Per il segretario del defunto Papa emerito Benedetto XVI, piegatosi devotamente sulla bara del superiore ai suoi funerali sotto gli occhi di milioni di fedeli collegati televisivamente da tutto il mondo, ci sarà pure una via di mezzo fra l’impietosa immagine di un “Monsignore dimezzato” – appiccicatagli addosso sul Corriere della Sera da Aldo Grasso ispirandosi al celebre Visconte Medardo di Italo Calvino – e la figura ieratica, e tutta intera, senza bende e altre diavolerie, rimasta impressa, magari immeritatamente secondo Grasso, negli occhi e nella mente degli spettatori del 5 gennaio.
COSA HA DETTO PADRE GEORG A REPUBBLICA
All’editorialista e critico televisivo del Corriere, ancora memore dei “giorni in cui padre Georg godeva della confidenza di principesse romane, giocava a tennis, era imitato da Fiorello, veniva elevato dai rotocalchi a “Geroge Clooney della Curia”, il simbolo della Grande Bellezza ratzingeriana”, non è piaciuta la “loquacità” improvvisa del prelato. Che, a spoglie di Ratzinger ancora quasi calde, e già impegnato in un’autobiografia dal titolo giudiziario, si è lasciato intervistare dall’ex direttore di Repubblica Ezio Mauro sui diavoli avvertiti all’opera negli anni della convivenza in Vaticano fra i due Papi, l’effettivo e l’emerito. Diavoli all’opera anche contro lo stesso monsignore, dimezzato nel suo ruolo, nelle sue funzioni e in tutto il resto da Papa Francesco in persona con l’invito a rimanere “prefetto” della casa apostolica ma a togliersi dalla testa di farlo davvero. Il suo recinto doveva essere quello noto come Santa Marta.
I RAPPORTI TRA PADRE GEORG E PAPA FRANCESCO
Oltre alla sorpresa, sgomento e quant’altro lasciato trasparire giustamente da Grasso, e attribuita dal monsignor allo stesso Papa emerito quando venne da lui informato delle proprie condizioni ristrettesi, permettetemi di immaginare la sorpresa, lo sgomento e quant’altro – ripeto – dello stesso Francesco nel vedere racconti, sfoghi e simili del monsignore su un giornale: per giunta, quello alla cui lettura e al cui rispetto egli era stato abituato a suo tempo dal fondatore in persona, Eugenio Scalfari. Che sino alla morte, risalente a meno di un anno fa, aveva ricevuto dal Papa, in carne e ossa, un trattamento a dir poco straordinario. Mancava solo che venisse da lui nominato cardinale, mi verrebbe voglia di scrivere se non fossi trattenuto dalla paura della blasfemia conoscendo la condizione, diciamo così, di diversamente credente del compianto collega.
Non credo di conoscere neppure la milionesima parte delle cose vaticane che sa il mio amico Massimo Franco, anche lui del Corriere della Sera come Aldo Grasso, ma sento o avverto che il 66enne Georg Gaenswein non potrà avere molto di confortevole e gratificante da aspettarsi fra le sacre mura. Papa Bergoglio peraltro parla bene di carità, perdono e altre virtù ma ho l’impressione che gli capiti di razzolare male quando s’imbatte in qualcosa che lo disturbi. Mi sentirei pertanto di consigliare a chi davvero stima e vuole bene a padre Georg di non assecondarne la loquacità: esattamente l’opposto di come lo rappresenta oggi Libero anticipandone vistosamente il già ricordato libro autobiografico con un virgolettato che dice: “Si, io sono un falco e vi racconto la mia verità”.