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Covid-19, pandemia e infodemia

Stiamo dunque vivendo una pandemia e uno stato di emergenza senza precedenti, con una circolazione di una quantità eccessiva di informazioni che rendono difficile orientarsi su un determinato argomento. L'articolo di Ciro Romano

Si vive una pandemia e uno stato di emergenza senza precedenti.

Tutto questo non sta accadendo negli anni ’20 dello scorso secolo, quando, subito dopo la I guerra mondiale, si diffuse una terribile epidemia di influenza detta “Spagnola” che causò milioni di morti nel mondo, bensì sta avvenendo negli anni ’20 di questo XXI secolo, quello in cui siamo nel pieno dell’Era Digitale e della “Società dell’Informazione e della Conoscenza” (Sic).

100 anni fa c’erano solo i giornali e non c’era neanche la radio (in Italia è iniziata nel ’24, ma negli anni ‘30 ha preso a diffondersi); ora abbiamo ovviamente la televisione, oltre i giornali, ma la “smaterializzazione” dell’informazione, grazie alla sua digitalizzazione (trasformazione dell’informazione materiale in digitale, numerica), ha favorito la caratterizzazione principale del mondo contemporaneo e di cui si diceva prima (Sic).

Oggi, infatti, le informazioni viaggiano soprattutto su Internet e poi anche sui social (Facebook soprattutto, ma anche Instagram, Twitter, ecc.), che consentono tutt’altro che un’informazione unilaterale o unidirezionale (solo dalla fonte all’utente finale, come avviene per la televisione o la carta stampata), ma un’informazione multidirezionale, e soprattutto interattiva, pervasiva (tutti possiamo commentare e diffondere informazioni) e quindi estremamente “diffusiva” e quasi “contagiosa”.

In sintesi, oggi “tutti possiamo parlare di tutto”. Non per niente, relativamente alla Covid-19, abbiamo parlato di “epidemia” (una malattia “sopra il popolo”), poi di “pandemia” (di “tutto il popolo”), ma da qualche tempo viene usato anche un neologismo: “infodemia” (informazioni diffuse nel popolo), secondo la Treccani con il termine intendiamo: “Circolazione di una quantità eccessiva di informazioni, talvolta non vagliate con accuratezza, che rendono difficile orientarsi su un determinato argomento per la difficoltà di individuare fonti affidabili”.

È un bene o un male che “tutti possono parlare di tutto” e che ci sia, oltre alla pandemia da Covid-19, anche questa “infodemia”? Forse è il caso di dire che rimane un bene e comunque ormai è un fatto acquisito, irrinunciabile e da cui non si può tornare indietro. Insomma, speriamo si trovi un vaccino che debelli la pandemia Covid-19, ma l’infodemia non potrà essere debellata, al limite però vanno trovati degli accorgimenti affinché non diventi una vera “malattia”, ma piuttosto si trasformi in un contagio positivo e benefico per tutti…

È stato già detto da tanti che in questo periodo di pandemia “sono saltate le mediazioni”: quelle del giornalismo, della scienza e anche della politica che dovrebbero in qualche modo, di certo non creare una barriera, ma piuttosto riuscire a filtrare (ovviamente non eliminando le notizie “scomode”) e soprattutto riuscire a spiegare, contestualizzare, chiarire e quindi avere la capacità di far discernere ciò che c’è di vero da ciò che è ancora incerto, esagerato o totalmente falso (le cosiddette fake news). Insomma, evitare il sensazionalismo e l’irrazionalità che può generare l’infodemia e piuttosto agevolare un’informazione che, per quanto largamente diffusa e pervasiva, non alimenti solo paure o addirittura angosce, ma possa invece creare una percezione veritiera della realtà che ci circonda. E magari anche una sorta di “appercezione”, cioè una coscienza (individuale e collettiva) che si sta percependo tale conoscenza veritiera relativamente a ciò che ci circonda.

“Paura o Intelligenza collettiva?” è nel titolo e infatti sono questi i due atteggiamenti estremi con cui ci dobbiamo confrontare.

La pandemia e l’infodemia stanno generando paura. La paura, del resto, è sentimento naturale ed anche utile nell’uomo, ma anche in tutte le specie animali, però poi si può trasformare in panico o addirittura terrore (individuale e collettivo). Al contrario, può prevalere un moto razionale che ci induce ad analizzare con più attenzione ciò che ascoltiamo o leggiamo, non fermandoci al primo titolo sensazionalistico, ma cercando piuttosto di approfondire, diffondendo soprattutto notizie verificate e correttamente diffuse, In tal modo, all’opposto, è possibile, anzi auspicabile, la formazione di una sorta di intelligenza “collettiva”. Ne ha parlato, in particolare, il filosofo francese Pierre Lévy, per il quale la condivisione “collaborativa” delle informazioni e del sapere può diventare “apprendimento cooperativo”, un’intelligenza condivisa, distribuita e pervasiva, che valorizza l’individuo (ognuno di noi si sente partecipe) all’interno di un processo di civilizzazione ed emancipazione comunitaria. Interessanti, in particolare, due asserti del ragionamento di Lévy per cui “Personne ne sait tout mais tout le monde sait quelque chose” (nessuno sa tutto, ognuno sa qualcosa), nonché “le savoir est dans l’humanité”: il sapere non è trascendentale ma è dato proprio da ciò che le persone condividono e quindi sta nell’umanità…

Come fare concretamente?? Ci possono essere delle soluzioni e vedremo di parlarne prossimamente, ma intanto è interessante discutere dell’ultimo e clamoroso caso di infodemia scoppiato negli ultimi giorni.

Nell’articolo precedente scritto per questo magazine si è discusso delle contraddizioni e anche degli errori che sono stati compiuti, innanzitutto in Italia (primo Paese occidentale colpito dal Covid-19) e poi anche negli altri Paesi, i quali, in modo anche più colpevole, non hanno fatto tesoro delle nostre indecisioni e dei nostri errori. Questi errori sono stati fatti dalla politica, ma anche dalla scienza, con tante dichiarazioni contraddittorie (molte di loro poi corrette) di virologi ed epidemiologi. E quindi, come si diceva, effettivamente “sono saltate le mediazioni”, anzi chi proprio doveva “mediare” le informazioni è apparso palesemente tentennante o contraddittorio.

In questi giorni ha creato “paura” e grande scalpore la diffusione di un servizio del Tgr Leonardo del 2015 che parlava di sperimentazioni “pericolose” compiute in un Laboratorio di Virologia a Wuhan sui Sars Cov2 (proprio a Wuhan, in Cina da dove è partito il contagio del Sars Cov2). Questo ha alimentato le ormai note tesi “complottiste”, secondo le quali il virus non si sarebbe diffuso casualmente e solo per effetti naturali, ma piuttosto in seguito ad azioni umane, in particolare proprio perché sarebbe sfuggito, involontariamente (per incidente o errore umano) o addirittura volontariamente (colpire la Cina? Creare i presupposti economici per un nuovo vaccino??) da un Laboratorio che sta proprio a Wuhan. La notizia ha fatto immediatamente il giro del web, con accenti diversi tra chi diceva che era una fake da non prendere in considerazione e chi, all’opposto, non solo la riteneva assolutamente vera. ma utilizzava la notizia per riaffermare e consolidare il sospetto, già vivo, che il contagio non sia partito per cause naturali, bensì da sperimentazioni da laboratorio.

In effetti, va subito detto che la notizia non è falsa e il servizio del TGR Leonardo della Rai è vero e, del resto, si basa su una pubblicazione su Nature Medicine (Menachery et ali, 11/2015) firmata da un gruppo piuttosto folto di scienziati, tra cui un italiano (anche se collocato in un Istituto di Ricerca svizzero), ben dodici statunitensi, ma soprattutto 2 cinesi appartenenti proprio al Laboratory of Special Pathogens and Biosafety, Wuhan Institute of Virology, Chinese Academy of Sciences, Wuhan. Il servizio Rai parlava della creazione di una sorta di “supervirus polmonare da pipistrelli e topi”, ovviamente precisando che il tutto era perseguito per motivi di studio e per sperimentare possibili contromisure sanitarie, pur domandandosi, però, se fosse opportuno fare sperimentazioni così pericolose, creando virus artificiali, anzi cosiddetti “chimerici”. La notizia è stata immediatamente oggetto di speculazioni politiche, in particolare da parte di esponenti politici dell’opposizione, i quali hanno gridato allo scandalo, chiedendo al Governo l’esigenza di chiarire con le autorità cinesi. Oltre a questo, ha visto anche tentativi vari di chiarimento da parte di scienziati e che sono sembrati finalizzati più che altro a tranquillizzare la popolazione.

La notizia in sé ha ovviamente destato più “paura” che “intelligenza collettiva”, una paura del resto ingiustificata perché è evidente che ora l’esigenza è quella di rimanere a casa, sperando che la curva dei contagiati e dei decessi inizi a scendere con stabilità e su questo obiettivo primario, quasi nulla attinenza ha il fatto se il virus sia naturale o artificiale. A parte questo, è interessante soffermarsi su come ha reagito il modo dell’informazione istituzionalizzata e degli scienziati alla notizia. Come già detto, ad uno sguardo un po’ più attento, tale tipo di comunicazione è apparsa soprattutto tendente a tranquillizzare, più che a dare un’informazione esaustiva e pienamente chiarificatrice. In effetti, il tutto si è basato essenzialmente sulla diffusione del messaggio che segue: “il virus da laboratorio non c’entra nulla con quello attuale del Covid-19”, anche perché, si dice, “il virus Sars Cov2 attuale è di origine naturale”. A riprova di ciò, gli scienziati (e i media di conseguenza) stanno sostanzialmente citando tutti un altro articolo, ma molto più recente, sempre su Nature Medicine (Andersen et ali, 03/2020) in cui si porta avanti questa ultima tesi. La prima affermazione, secondo cui il virus “chimerico” del 2015 non c’entri nulla con l’attuale, è, in effetti, tanto “tranquillizzante” quanto piuttosto ovvia, visto che ormai tutti sanno (anche i non addetti ai lavori) che questi virus mutano rapidamente. In relazione alla seconda affermazione (“il virus attuale è di origine naturale”) ci si può domandare: può bastare un solo recente paper scientifico, pur accreditato, a rendere inoppugnabile tale affermazione??

E la faccenda da ieri (26/03) è diventata mediaticamente ancora più complicata in seguito al fatto che ha iniziato a girare il video di un ulteriore e recentissimo (17/03/2020) servizio del Tgr Leonardo che ritiene “sempre più attendibile” l’ipotesi che il coronavirus attuale potrebbe essere sfuggito dal Laboratorio di Wuhan, il quale situato del resto “soltanto 300 metri più in là del mercato del pesce” da dove è partito il contagio…

In conclusione, va confermata innanzitutto la necessità di rimanere a casa, per evitare il contagio e rischiare di rimanere vittime della “pandemia”. E poi senz’altro va consigliato di non farsi prendere dalla “paura”, o anzi dal panico, anche da “infodemia”.

Ne ha bisogno la nostra intelligenza:“individuale” e “collettiva”.

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