Che la mozione sarebbe andata incontro a un fallimento era già evidente dai numeri in partenza. Ma poiché la politica non è fatta di sola matematica il primo a dare l’idea della secca sconfitta che le opposizioni (tutte, compresa Iv di Matteo Renzi) si sono imposte, con una immagine plastica più che eloquente del loro bruciante autogol, è Fabio Rampelli, vicepresidente della Camera, cofondatore di FdI.
Rampelli definisce quella mozione di sfiducia a Matteo Salvini, respinta seccamente con 211 voti contrari e 129 voti favorevoli, con tanto di applausi dai banchi della maggioranza (indirizzati al vicepremier, titolare del Mit, dove era rimasto, e leader della Lega) “un assist al governo”. Con sarcasmo Rampelli dichiara: “Ringraziamo l’opposizione per aver rafforzato con questo voto il governo e la maggioranza che lo sostiene. In molti in Italia avevano il dubbio che non fossero attrezzati per uno scontro con il centrodestra, per togliere ogni dubbio ci hanno fatto il primo assist e domani (oggi mozione di sfiducia al ministro del Turismo Daniela Santanchè ndr ) arriverà il resto”.
Esulta sui social Salvini, che era stato già difeso in aula alla Camera in particolare con forza da Augusta Montaruli, esponente di FdI molto vicina al premier Giorgia Meloni. Salvini è lapidario: “Ennesima figuraccia della sinistra, andiamo avanti col nostro lavoro”.
Muoiono all’alba i sogni di chi forse aveva sperato non certo di vincere, ma se non altro di iniziare ad aprire qualche piccola crepa nei numeri, magari a registrare qualche vistosa assenza, dopo una narrazione di sinistra da linciaggio mediatico nei confronti di Salvini, descritto come il “filo-russo”, nonostante il suo partito abbia sempre votato a favore del sostegno militare a Kiev. E nei giorni scorsi era arrivata una nota secca della Lega dove si spiega che l’accordo con Russia Unita non solo non è mai stato operativo ma la Lega non ha più niente a che vedere con il Putin che ha scatenato la guerra, ricordando che con il Putin precedente tutti i governi occidentali e italiani – da quelli di Enrico Letta a quelli di Matteo Renzi e Paolo Gentiloni – avevano avuto a che fare politicamente.
Ma Renzi, che invece per un garantismo a targhe alterne e, comunque, sempre non tale per Salvini (pollice verso su Open Arms) oggi voterà no alla sfiducia a Santanchè, ha scelto la strada stavolta di seguire Azione di Carlo Calenda che prima firmataria si era eretta a titolare di una sorta di cattedra con rilascio di patente di democrazia agli altri partiti e in particolare alla Lega. La sera di ieri sera è finita mestamente per le opposizioni tutte che avevano sperato in qualche scricchiolio nella maggioranza dopo che Salvini ha aperto una campagna elettorale per le Europee dove si sta distinguendo da Meloni e Forza Italia con l’alleanza con tutte le destre di Id. Salvini era stato descritto come il nemico interno di “Giorgia”, l’uomo che avrebbe prima o poi aperto la crisi.
Ma i sogni a sinistra muoiono all’alba. Gli autogol restano, con tanto di forti mugugni interni ai dem nella cosiddetta area riformista sulla figuraccia di un fronte delle opposizioni che è andato a sbattere sulla strategia delle sfiducie.