nazionale devono essere pensate e pianificate dal Governo nel suo complesso più che dai singoli dicasteri e non possono essere inficiate da decisioni regionali o addirittura comunali.

L’integrazione e la centralizzazione delle politiche di sicurezza nazionale costituiscono due principi fondamentali della sicurezza della Repubblica. In particolare nell’ambito del processo decisionale politico-strategico.

L’attuale contesto geopolitico e geostrategico sta rendendo sempre più evidente la necessità di adeguare il nostro assetto istituzionale alla esigenza di garantire la sicurezza nazionale. Esistono diverse strutture interministeriali di coordinamento che si attivano per motivi contingenti o solo nel momento in cui si verifica una crisi, ma manca un organismo permanente, un “National Security Council” Italiano che assista il Governo nell’assunzione di decisioni che hanno impatto sulla sicurezza della Repubblica.

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