IL CASO DELLA MOZIONE VON DER LEYEN: FINI, IMPLICAZIONI E SCENARI
Il gruppo parlamentare di cui fa parte Fratelli d’Italia, cioè i conservatori ECR, ha presentato una mozione di sfiducia contro la presidente della Commissione che si voterà il 10 luglio. Ma Fratelli d’Italia si asterrà, in quella che forse potrebbe anche essere la prima scelta di campo decisiva di Giorgia Meloni tra le destre che guardano a Donald Trump e quelle che guardano a Bruxelles.
La mozione di sfiducia ha come primo firmatario Gheorghe Piperea, esponente di quella Alleanza per l’unità dei rumeni che in Romania è quasi riuscita a vincere le presidenziali con il candidato trumpiano Giorge Simion.
Meloni preferisce però la lealtà tattica a Ursula von der Leyen rispetto a quella ideologica al gruppo ECR, a Simion e a quella destra che è ancora alle teorie del complotto perfino sulla pandemia.
Perché la mozione contro Ursula von der Leyen riguarda la gestione dei vaccini nel 2021 e i suoi messaggi con l’amministratore delegato di Pfizer Albert Bourla.
In realtà è un test politico per una coalizione che in teoria si regge su centrodestra, liberali e socialisti, ma in pratica ha due maggioranze, una quella ufficiale e una quella ufficiosa ma spesso molto efficace tra centrodestra del Ppe e destre più radicali.
L’ANALISI DEL GIURISTA ALEMANNO
Alberto Alemanno è un giurista, professore di diritto europeo alla HEC di Parigi e una delle voci più autorevoli nella discussione europea su lobbying e conflitti di interessi. E’ anche promotore dell’organizzazione non profit The Good Lobby. Quali sono esattamente le accuse a Ursula von der Leyen per la vicenda dei suoi sms con l’amministratore delegato di Pfizer, Albert Bourla, durante la pandemia? E cosa avrebbe potuto fare di diverso la presidente della Commissione?
La mozione di censura è stata promossa dall’eurodeputato romeno Gheorghe Piperea, del gruppo dei Conservatori e Riformisti Europei (il gruppo di Giorgia Meloni), e sostenuta da altri gruppi che siedono a destra del Partito Popolare Europeo, come il gruppo dei patrioti di Viktor Orban e quello dell’AfD delle Nazioni Sovrane. La mozione rientra tra le prerogative del Parlamento Europeo, ma è stata storicamente poco utilizzata (circa 14 volte), perché richiede una maggioranza piuttosto elevata di due terzi dei votanti, che devono rappresentare la metà della Camera.
Insomma, una maggioranza superiore a quella necessaria sia per la Presidente della Commissione per essere eletta, sia per la Commissione stessa per entrare in servizio. La motivazione principale dietro la mozione contro von der Leyen è quella del cosiddetto Pfizer-Gate, un caso che riguarda le modalità in cui, nel 2021, furono reperite quasi due miliardi di dosi di vaccino contro il coronavirus dall’azienda Pfizer.
Quando AstraZeneca non riusciva a provvedere a un numero sufficiente di vaccini, la stessa von der Leyen cominciò a negoziare questi contratti con il CEO di Pfizer, Albert Bourla, sia per telefono sia attraverso uno scambio di SMS.
Questo portò il New York Times a presentare un ricorso, che ha vinto contro la Commissione, al fine di accedere a quei messaggi. Ma non sappiamo ad oggi quale sia stato il contenuto di questi scambi e neppure siamo sicuri circa la loro esistenza.
Oggi i firmatari della mozione di censura contestano a von der Leyen la mancanza di trasparenza e abuso di potere in quel frangente, ma anche il tentativo di bypassare il Parlamento europeo nella sua proposta di riarmare l’Europa, il programma SAFE.
La mozione di censura, fondamentalmente, ha messo in evidenza una contraddizione che sta dietro l’attuale Commissione europea, cioè il fatto che si sia basata, e continui a basarsi, su due maggioranze parlamentari alternative: qualcosa di inedito in qualunque sistema di democrazia parlamentare.
Dunque, paradossalmente, una mozione di censura che è stata portata avanti dai gruppi di cosiddetta estrema destra offre oggi una piattaforma a quelle forze politiche come socialisti, liberali e verdi, di esprimere la loro frustrazione nei confronti di questa doppia maggioranza che li ha visti perdenti in una serie importante di misure adottate, come quelle che hanno portato ad annacquare il Green New Deal e anche ad adottare misure, diciamo, restrittive della migrazione in Europa.
IL PROBLEMA DELLA COMMISSIONE UE
A meno di colpi di scena, la mozione di sfiducia contro Ursula von der Leyen sarà respinta ma rimarranno due problemi. Il primo è quello di una Commissione che tende ad andare molto più a destra di quello che gli elettori che hanno votato i partiti di centro e sinistra della maggioranza si aspettavano, ma anche molto più a destra di quello che Von der Leyen aveva promesso in Parlamento un anno fa quando ha chiesto la fiducia e molto più a destra di quello che aveva promesso Manfred Weber, capo del Partito popolare europeo e azionista di maggioranza di questa Commissione.
VON DER LEYEN RESTERA’ IN SINTONIA CON MELONI
Dunque, in molti campi, soprattutto su migranti e clima, la Commissione rimarrà molto più in sintonia con Giorgia Meloni, che in teoria non è in maggioranza, piuttosto che con Elly Schlein, che invece è a capo di un partito, il Pd, che sta tra i socialisti a supporto di questa Commissione.
I PARADOSSI DEGLI EUROPEISTI
Il secondo problema che rimane, nel lungo periodo, è che anche gli europeisti più convinti hanno desiderato per anni una Commissione che agisse molto di più come un vero governo dell’Unione, sopra gli Stati membri e senza essere bloccata dai veti incrociati. Con Ursula von der Leyen, prima nella pandemia e ora in questo secondo mandato, abbiamo una Commissione più forte, ma questa forza non si traduce in una illuminata guida tecnocratica con i Trattati come unica bussola.
Anzi, la forza individuale della presidente sta generando una Commissione iper-politica, che travalica il Parlamento invece di rispondergli e molto personalistica, nel senso che Von der Leyen – dove e quando può – cerca di accentrare il potere e farne un uso discrezionale senza vincoli come ha fatto – per fortuna con conseguenze positive – nella vicenda Pfizer. Ma il problema degli effetti collaterali di una Commissione troppo politica rimane.
(Estratto da Appunti)