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NAVALNY

Cosa può fare l’Italia per onorare Navalny

L'intervento di Marco Mayer, professore di Intelligence e Sicurezza nazionale alla Lumsa

 

Qualunque ne sia la causa, la morte di Alexey Navalny — rinchiuso in isolamento (per una condanna a 19 anni) nella colonia penale “Polar Wolf” sopra il circolo polare artico — toglie ogni dubbio residuo sul fatto che le elezioni presidenziali della Federazione Russa il prossimo 17 marzo 2024 saranno una tragica farsa.

Nonostante il regime putiniano avesse messo in atto misure repressive, dieci anni fa Navalny era riuscito a candidarsi (arrivando secondo con il 27,4% dei votanti moscoviti) alle elezioni municipali del 8 settembre 2013 per il Sindaco di Mosca.

Le libertà politiche e civili erano già limitate, ma da allora il processo di involuzione autoritaria ha subito una progressiva accelerazione di cui l’opinione pubblica italiana non è stata adeguatamente informata dai media, forse ancora nostalgici del mito di Pratica di Mare.

Per indorare la pillola sui giornali si continua a parlare genericamente di autocrazia; la verità è che nell’ultimo decennio la Federazione Russa è precipitata in una feroce dittatura fondata sulla dura repressione interna e su una aggressività internazionale che richiama alla memoria le invasioni dei carri armati sovietici a Budapest (1956), Praga (1968) e Kabul (1979).

Per dare un’idea dei livelli di involuzione politica basti ricordare che pochi mesi fa, il 18 agosto 2023 — con la sacra benedizione di un prelato — è stato inaugurato con grande clamore mediatico una statua di Stalin nella città di Velikji Luke suscitando polemiche persino all’interno della Chiesa Ortodossa Russa il cui orientamento è notoriamente filoputiniano. Evidentemente qualcuno si deve essere ricordato che in trenta anni di regime staliniano sono state uccise decine di migliaia di sacerdoti cristiani e distrutto un numero ancora  superiore di chiese.

Che fare?

La morte di Alexey Navalny segna tragicamente uno spartiacque e la politica italiana — possibilmente unita — deve reagire.

Ho ben chiare le mille diversità dei contesti storici (e delle responsabilità che nel caso Navalny sono tutte da accertare) ma quando ho appreso la notizia della morte di Navalny per un riflesso condizionato ho pensato a Giacomo Matteotti e alla storia del ventennio successivo.

Servono gesti di protesta eclatanti che segnalino agli occhi del mondo la brutalità liberticida del Cremlino che peraltro non consente neppure alle madri dei militari russi uccisi in combattimento in Ucraina di manifestare per le vie di Mosca.

La prima cosa, prendendo spunto da quanto la nostra nazione ha fatto per Elena Bronner moglie di Andrei Sacharov, è invitare la madre Iumilla e la moglie Iulia in Italia e approfondire con loro quasi sono le migliori scelte per onorare la memoria di Alexey Navalny e per sostenere con maggiore energia le sue grandi battaglie di libertà.

Ma accanto alla solidarietà umana serve anche una decisione più politica per far capire ai piani alti del Cremlino che con l’Italia in materia di libertà non si scherza. Su questo versante, molto significativa (anche per la sua fitta rete di relazioni in Italia) e certamente una ipotesi da esplorare è la  revoca ad Alexey Miller dell’onorificenza di Grande Ufficiale della Repubblica Italiana.

Al di là della persona, Gazprom è uno dei maggiori pilastri su cui si regge il regime di Vladimir Putin.

Francamente non mi pare che il presidente ed amministratore delegato di Gazprom si meriti ancora la prestigiosa onorificenza italiana che ha ricevuto nel 2010 dall’ambasciatore Vittorio Claudio Surdo, all’epoca titolare dell’Ambasciata italiana a Mosca.

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