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5 stelle

Gli amorazzi a 5 stelle di Conte con i magistrati

Il sorpasso delle 5 Stelle sul Pd nei rapporti con la magistratura. I Graffi di Damato.

A proposito delle analogie, da alcuni avvertite e da altri contestate, fra le “mani pulite” a Milano nel 1992 e i “grattacieli puliti” di 33 anni dopo, sempre a Milano, mi sovviene un‘ammissione, confessione e quant’altro dell’ultimo segretario del Pci e primo del successivo Pds Achille Occhetto. Che si rammaricò a suo tempo del fatto che l’inchiesta sul finanziamento illegale dei partiti e, più in generale, della politica avesse finito per influenzare l’esito del confronto, a dir poco, apertosi fra i comunisti e i socialisti per l’egemonia a sinistra, e per un suo complessivo ridisegno, dopo il crollo del muro di Berlino.

Allora Bettino Craxi fece sventolare le bandiere orgogliosamente propiziatrici dell’”unità socialista” sotto l’insegna del garofano. Propiziatrici per lui, che dal 1976, cioè dal suo arrivo alla segreteria socialista, perseguiva il riequilibrio dei rapporti di forza fra Pci e Psi, minacciose per Occhetto e compagni. Che si arroccarono in difesa e cavalcarono la vicenda giudiziaria di “mani pulite” per salvarsi dal compagno-nemico che incombeva.

I magistrati con la loro azione a Milano, rapidamente emulata altrove, apparvero così decisivi, volenti o nolenti, a favore del partito di Occhetto, tanto da provocare un contrappasso dantesco. Alle elezioni anticipate del 1994 vinse il centrodestra improvvisato da Silvio Berlusconi. E lo stesso Occhetto perse poi la guida del suo partito. La sinistra quindi, nel suo complesso e nelle nuove denominazioni dei partiti che la componevano, riuscì a godere solo dei guai di Craxi. Per il resto essa si condannò ad un’avventura che ancora continua come tale, tra alti e bassi, ma più bassi che alti, e nuove divisioni al suo interno.

È proprio su queste divisioni della sinistra che rischia di cadere come un incidente, più che come un aiuto, la vicenda giudiziaria dei “grattacieli puliti”, che finisce per svolgere, all’interno del cosiddetto campo largo della futuribile alternativa al centrodestra di Giorgia Meloni, un ruolo a favore non del Pd ma dei suoi concorrenti, a cominciare da ciò che pur resta del Movimento 5 Stelle presieduto da Giuseppe Conte. Del quale è nota l’ambizione a tornare a Palazzo Chigi. Ma anche la cura con la quale ha cercato, e mi pare che sia anche riuscito a fare del suo movimento la sponda maggiore della magistratura, o di certa magistratura.

Non è un caso, credo, che al Senato abbia parlato contro l’approvazione, nel secondo degli almeno quattro passaggi parlamentari richiesti, della riforma costituzionale della giustizia per conto delle 5 Stelle l’ex procuratore generale della Cote d’Appello di Palermo Roberto Scarpinato. Ed ha parlato – altra curiosa coincidenza – mentre la sinistra incorreva in un’altra disavventura giudiziaria nelle Marche, all’avvio ufficiale della corsa dell’ex sindaco di Pesaro Matteo Ricci alla presidenza della regione.

Il diavolo, come si sa, si nasconde nei dettagli. O il veleno sta nella coda.

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