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Giorgetti

Perché giornali e politici si azzuffano per quell’ora del coprifuoco?

Che spreco di aggettivi, sostantivi, sdegno e quant’altro sull’ora della discordia, leggendo titoli, commenti e resoconti dell’ultima seduta del Consiglio dei Ministri. I Graffi di Damato

 

Mamma mia, che spreco di aggettivi, sostantivi, sdegno e quant’altro sull’ora della discordia, o sulla discordia per un’ora in più o in meno, leggendo titoli, commenti e resoconti dell’ultima seduta del Consiglio dei Ministri, peraltro brevissima. Dove i rappresentanti della Lega si sono astenuti – non votato contro, ma semplicemente astenuti – sulla scelta confermata dal presidente Mario Draghi di lasciare prudentemente alle 22 l’inizio del cosiddetto coprifuoco pandemico, senza spostarlo ancora alle 23.

“Strappo”, ha gridato il Corriere della Sera contro Matteo Salvini. “La prova del fuoco”, ha sparato il manifesto. “Sabotaggio”, ha urlato Il Foglio quasi ordinando al plotone di esecuzione di procedere, come si fa in guerra con i sabotatori, appunto. “Alta tensione”, ha stampato in rosso il Giornale della famiglia Berlusconi commentando, all’unisono stonato col Fatto Quotidiano, che “così non può continuare”. “Salvini sfida Draghi”, ha titolato Il Secolo XIX omettendo di riferire nella titolazione, come hanno invece preferito fare alla Repubblica, dello stesso editore torinese, “il doppio no” oppostogli dal presidente del Consiglio senza particolari e tanto meno rovinose conseguenze. Infatti la Lega ha incassato senza neppure “uscire un po’ dalla maggioranza”, come ha ironicamente messo tra parentesi nel titolone di prima pagina il Riformista.

Lo “strappo” gridato dal Corriere, cui su Repubblica il prudente Stefano Folli ha preferito “uno screzio”, è il termine – pensate un po’ – col quale il compianto Armando Cossutta definì, scandalizzato dal suo punto di vista, quello che avrebbe compiuto nel secolo scorso il segretario del Pci Enrico Berlinguer dichiarando in televisione “esaurita la spinta propulsiva della rivoluzione comunista d’ottobre”. Quello sì che si poteva scambiare per “strappo”: solo scambiare, per carità, perché Berlinguer, pur essendosi spinto a considerare la Nato un ombrello utile a proteggere anche l’autonomia del Pci da Mosca, preferì uscire dalla maggioranza di cosiddetta solidarietà nazionale piuttosto che accettare il riarmo missilistico dell’Alleanza Atlantica. Che pure era mirato a contrastare il vantaggio acquisito dai sovietici con la postazione degli SS20, dietro alla cortina di ferro, contro le capitali dell’Europa occidentale.

Per tornare ai più modesti tempi di oggi, per quanto impegnati in una guerra forse ancora più insidiosa come quella della pandemia, lasciatemi dire che trovo stupefacente, a dir poco, il ruolo da piromani che i giornali, volenti o nolenti, svolgono in questa fase di pur dichiarata emergenza che ha imposto al presidente della Repubblica la terapia del governo guidato da Mario Draghi, e regolarmente fiduciato dal Parlamento. Per cui solo la fantasia etilica di qualche personaggio peraltro marginale della politica può seriamente vedere il frutto di un colpo di Stato, o di una congiura di ambigui interessi internazionali. E con altrettanta fantasia etilica si può scambiare per sabotaggio il dissenso su una sola ora di “coprifuoco” di un partito della maggioranza, peraltro indicato sino al giorno prima dagli stessi avversari come la forza motrice, o prevalente, o prepotente della maggioranza.

Mi chiedo perché anche noi giornalisti – mi ci metto pure io, per carità – non ci diamo una calmata e non la smettiamo di aizzare anziché informare i nostri lettori, facendo loro così soltanto del male, e senza peraltro vendere chissà quante copie in più dei nostri giornali nelle edicole non a caso sempre meno frequenti.

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