1. Il grande valore politico. Certo non è strano che a New York vinca un Democratico. Ma la città è stata capacissima, di recente, di eleggere Repubblicani come Giuliani o Bloomberg. E il vantaggio dei democratici alle presidenziali sta scendendo da anni.
2. Ma Mamdani è un 34enne che si è schierato contro la macchina elettorale del partito, incarnata da Cuomo (67enne, squalo della politica locale, ex governatore dello stato come suo padre Mario prima di lui). E dal sindaco uscente Adams, pure lui con un carico di scandali non indifferente. Da Bloomberg, che ha dato a Cuomo 8 milioni per aiutarlo. Diventa il sindaco più giovane da cent’anni.
3. E lo ha fatto da posizioni di sinistra radicale, il che gli ha attirato contro pezzi importanti dei poteri forti della città, che lo hanno bollato come “comunista” – nei commenti la copertina del New York Post di oggi, di proprietà di Murdoch e trumpiano – e sono arrivati a parlare di fuga di centinaia di migliaia di persone dalla città, se avesse vinto.
4. Soprattutto i miliardari della finanza, come Bill Ackman, e i palazzinari (i Trump sono nati così) hanno raccolto decine di milioni di dollari contro di lui. E hanno convinto Cuomo, che aveva perso le primarie, a candidarsi lo stesso, per battere Mamdani coi voti dei repubblicani. Li ha presi, ma non è bastato.
5. Poche ore del voto, Cuomo ha incassato anche l’endorsement di Trump: che schiaffo per il presidente – un newyorchese anche lui. I candidati di Trump hanno perso pure le elezioni per governatore di due Stati, la Virginia e il New Jersey. Fortunato che non ce ne fossero altre.
6. Mamdani è un musulmano. E’ nato in Uganda. Ha genitori indiani. Certo, siamo a New York, ma non è così scontato, in un periodo di conflitto globale dalle forti tinte anti islamiche. Gli attacchi su questo non sono mancati, da destra e da sinistra. Mamdani ha visitato 50 moschee in campagna elettorale, Cuomo una. New York ha ora un sindaco musulmano, di origine sud-asiatica, e schierato all’ala sinistra del partito di riferimento: come Londra.
7. Poi ci sono le sue posizioni su Gaza (“genocidio”) e Netanyahu (“lo farei arrestare”, come chiede il mandato della Corte Penale Internazionale), in una città dove vivono circa 1 milione di ebrei, in un clima politico dove le posizioni solidali con i palestinesi sono tacciate di antisemitismo.
8. E’ una vittoria del cambiamento (oltre che la più americana e newyorchese delle storie): Mamdani all’inizio del 2025 era all’1% nei sondaggi. Nessuno lo conosceva. E questo è stato un vantaggio, in un elettorato che ormai disprezza apertamente la politica: l’affluenza al voto è persino cresciuta.
9. E non dimentichiamo lo charme del candidato, e la sua abilità empatica e comunicativa – esaltate da una squadra ben scelta, ovviamente. Ci sono i suoi video, molto simpatici e immediati. Ma anche scelte eterodosse, come la campagna elettorale nei bar gay durante la notte di Halloween. Abilità anche politica: nel giorno del suo comizio finale non c’erano solo Sanders e Ocasio-Cortez, ma anche l’attuale governatrice Dem dello Stato di New York, che ha sostituito Cuomo.
10. Inoltre, il contesto. In tempi di minacce, ricatti ed eserciti in movimento su tre continenti, uso dei muscoli e odio esibito per l’avversario, occupazione dello stato e occupazione violenta degli spazi pubblici, uso dell’immigrazione come capro espiatorio, Mamdani ha vinto parlando di solidarietà, uguaglianza e diritti sociali.
Non è poco.







