Il 5 marzo del 2025, alle sette di quella mattina, gli ambasciatori dei ventisette Stati membri si sono incontrati per una riunione ordinaria del Coreper. Il rappresentante permanente tedesco, Michael Clauss, ha chiesto la parola per una comunicazione urgente. I suoi colleghi lo hanno ascoltato stupiti. La Germania, che dalla creazione dell’euro difende l’ortodossia fiscale, chiede una revisione delle regole del Patto di stabilità e crescita, che erano state riformate meno di un anno fa. È più della flessibilità promessa da Ursula von der Leyen con il suo piano di riarmo. Alla vigilia, il futuro cancelliere Friedrich Merz aveva trovato un accordo con la Spd per cancellare il freno costituzionale al debito per la spesa per la difesa. La svolta è storica. Quella mattina del 5 marzo, anche il rappresentante permanente francese, Philippe Léglise-Costa, ha preso la parola durante il Coreper. Con aria seria, ma un sorriso sornione, ha ricordato al suo collega Clauss i rischi legati all’indebitamento avvertendo la Germania di non imboccare quella strada pericolosa.
GERMANIA EX FRUGALE
La risposta di Léglise-Costa era scherzosa. Il rapporto del francese con l’ambasciatore tedesco è molto forte. Da allora Clauss è stato nominato da Merz come suo sherpa. Ma l’episodio del 5 di marzo illustra quanto le minacce poste all’Europa dalla Russia di Vladimir Putin e dagli Stati Uniti di Donald Trump abbiano stravolto i ruoli tradizionali. Non vale solo per la Germania “frugale”. Vale anche per la Francia e molti altri stati membri considerati come “spendaccioni” che per anni hanno chiesto di modificare il Patto di stabilità e crescita per spendere di più. Il paradosso è che, nel momento in cui molti dei “frugali” diventano favorevoli ad allentare le regole fiscali per riarmarsi, gli “spendaccioni” si sono trasformati in “neo frugali”. La Francia, l’Italia e la Spagna si ritrovano nello stesso campo dei Paesi Bassi, lo stato membro più frugale tra i frugali. Germania, Finlandia e Danimarca sono passati nell’altro campo, quello di chi non si cura più di debito e deficit, perché l’urgenza è mettersi nelle condizioni di difendersi dalla minaccia della Russia e dal disimpegno degli Stati Uniti dalla sicurezza dall’Europa. Il problema è che i “neo frugali” mettono anche in pericolo gli obiettivi del piano di riarmo da 800 miliardi di euro proposto da Ursula von der Leyen.
I PILASTRI DEL PIANO DI RIARMO TARGATO VON DER LEYEN
Il piano di riarmo di von der Leyen è composto da due pilastri. Il primo è la sospensione delle regole del Patto di stabilità e crescita attraverso l’attivazione della clausola di salvaguardia nazionale per spendere l’1,5 per cento in più del pil per la difesa per i prossimi quattro anni. Secondo le stime della Commissione, se attivata in modo coordinato da tutti gli Stati membri, la clausola di salvaguardia nazionale permetterebbe di liberare spazio fiscale di 650 miliardi di euro. Il resto del piano di riarmo dovrebbe arrivare dal nuovo strumento SAFE per fornire 150 miliardi di prestiti agli Stati membri per acquistare armi e rafforzare l’industria della difesa.
I due pilastri sono legati tra loro. Ursula von der Leyen non ha voluto spingersi fino a proporre uno strumento di debito comune sul modello di NextGenerationEU per fornire sussidi, invece di prestiti, ai governi che ne fanno richiesta. Gli Stati membri che prenderanno i prestiti di SAFE dovranno registrarli come debito e deficit. Se rischiano o sono già sotto procedura per deficit eccessivo, hanno bisogno dello spazio fiscale garantito dalla clausola di salvaguardia nazionale per usare le risorse ottenute grazie ai prestiti di SAFE.
SCADUTA L’ATTIVAZIONE DELLA CLAUSOLA DI SALVAGUARDIA
La data fissata dalla Commissione per decidere se attivare o meno la clausola di salvaguardia nazionale era stata fissata il 30 aprile a mezzanotte. La richiesta deve venire dai governi nazionali. Quel giorno solo 12 stati membri avevano comunicato ufficialmente la richiesta di usare la deroga per il riarmo. La Germania è stata il primo paese, seguita da Grecia, Lettonia, Estonia e Polonia. Il 30 aprile si sono aggiunti Belgio, Danimarca, Finlandia, Ungheria, Portogallo, Slovacchia e Slovenia. Lituana a Bulgaria hanno presentato la loro richiesta nei giorni immediatamente successivi. Il ministro delle Finanze polacco, Andrzej Domanski, che ha la presidenza di turno dell’Ecofin, ha assicurato che anche Croazia e Repubblica ceca si aggiungeranno alla lista.
La Commissione non intende essere troppo formale sulla tempistica. Ma le richieste devono arrivare nei primi giorni di maggio, perché la valutazione della Commissione sulla possibilità di usare la clausola di salvaguardia nazionale arriverà all’inizio del prossimo mese (il parere favorevole sembra scontato). Il Consiglio dovrebbe approvare la deroga sui deficit e i debiti alla fine di giugno o all’inizio di luglio.
ITALIA E FRANCIA SCOPERTI NEO FRUGALI…
Dalla lista mancano quattro dei sei pesi massimi dell’economia dell’Ue. La Francia ha deciso di non ricorrere alla clausola di salvaguardia nazionale per i timori legati all’evoluzione dei suoi conti pubblici. Il deficit è già fuori controllo e il debito continua pericolosamente a crescere, con un aumento dello spread tra i suoi rendimenti e quelli tedeschi. Anche l’Italia, che come la Francia ha sempre chiesto regole fiscali meno stringenti, è passata nel campo dei “neo frugali” sul riarmo. Il governo di Giorgia Meloni ha lasciato intendere che vuole aspettare il vertice dei capi di stato e di governo della Nato che si terrà all’Aia a fine giugno. Ma pesano anche le posizioni filo russe e anti riarmo del partito della Lega, secondo azionista della maggioranza di Meloni, che ha anche il controllo del ministero delle Finanze.
…COSÌ COME LA SPAGNA DI SÀNCHEZ
Il terzo “neo frugale” è la Spagna. Anche il premier spagnolo, Pedro Sánchez, deve fronteggiare le critiche del partner junior della sua maggioranza Sumar. Il quarto peso massimo del Pil europeo mancante sono i Paesi Bassi, la cui avversità all’indebitamento non è venuta meno malgrado la minaccia alla sicurezza del vecchio continente da cui dipende anche la prosperità olandese. Tra le sei grandi economie ci sono solo Germania e Polonia.
Con appena 16 stati membri su 27, e soprattutto senza Francia, Italia, Spagna e Paesi Bassi, sarà molto difficile raggiungere l’obiettivo posto dalla Commissione di 650 miliardi di aumento della spesa per la difesa in quattro anni. Tutto dipenderà dalla Germania e dalla velocità con cui il governo di Friedrich Merz metterà in atto il rafforzamento dell’esercito tedesco. “Gli armamenti non si trovano su uno scaffale di supermercato”, ci ha spiegato un funzionario dell’Ue. “Per ricevere gli ordini inviati oggi, per alcuni sistemi si deve aspettare il 2030”.
CHE STA SUCCEDENDO AL PROGRAMMA SAFE
Anche l’altro pilastro del piano di riarmo di von der Leyen fatica a decollare. La presidenza polacca dell’Ue sperava di trovare un accordo su Safe entro la fine del mese di aprile. La scadenza è passata e l’obiettivo è spostato alla fine di maggio. Ma “le discussioni sono difficili”, ammette un diplomatico europeo. “Nell’area della difesa le discussioni sono sempre complicate”. Mercoledì gli ambasciatori dei ventisette Stati membri hanno avuto la loro quarta discussione su Safe. La presidenza ha messo sul tavolo un nuovo testo rivisto. Ma l’accordo appare ancora lontano.
“La discussione è più lenta del previsto”, ci ha confermato un altro diplomatico. “La discussione gira in torno”, ci ha detto una terza fonte. Ci sono ancora molte questioni aperte legate agli acquisti congiunti, all’accesso a paesi terzi e ai criteri di eleggibilità. Il “buy european” è solo uno degli ostacoli. Alcuni paesi hanno sottolineato che la proposta attuale rischia di diventare uno strumento per sussidiare l’industria della difesa, in particolare i grandi gruppi franco-tedeschi. Nel frattempo, Il Parlamento europeo ha contestato la base giuridica usata dalla Commissione, l’articolo 122 del trattato usato per le situazioni di emergenza, che permette di evitare l’approvazione dei deputati. Martedì 13 maggio saranno i ministri delle Finanze all’Ecofin ad avere una discussione a livello politico su Safe.
La scelta di Ursula von der Leyen di non ricorrere al debito comune può essere motivata dal realismo politico. Nemmeno con Friedrich Merz, il governo di Berlino è pronto a imbarcarsi in una replica di NextGenerationEU. Ma potrebbe essere di corta veduta sul piano finanziario e politico. Danimarca, Finlandia, Svezia, Polonia e paesi Baltici ora accettando la possibilità di debito comune per mettere l’Europa nelle condizioni di difendersi. Il debito comune sarebbe stato un incentivo per i paesi del Sud che non percepiscono la Russia o il disimpegno di Trump come una minaccia esistenziale. Senza debito comune potrebbe nascere un’Europa della difesa a due velocità, con il riemergere di vecchi rancori contro i paesi che vivono alle spalle degli altri o di vecchi demoni sui pericoli di una Germania riarmata.
(Estratto dal Mattinale Europeo)