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Vi spiego le mire geopolitiche di Qatar e Arabia Saudita sulla Siria. Parla Ardemagni (Ispi)

Per il Qatar e soprattutto per l’Arabia Saudita, la Siria rappresenta un tassello fondamentale nella scacchiera regionale. Conversazione con Eleonora Ardemagni, ricercatrice dell'Ispi.

Arabia Saudita e Qatar hanno annunciato l’intenzione di ripagare il debito arretrato della Siria con la Banca Mondiale. Una cifra di 15 milioni di dollari. Nella dichiarazione congiunta, Riad e Doha hanno spiegato le conseguenze di tale scelta: “Questo impegno aprirà la strada alla ripresa del sostegno e delle operazioni della Banca Mondiale in Siria dopo una sospensione di oltre 14 anni”. Eleonora Ardemagni, ricercatrice associata senior dell’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (Ispi), spiega cosa voglia dire questa mossa e il ruolo dei due paesi del Golfo nella regione.

Oltre alle conseguenze sulla Siria, qual è il significato della mossa di Qatar e Arabia Saudita?

Per il Qatar e soprattutto per l’Arabia Saudita, la Siria rappresenta un tassello fondamentale nella scacchiera regionale. Per la prima volta dal 2003, quando l’invasione anglo-americana dell’Iraq aprì indirettamente la strada all’ascesa regionale dell’Iran e del cosiddetto Asse della resistenza, le monarchie del Golfo hanno oggi l’opportunità di esercitare influenza e promuovere nuovi equilibri strategici in Libano e in Siria, dopo il duro colpo subito da Teheran con Hezbollah e la caduta del regime di Assad.

Per l’Arabia Saudita e il Qatar, la stabilizzazione del Levante – e l’ulteriore indebolimento dell’influenza iraniana – sarebbe inoltre fondamentale per supportare i crescenti legami economici, energetico-infrastrutturali e di sicurezza con i paesi del Mediterraneo orientale”

Perché i due paesi del Golfo hanno preso questa iniziativa?

Da subito, Doha ha aperto alle nuove autorità siriane, mentre l’Arabia Saudita e soprattutto gli Emirati Arabi sono stati più prudenti. Adesso, la notizia relativa al debito siriano – insieme alla visita di Al Sharaa ad Abu Dhabi il 13 aprile – indica che le monarchie del Golfo hanno cambiato passo rispetto alla Siria: la contropartita, molto probabilmente, sarà un ruolo da protagoniste nella ricostruzione del paese.

Inoltre, le capitali arabe del Golfo sembrano al momento intenzionate a ‘giocare nello stesso campo’ in Siria, mettendo in secondo piano la competizione economica in nome della stabilità regionale. Si tratta tuttavia di un investimento geopolitico non privo di insidie nel medio-lungo periodo, data la matrice salafita-jihadista dei gruppi ora al potere a Damasco e delle tensioni settarie con gli alawiti.

Negli ultimi anni abbiamo visto crescere l’influenza di Riad e Doha come mediatori in diverse crisi. Qual è il loro obiettivo? Perché e come sono diventati attori imprescindibili nelle trattative internazionali?

L’obiettivo delle monarchie del Golfo è utilizzare la diplomazia come strumento di potere geopolitico, rafforzando il ruolo internazionale di Arabia, Qatar ed Emirati nell’ordine multipolare. Sono tante le crisi, regionali e internazionali, in cui le monarchie stanno provando a mediare, ponendosi come arbitri che non pongono precondizioni alla mediazione.

Al di là dei risultati, a queste leadership interessa essere nella mediazione e, spesso, ospitare colloqui, per moltiplicare la capacità di influenza e guadagnare “crediti politici” da spendere, anche, su altri tavoli strategici. Inoltre, la promozione della stabilità, regionale e internazionale, è davvero una priorità per Riyadh, Doha e Abu Dhabi, poiché i processi di diversificazione economica ‘oltre gli idrocarburi’ in corso possono avere successo solo in un contesto stabile.

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