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Non solo Andrea Giambruno. Tutti i dossier di Giorgia Meloni

Cosa dice e come si muove il presidente del Consiglio fra Roma e Tel Aviv. La nota di Paola Sacchi

È stato il giorno del premier (al maschile, come lei preferisce essere definita) “Giorgia”, la prima in Italia presidente del Consiglio donna e a capo di FdI. Con poche, secche parole liquida a Il Cairo i cronisti che fanno l’inevitabile domanda anche sulla sua vita privata sotto tutti i riflettori. Il privato è pubblico, tanto più per esponenti politici, cariche istituzionali e in epoche di social da “villaggio globale”. Si dà però il caso che in Italia il privato sia ancora più pubblico, stando semplicemente ai fatti, per gli esponenti del centrodestra, da Silvio Berlusconi che ne è stato il fondatore, Matteo Salvini (non fu risparmiato neppure suo figlio minorenne nei giorni del Papeete) a Giorgia Meloni, adesso. Sotto torchio anche lei, premier e madre di una bambina di 7 anni, avuta dal suo ex compagno, il giornalista Andrea Giambruno con cui la relazione è finita pubblicamente, dopo il video di Striscia la notizia.

Da ex premier a vicepremier all’attuale premier, tutti di centrodestra, il fango sulle rispettive vite private non è stato certamente avaro con loro. Con tanto di “sciacallaggio” mediatico e da parte di alcuni esponenti di sinistra. Li ha immortalati ieri in un editoriale Daniele Capezzone su Libero Quotidiano, di cui è direttore editoriale, insieme con Mario Sechi, direttore responsabile. Per completezza editoriale va anche ricordato che Matteo Renzi, ex premier, ex leader del Pd, ora di Iv, è stato finora l’unico esponente di rilievo del centrosinistra, la cui vita privata ha ricevuto la stessa attenzione avuta dai leader del centrodestra, con tanto di buona dose di fango non risparmiata anche ai suoi genitori.

Quanto al premier Meloni, donna e madre, come ha ricordato Capezzone, ha ricevuto solo una frettolosa, formale solidarietà con tanto di se e ma, per via della sua collocazione politica, da parte delle “femministe” di sinistra, che si sono attribuite il ruolo di uniche paladine dei diritti delle donne. Ma Meloni ha liquidato la tempesta mediatica sulla sua vita privata non solo con le poche secche parole ai giornalisti a Il Cairo (“Sto molto bene, questo non fa parte della politica, non ne parlo”), ma soprattutto con la politica stessa.

Politica estera, che, con la linea esposta al vertice internazionale sulla “pace” in M.O., dove è stata invitata dal presidente egiziano Abdel Fattah Al Sisi, ha rimesso al centro l’Italia. Questo nel solco della nostra politica estera, quella della Repubblica, perseguita dai Bettino Craxi e Giulio Andreotti, e ora aggiornata, anche con la mediazione del ministro degli Esteri, vicepremier e leader di FI, Antonio Tajani. Il premier “Giorgia” non nomina i suoi predecessori alla plancia di comando a Palazzo Chigi della cosiddetta Prima Repubblica, che sarebbe più appropriato definire la Repubblica. Ma è evidente che a questa cultura della nostra politica estera, che fa dell’Italia un modello, Meloni si riferisce quando si rivolge a Al Sisi: “Presidente, è doveroso per l’Italia essere qui, per il suo ruolo storico di ponte tra Europa, Mediterraneo e Medio Oriente”.

Mentre la tempesta mediatica sulla sua vita privata, non così dissimile da quella di tanti comuni mortali che si lasciano, impazzava in Italia (quasi come se non fossimo a pochissime ore di volo da Tel Aviv o Beirut), Meloni ha di fatto spento con la centralità della politica estera italiana in questo grave frangente i riflettori sulla storia finita con il padre di sua figlia, Giambruno. Ovvero, Il giornalista autosospesosi da Mediaset che, a sua volta, come ha ancora scritto Capezzone dando una lezione di stile, meriterebbe maggiore rispetto e non calci mediatici nel suo momento di più grande difficoltà, dopo quell’inopportuno fuorionda catturato da Antonio Ricci.

L’ amministratore delegato di Mediaset, Pier Silvio Berlusconi, con una telefonata a Meloni, ha chiesto scusa per quella messa in onda, dicendo che lui stesso non ne sapeva proprio niente. Per chi ha lavorato in grandi giornali e gruppi editoriali dalla complessa gerarchia della scala piramidale c’è da credergli, anche di fronte a improbabili retroscena politici a sinistra che alludono alla responsabilità diretta dei Berlusconi. Il premier “Giorgia”, dunque, spegne di fatto “l’affaire” con la politica, quella per la quale la maggioranza degli elettori l’ha votata con il suo partito il 25 settembre del 2022.

Meloni oggi a Il Giornale, per il primo compleanno dell’insediamento del suo governo con gli alleati di Lega e FI, sottolinea che la manovra di Bilancio, a dispetto dei gufi dell’opposizione, ha già ricevuto l’ok di Standard and Poor’s. “È la conferma che stiamo andando nella giusta direzione”, osserva Tajani. E l’altro vicepremier, ministro delle Infrastrutture-Trasporti, Salvini, leader della Lega, ribadisce che “questo governo durerà cinque anni, non un giorno di meno”. “Con Salvini lavoro bene. Forza Italia è in salute”, dice Meloni a Il Giornale di Alessandro Sallusti. Smentendo, dunque, retroscena e dichiarazioni di esponenti delle opposizioni con l’amplificazione di sfumature inevitabilmente diverse in una coalizione unita ma sempre plurale, tanto più in vista delle Europee, dove ogni forza politica correrà con il proporzionale.

Ma è lo scenario internazionale che tiene banco. Meloni, a Il Cairo, torna a tracciare, di fronte allo sguardo attento e anche ammirato del presidente egiziano, un solco netto contro il terrorismo di Hamas. Il premier premette che “la solidarietà a Israele è senza ambiguità”, quindi il governo Italiano sostiene con nettezza “il diritto di Israele a difendersi, a esistere, a vivere in sicurezza, ma senza spirito di vendetta”. Meloni sottolinea: “Quella di Hamas, deĺla jihad islamica non è la causa del popolo palestinese. I terroristi vogliono impedire la pace, noi, presidente Al Sisi, possiamo partire da punti di vista diversi, ma abbiamo interessi comuni: assicurare la pace che Hamas vuole impedire. La principale vittima del terrorismo è proprio il mondo musulmano”. Impedire, quindi, “che il conflitto diventi una guerra di religione, uno scontro tra civiltà”.

Poi, a margine del vertice, il premier ha un colloquio con lo stesso Al Sisi e anche con Mahmud Abbas (Abu Mazen), presidente “della legittima Autorità Palestinese”. Meloni rilancia la formula “Due Popoli, due Stati”. Ma, intanto, de-escalation, aiuti umanitari a Gaza per la popolazione civile, rilascio immediato degli ostaggi. Poi vola in Israele, a Tel Aviv, per un incontro di un’ora con il premier Benjamin Netanyahu: “Continuare a combattere ogni forma di anti-semitismo oggi come ieri”, dice Meloni, abbracciando “Bibi” e ricordando che nella giusta autodifesa di Israele “va rispettato il diritto internazionale”.

Una giornata intensa sul fronte mediorientale. E oggi sul fronte politico interno del centrodestra la prima vera prova elettorale per Forza Italia, ma anche per l’intera coalizione a Monza, dove è Adriano Galliani in campo, contro Marco Cappato, per le Suppletive che decideranno chi prenderà il posto di Berlusconi, fondatore del centrodestra, in Senato. Tajani stringe i bulloni della macchina organizzativa azzurra in vista del congresso nazionale di febbraio al Palazzo dei Congressi, a Roma.

Approvati all’unanimità, dalla segreteria nazionale di FI, con alcuni emendamenti, tre documenti sul regolamento dei congressi, aperti anche agli iscritti, e quello con regole stringenti per i contributi dei parlamentari nazionali, europei e consiglieri regionali. “Una svolta -dice una nota di FI -all’insegna del rigore per gli aspetti finanziari che riguardano il partito”. Prevista anche la possibilità di non essere più ricandidati. Si potrebbe dire, anche in questo caso, “quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare”. A partire da il premier “Giorgia” .

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