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Tutti i falsi miti su Craxi e Berlinguer

Chi c'era e cosa si è detto alla presentazione del libro "Mitologie italiane" presso la Fondazione Craxi. L'articolo di Paola Sacchi.

 

“Il Pci sostituì il vuoto della sua elaborazione politica con la questione morale di Berlinguer che portò alla delegittimazione dell’avversario, al giustizialismo, alla via giudiziaria al potere. Mentre Craxi modernizzava l’Italia degli 80, valorizzando la piccola e media impresa, Berlinguer parlava di preziosità della lezione leninista e il suo portavoce dava a Craxi dell’avventuriero, del bandito”. Stefania Craxi, senatrice di FI, presidente della commissione Esteri e Difesa, parla di uno di quei falsi miti che hanno dominato la storia del nostro Paese, sfociato nell’attacco al primato della politica, falsi miti ancora vivi, “dove ancora oggi la riflessione è soffocata dalla polarizzazione”. Non è un caso forse che le uniche critiche venute finora al suo libro – scritto con lo scomparso , un anno fa, Antonio Pilati – come racconta Riccardo Pugnalin alla presentazione di Mitologie italiane. Idee che hanno deviato la storia (Luiss University Press), avvenuta ieri alla Fondazione Craxi, siano quelle di due esponenti della sinistra. Che, “seppur per carità con educazione ma con una certa violenza dialettica hanno contestato il fatto che per noi il berlinguerismo è stato prodromico al populismo”.

“I grillini sono figli delle monetine”, chiosa la Craxi. Annuisce Ettore Rosato, deputato di Italia Viva: “Bisogna vedere se fossero più colti o più incolti di quelli di prima”. Rosato, un ex dc che scherza poi a margine dell’evento, “prima hanno scritto che stavo andando in FI, oggi mi hanno dato verso la Lega addirittura” (sorride ndr), ha partecipato nel gennaio scorso a tutte le cerimonie a Hammamet della Fondazione per l’anniversario della scomparsa dello statista socialista. E a proposito di falsi miti taglia la testa al toro su uno fondamentale: la demonizzazione della Prima Repubblica: “I successi del nostro Paese sono basati proprio sulla Prima Repubblica, sulla quale ancora oggi si regge la stabilità italiana”.

Il libro di Pilati e Pugnalin, ricorda il politologo Giovanni Orsina, docente della Luiss, presidente del comitato scientifico della Fondazione Craxi e autore della prefazione del libro, “ha il pregio di far raccontare la storia non da due storici, ma da due grandi comunicatori”. “Non demonizza gli anni 80, affronta l’europeismo, dal quale non si può ovviamente prescindere, senza dogmi, senza eurolirismo (altro mito)”, introduce il dibattito Nicola Carnovale, direttore generale della Fondazione Craxi.

Daniele Capezzone, giornalista, saggista e opinionista per Mediaset, ex politico, autore di libri come Likecrazia e Per una nuova destra, per Piemme, mette il dito nella piaga della falsa rappresentazione dello scontro sull’europeismo, “da un lato gli sfascisti della Ue, dall’altra l’eurolirismo, con cui i governi con la sinistra sono andati avanti, sul refrain: ce lo chiede l’Europa e quindi se le cose non funzionano per l’Italia, non si riesce a fare una seria riflessione unitaria ma si reagisce come ha fatto Emma Bonino con ‘serve più Europa’”.

Insomma, come dice anche la Craxi, non si riesce a riflettere e discutere serenamente su come far valere gli interessi nazionali nel contesto europeo, ma si va avanti nel dibattito politico con slogan. Mentre non si è mai affrontato davvero il motivo per cui il sogno di Carlo Cattaneo, il federalismo europeo sia rimasto un sogno spezzato. Chi pone il problema è etichettato come un “becero sovranista o popolo bue”, chiosa Carnovale.

Ma il libro parte da lontano, “dalla fragilità dell’identità di un Paese, unificato solo nel 1861, tra diversità e eterogeneità che permangono, tra Nord più europeo e Sud che è soprattutto Stato e aiuti statali”, ricorda Orsina. Dal volume emergono “i due giganti Alcide De Gasperi e Bettino Craxi”, dice Capezzone. Il primo che ridette l’identità al Paese poggiandolo sulle istituzioni dell’Atlantismo; il secondo che “con il suo riformismo milanese è stato il più grande interprete della modernità”, sottolinea Pugnalin. E, intanto, “ancora oggi pure scrittori di destra scrivono cose in cui a Craxi viene attribuito tutto il debito pubblico”, ricorda Carnovale.

La Fondazione ha fatto una pubblicazione dal titolo I conti di Craxi, con una serie di economisti di vaglia che smentiscono un altro falso mito, luogo comune da bar. E, per dirla tutta, visto che il libro breve, ma intenso, va molto oltre nel tempo, Capezzone dice che andrebbe fatta anche una seria riflessione “sull’Italia liberale, prefascista: non tollero che sia cancellata dai comunisti”.

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