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Gas Italia Algeria

Non solo gas. Storia e cronaca dei rapporti Italia-Algeria

Il contratto per il gas è importante per l’Italia ma non lo è meno per l’Algeria: non dovrebbe trattarsi solo di un pilastro della nostra sicurezza energetica, ma anche di una base su cui costruire un rapporto finalmente più strutturato. L'articolo di Antonio Armellini per Affarinternazionali

 

L’accordo fra Italia e Algeria per la fornitura di gas – uno degli ultimi atti di grande rilievo del governo Draghi – non è stato solo una indispensabile boccata d’ossigeno per la nostra sicurezza energetica, ma potrebbe segnare finalmente il salto di passo nelle relazioni bilaterali, sempre ricercato e mai veramente realizzato.

Breve storia dei rapporti italo-algerini

Senza voler riandare ai tempi di Visconti Venosta e della competizione per l’influenza nel Maghreb, conclusasi con la supremazia francese e la creazione di comunità italiane in Tunisia ed Algeria via via sfrangiatesi nel tempo, l’Algeria ha sempre avuto uno spazio di rilievo nell’attenzione italiana. L’appoggio convinto di una parte rilevante dell’opinione pubblica alla lotta per l’indipendenza del FLN – di cui il film di Gillo Pontecorvo ‘La battaglia di Algeri’ divenne il portavoce universale – avrebbe dovuto tradursi in un rapporto particolarmente stretto con la nuova Algeria indipendente, anche se questa non tardò ad allontanarsi dalle visioni iniziali di democrazia.

Lo divenne invece per l’Eni di Mattei, che aveva finanziato generosamente il FLN e il cui rappresentante ufficioso presso il FLN, Mario Pirani, aveva esercitato una notevole influenza. Influenza e prestigio che non sono mai venute meno, ma hanno stentato a tradursi in un vantaggio complessivo per il “sistema Italia”. Il problema non è solo qui; la politica estera dell’Eni e quella dell’Italia si sono svolte spesso in autonomia – per non dire in separazione; l’incapacità di “fare sistema” è una tabe antica della nostra politica estera e non riguarda certo solo l’Eni; la presenza francese si basa su centotrenta e più anni di storia e non è cancellabile. Sta di fatto che la nostra posizione non è diventata quella che potrebbe – e in realtà dovrebbe – essere.

Mattei a parte, non sono mancate le occasioni. La Comunità di S.Egidio cercò di replicare il successo del Mozambico ponendosi come mediatore della guerriglia succeduta al quasi colpo di stato dei primi anni novanta; andò male e il termine santegidio divenne sinonimo di “traditore” nella parlata politica corrente, ma una certa impronta è rimasta. Ci furono gli anni di grande impegno del governo Craxi, con un profluvio di interventi finanziari rimasti in parte sulla carta. Ci fu il mega-investimento Fiat, avviato e mai portato a termine mentre l’impianto – una replica esatta della fabbrica Fiat di Termoli – restava in attesa di un nuovo destino.

Le opportunità della ‘missione Draghi’

Le privatizzazioni annunciate da Bouteflika sul fare del nuovo millennio portarono al tentativo di replicare il modello italiano, in particolare quello dell’IRI, anch’esso finito nel nulla nonostante una missione guidata dall’allora Direttore Generale del Tesoro, Draghi. C’è stata una dinamica costante di imprese spesso medio-piccole, in particolare nelle costruzioni. Si è trattato di sforzi spesso politicamente e finanziariamente significativi, ma che hanno avuto un carattere “spot” e non hanno determinato un profilo politicamente più rilevante del nostro paese.

Le cose però potrebbero cambiare. La missione di Luigi di Maio e Claudio Descalzi ad Algeri è stata criticata da alcuni come un asservimento della nostra politica estera agli interessi di una azienda, sia pure chiave, mentre è vero il contrario e potrebbe segnare l’avvio di una nuova fase di azioni politicamente ed operativamente integrate, da cui l’interesse del nostro paese avrebbe solo da guadagnare.

Il contratto per il gas è importante per l’Italia ma non lo è meno per l’Algeria: non dovrebbe trattarsi solo di un pilastro della nostra sicurezza energetica, ma anche di una base su cui costruire un rapporto finalmente più strutturato. L’Italia non sarà mai la Francia per gli algerini, sono per primi essi a chiedersi perché appariamo distratti, se non riottosi a prendere lo spazio che sarebbe a sua disposizione. Le opportunità ci sono, tanto con la leva bilaterale quanto con quella comunitaria, dove siamo ricchi di proposte ma un po’ più poveri di sostanza. La missione Draghi potrebbe essere un buon inizio; per il futuro speriamo, una volta che crisi e giravolte elettorali avranno lasciato più libero il campo.

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