skip to Main Content

Orban

La rielezione di Orban complicherà la linea Ue su Russia e Cina?

Cosa significa la vittoria elettorale di Viktor Orban in Ungheria per la politica estera dell'Unione europea. L’articolo dell’analista geostrategico Francesco Galietti, fondatore di Policy Sonar.

Il fianco orientale dell’Unione Europeo è compromesso? Quinte colonne sino-russe sul Danubio paralizzano i meccanismi decisionali europei, della NATO e di tutte le altre piattaforme multilaterali di cui fa parte Budapest? Sono alcune delle riflessioni che circolano all’indomani della vittoria elettorale di Viktor Orban in Ungheria. In molti, poi, accostano l’affermazione di Orban alla vittoria del filo-russo Aleksandar Vucic in Serbia. Vucic tuttavia non fa parte della UE. È, al più, ante portas, mentre Orban è intra moenia.

Veniamo ad Orban: è indubbio che negli ultimi anni abbia accentuato la sua curvatura verso Mosca e Pechino, e che la sua ingombrante figura ricorra nelle conversazioni a Bruxelles e sui principali media occidentali. E’ altrettanto ovvio che la vittoria di Orban sia una doccia fredda per chi si augurava una sua rapida uscita di scena. Tuttavia, voti alla mano, non è un’opzione data, e non resta che riaprire il dossier-Orban. Al momento, è possibile distinguere quattro diversi tipi di atteggiamento.

C’è chi chiede il pugno di ferro. È l’approccio di chi chiede di marginalizzare ulteriormente Orban, che già da anni è ‘dietro la lavagna’. Al momento, però, l’espulsione dell’Ungheria dalla UE o dalla NATO non è affatto all’ordine del giorno, e al più si leggono inviti, come quello di Gideon Rachman sul Financial Times, ad aumentare la pressione su Orban. Budapest continua a fare parte anche di altre piattaforme multilaterali, come la Three Seas Initiative, il cui centro di impulsi e principale finanziatore rimangono gli Stati Uniti.

C’è chi esulta. Ad applaudire Orban oggi è soprattutto chi, in Europa e anche in Italia, vede nella sua vittoria la sostanziale tenuta del blocco sovranista, declinante da tempo nel resto del Vecchio Continente. Quasi a dire che, con il sovranismo, toccherà invece fare i conti e scendere a patti. Ma è una lettura frettolosa e carica di aspettative, che il più delle volte tradisce l’insicurezza di chi, dalle nostre parti, sente il terreno franare sotto i piedi.

C’è chi confida in una provvidenziale ‘mutazione’ di Orban. Orban si rivela infatti un camaleonte che ha cambiato registro numerose volte registro nel corso della sua carriera politica. Da studente universitario, trascorse qualche mese a Oxford beneficiando di una borsa di studio stanziata da George Soros. Soros fu a sua volta finanziatore di Fidesz, l’alleanza dei giovani democratici messa in piedi da Orban. Acqua passata: il sodalizio tra Orban e Soros è rotto da tempo, la loro ostilità è ampiamente nota, e oggi Orban è l’icona del putinismo più vistosa all’interno del consesso europeo. L’impressione, tuttavia, è che la ricerca del consenso domestico, in Orban, faccia sempre premio sull’ideologia. Orban, in altre parole, può cambiare di nuovo pelle se ritiene che ciò gli convenga.

C’è, infine, chi tiene aperti i boccaporti con Budapest. È il caso di Macron, che ha mostrato una certa cordialità nel corso dell’incontro ufficiale con Orban sul finire dello scorso anno all’Eliseo, così come nel marzo dello scorso anno, a margine del vertice del Consiglio UE. Anche più sfumata appare la posizione della Germania, che però rimane il principale riferimento economico di tutto il fianco orientale dell’Unione ed è di gran lunga la prima destinazione dell’export ungherese. I numeri parlano chiaro: nel 2020, l’Ungheria ha esportato beni e servizi in Germania per circa trenta miliardi di euro, quasi sei volte il volume di esportazioni verso la seconda destinazione (la Slovacchia). La Germania, quindi, dispone degli argomenti più forti rispetto ad Orban. Tra l’altro l’ipotesi che i cinesi, che hanno fatto massicci investimenti in Ungheria, possano aumentare all’infinito il loro sostegno a Orban appare oggi meno verosimile. Come la UE si è compattata in difesa della Lituania, oggetto di ritorsioni economiche da parte della Cina, così il sostegno cinese ad Orban si tradurrebbe in una ulteriore divaricazione tra Cina e UE. Proprio ciò che Pechino sta provando a scongiurare in ogni modo (e senza particolare successo).

Back To Top