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Schlein

Perché Elly Schlein non mi convince

L'intervento di Alessandra Servidori

 

Il rispetto per la vera democrazia insegnerebbe di togliersi il cappello di fronte ai risultati delle primarie del Pd, ma la mia personale premessa al di là che Schlein è una giovane signora che ha vinto una competizione, tutto il percorso del Pd è stato all’insegna della confusione, non ancora finita, e della opportunistica idea di democrazia diretta.

Dunque, ha vinto Elly Schlein 54 a 46, e l’esito dimostra da un lato l’assurdità di uno statuto che fa eleggere il segretario del partito non dagli iscritti, come sarebbe logico, ma da una quarantenne un po’ snob apparentata alle sardine che ci eravamo augurati tornassero nella scatola.

Si dimostra anche il distacco dell’apparato Pd dal sentire dei suoi elettori, dimostrazione anche lampante della lontananza che in questi anni il Pd ha avuto dalla società reale che non è solo società liquida di genere, persecuzione del patriarcato ossessivo, priorità della crisi climatica, idee politiche confuse legate alla pretesa dei diritti, l’ossessione compulsiva di non riconoscere chi e come ha vinto le elezioni, con una presunzione ridicola di accuse di incompetenza, molto troppo similpentastellata.

Il derby tra 2 candidati, inizialmente 4, poi ridotti darwinianamente in 2, che per mesi e mesi si sono spesso rincorsi per bastonare tutti gli sbagli compiuti dal partito negli ultimi anni e ovviamente chi lo ha guidato, mi è apparso anacronistico. Un coro senza pietà e soprattutto senza una proposta concreta sicuramente da parte di Schlein che di questo partito non faceva parte e un po’ meno di Stefano Bonaccini che, solo ultimamente da buon amministratore che è, al Congresso della Lega delle Cooperative ho finalmente sentito individuare nel Pnrr il rischio di una mancata opportunità di realizzazione come una clava che si abbatte sull’economia italiana.

Forse una sinistra moderna con una identità definita, idee, proposte e politiche chiare sulla guerra e non pacifista taroccata, la ferma contrarietà per l’abolizione insana di una struttura industriale per affrontare invece con giudizio la crisi climatica e di confronto ragionata con la Ue, una politica del mercato del lavoro strettamente legata a una formazione adeguata dei giovani, a una riforma del sistema di welfare, delle politiche familiari, del terzo settore, di inclusione per esercitare diritti e doveri di una giustizia sociale che freni lo strapotere di una magistratura – quella sì inadeguata -, credo che avrebbe aiutato la rinascita del Pd, che attenzione, non rappresenta l’intera sinistra.

Perché quel milione e trecentomila che hanno partecipato domenica scorsa ai gazebo sono un popolo molto molto troppo eterogeneo, davvero tutti romanticamente desiderosi di cambiamento? È una fragile ambiguità.

Ora la cosiddetta sinistra, quello spazio lì, è occupato dai pentastellati che ne rincorrono la rimonta populista e flirtano con Elly molto apertamente e reciprocamente, dai movimentisti reazionari e rivoluzionari travestiti da anarchici che si infiltrano terroristicamente nel dissenso civico, e altri che squassano e non uniscono.

Ai gazebo aperti a tutti, diciamolo, non sono andati solo le cittadine e i cittadini che condividono una visione di mondo, di paese, di progetto collettivo che non ha più corrispondenza reale e concreta. Questo è bene averlo presente.

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