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Javier Milei

I 10 anni del pontificato (sudamericano) di Bergoglio

In dieci anni di pontificato Bergoglio ha pienamente restaurato la chiesa cattolica con una modernizzazione fondata sulla fede. L'articolo di Livio Zanotti, autore de Ildiavolononmuoremai.

Il Papa del popolo, della pace, della giustizia è “un pastore al quale piace l’odore delle pecore, cosi che appena può va ad annusarle da vicino”,  ha detto un vescovo argentino, commentando i 40 viaggi compiuti per visitare 59 paesi nei suoi primi 10 anni di pontificato.

Il giudizio lo ritrae a corpo intero. Per sottolinearne, malgrado il fisico logorato dall’età, il vigore dell’esercizio di governo. Il cui instancabile dinamismo è riuscito a terremotare anche nello stesso Vaticano inveterati comportamenti personali, ritualità di dottrina, relazioni di potere temporale logorate, in qualche caso marcite e tuttavia coriacee. Mentre extra moenia, profeta di un solo Dio, ha rianimato il dialogo con le altre confessioni monoteiste, incidendo sugli equilibri della politica mondiale, alle radici delle drammatiche crisi che ci angosciano tutti. L’eccezionalità del personaggio, perseverante, audace, di austere abitudini, ha provocato generale sorpresa, ampia ammirazione, senza che siano mancate esplicite contrarietà, non solo nella Curia costretta a rinunce sgradite.

BERGOGLIO, IL GESUITA GIUNTO DALLA “FINE DEL MONDO”

Il gesuita argentino giunto dalla “fine del mondo”, come si annunciò egli stesso alla folla clamante di piazza San Pietro, non è più il già influente “provinciale” della Compagnia restìo alla facile esternazione e ai rischi a suo parere innecessari. Neppure l’arcivescovo di Buenos Aires talvolta perfino brusco, sebbene sempre attento alle vicende della politica.

Il suo papato non è a salvo da critiche, avversari e qualche acerrimo nemico. Non tutti i cardinali che lo hanno eletto nel conclave del 13 marzo 2013 tornerebbero a farlo. È ormai noto e accettato, con soddisfazione o acrimonia. È il primo papa latinoamericano, il primo dell’intemerato Ordine fondato da Ignazio da Loyola, il primo a rifiutarsi di prendere alloggio nella storica residenza del Palazzo Apostolico (mille stanze), per preferirgli una camera da letto, uno studiolo, un bagno e un cucinino a Santa Marta, la casa-albergo sul lato opposto della città vaticana. Il primo che dell’opzione per i poveri ha fatto una scelta di vita e un atto della sua teologia.

L’OPERA DI AMMODERNAMENTO DELLA CHIESA

Ma non emergono argomenti dicibili, rilevanti, non pregiudiziali, tali da disconoscere la solida coerenza e il respiro che in prospettiva ha l’opera di ammodernamento da lui svolta finora. Sono episodici anche quando tutt’altro che trascurabili gli errori compiuti, amplificati dal suo temperamento decisionista (del resto è il re di un’istituzione monarchica, con un miliardo e mezzo di fedeli), oltre che dall’entità degli interessi in contrasto. Spiegabili nella terribile complessità delle questioni in gioco e comunque puntualmente corretti: le ingenti e gravissime irregolarità riscontrate nelle precedenti amministrazioni dell’Istituto per le Opere di Religione (IOR), la banca centrale della Santa Sede, divenuta rifugio e snodo di operazioni illecite cui erano interessati anche pezzi della criminalità organizzata; gli intrecci gerarchici dell’omosessualità diffusa nella Chiesa, i suoi eccessi e gli scandali internazionalmente clamorosi con le pesantissime conseguenze tanto giudiziarie quanto economiche che ne sono derivate.

Niente affatto casuale, poiché rappresentava una scelta già ponderata in precedenti conclavi, la sua è stata nondimeno un’elezione da pronto soccorso. Vale rammentarlo, per valutarne interamente la portata. Da due decenni il cristianesimo vedeva modificare passivamente la sua geografia nel mondo sconvolto da mutamenti epocali, tuttora in pieno svolgimento. Improvvise e senza precedenti, a fine febbraio 2013 le dimissioni di Benedetto XVI precipitano la Chiesa in una consapevolezza ormai impossibile da dissimulare. Il clima contaminato dai sospetti fin dagli anni della guerra fredda, in un oscuro crescendo ha provocato in Vaticano insieme a conflitti teologici e politici, lotte intestine di basso potere anche cruente, affarismo, tradimenti che per più d’un osservatore rievocavano vicende da corti medievali. Alle quali il raffinato intellettuale Joseph Ratzinger, crociato della fede non da battaglia campale, ha sentito di non saper opporsi con la necessaria energia.

IL CATTOLICESIMO IN SUDAMERICA

Giunto dalla “fine del mondo”, per Bergoglio è stata una scelta naturale volgere le spalle a quel panorama di miserie di cui era informato senza averne diretta conoscenza, per dedicarsi a una ricostruzione spirituale e terrena cominciando dal proprio sapere. Lascia il tormentato continente latinoamericano, convenzionalmente ritenuto il più cattolico del pianeta, in crisi di fede.

Vent’anni prima, secondo dati di Latinobarometro, vi si dichiarava cattolico l’81 per cento degli abitanti (totale, Caraibi inclusi: 470 milioni circa); nel 2013 (550 milioni circa), la percentuale è scesa al 60, in paesi come Cile e Perù si aggira sul 45 per cento, in Brasile la diminuzione è ancora maggiore. Sono le chiese evangeliche (spesso vere e proprie sette, finanziate da quelle maggiori degli Stati Uniti) che vanno erodendo credenti a quelle cattoliche. La loro avanzata coincide con il relativo avanzare delle disuguaglianze sociali e la relativa riduzione del livello medio d’istruzione.

DIO VIVE NEL POPOLO

Di Bergoglio mi aveva parlato una volta, molto prima che divenisse vescovo, un altro profeta: il sacerdote e cattedratico peruviano Gustavo Gutierrez, teologo e medico, considerato uno dei massimi esponenti della Teologia della Liberazione. A lungo emarginato dall’alta gerarchia, già oltre i novant’anni, Francesco lo ha poi ricevuto in Vaticano per riconoscere la limpidezza della sua fede e la scelta condivisa di camminare accanto agli ultimi. Senza però alcun riconoscimento della Teologia della Liberazione. Che, contrariamente a qualche periodica e malevola insinuazione, questo Papa respinge. Ed è quanto mi spiegò Gutierrez, che conosco da quasi cinquant’anni: un riferimento centrale nel pensiero di Bergoglio è il filosofo del diritto Alberto Methol Ferrè, uruguayano, di recente  scomparso, un umanista con tratti esistenzialisti, ma cattolico modernista estraneo alla contrapposizione di classe, così come – ovviamente – lo è Francesco.

Per loro Dio vive nel popolo. Sensibili dunque all’opposizione masse-elite. Da qui la vicinanza al peronismo attribuita a Bergoglio, ma alla antropologia (spesso più declamata che praticata) non all’erratico processo storico del movimento. Poiché nella sua pastorale c’è in primo luogo l’ecumenismo, che è l’opposto del nazionalismo. Ed è ciò che spiega come abbia visitato quasi per intero il Sudamerica tranne la regione platense, la sua Argentina e i fratelli dell’Uruguay (per i quali tutti confessa profonda nostalgia, ma anche qui: in essenza nostalgia della gente, delle strade, della polvere respirata fin dall’infanzia…). Disposto tuttavia a soffrirne ancora la mancanza e mantenersene lontano pur di evitare qualsiasi rischio di vedersi strumentalizzato da una parte politica. Analoga e ancor più marcata si intuisce che sia la motivazione riguardo al Venezuela di Nicolas Maduro. Il papa della pace è anche quello della libertà, disposto ad andare ad inginocchiarsi fino a Mosca, ma solo se Putin sospende la guerra in Ucraina.

Il suo “chi sono io per giudicare?” testimonia una disposizione umana a osservare con sguardo amorevole le contraddizioni altrui, è un’esperienza estetica non una rinuncia etica. Vale per la riconciliazione della Chiesa con la scienza dei nostri tempi (a cui lascia la ricerca del come riservandosi il perché), per il rispetto delle diverse sessualità, per la comunione ai divorziati, per il sacramento come spazio sociale condivisibile con l’autorità giudiziaria civile. Confida nel senso di unità della comunione e le attribuisce valore universale. Capace di salvare anche la natura, alla cui difesa ha dedicato una delle sue più potenti encicliche, “Laudato si”. Tanto più in quest’epoca percorsa da un sentimento identitario tanto dichiarato ed esteso quanto spesso fine a se stesso, più esteriorità che intima convinzione. Al centro della sua rivendicazione di libertà c’è un cristianesimo allontanato da ogni fondamentalismo, aperto all’accoglienza d’ogni essere umano di buona volontà. Chiede di essere a sua volta accolto tra costoro quando dice e ripete “pregate per me”.

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