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Donald Trump

Lo sapete che dopo le Midtem ci sarà il Congresso Usa più trumpiano di sempre?

Il post di Gianluca Di Tommaso

Invece di vincitori e vinti, ho provato ad analizzare i risultati delle Midterms2018 nell’ottica delle elezioni presidenziali del 2020 e ho estratto alcuni elementi chiave, tentando di spiegarli in una sequenza logica.

1) Se abbiamo pensato che gli Stati Uniti fossero una nazione molto divisa al suo interno due anni fa, oggi questa divisione è ancora più netta e marcata. In particolare, dal punto di vista geografico della distribuzione del voto: le aree rurali e le estreme periferie degli stati del Sud votano sempre più per i Repubblicani, mentre le città e i sobborghi, soprattutto quelli residenziali con una popolazione più istruita e quindi più ricca, votano sempre più per i Democratici.

2) I Democratici sono riusciti a conquistare la maggioranza della Camera dei Rappresentanti nonostante un aggressivo ridisegno dei collegi da parte di moltissimi governatori repubblicani. Per farlo hanno dovuto conquistare il cosiddetto “voto popolare”, cioè i voti complessivi su base nazionale, che ai fini elettorali negli Stati Uniti non contano nulla, ma è un forte indicatore di tendenza. I Democratici, infatti, hanno aumentato il consenso popolare (+8%) in loro favore rispetto alle presidenziali del 2016, in cui già Hillary Clinton aveva preso più voti di Donald Trump.

3) Soprattutto tra le fila dei Democratici, c’è stata una vittoria massiccia dei candidati donna. Oltre 100 saranno quelle che occuperanno un seggio alla Camera. Un segnale importante mentre si va verso delle primarie apertissime e molto affollate, anche di donne.

4) Non si può assolutamente sottovalutare il risultato dei Democratici nella “Rust Belt”. Infatti, hanno mantenuto tutti i seggi al Senato che c’erano in ballo (Minnesota, Wisconsin, Michigan, Ohio, Pennsylvania), tranne il seggio dell’Indiana che è ormai da considerare una roccaforte trumpiana. Hanno conquistato nuovi distretti della Camera in cui gli uscenti erano repubblicani (PA-17, MI-11, IL-14, IA-1, IA-3, MN-2 e altri). Hanno vinto i loro candidati governatori in Michigan, Illinois e Wisconsin contro gli uscenti repubblicani, hanno confermato i governatori di Minnesota e Pennsylvania, ma hanno fallito in Ohio (grave, punto numero 7 più in basso). Tranne Minnesota e Illinois, quelli citati di quest’area sono stati i più decisivi per la vittoria di Donald Trump nel 2016 per alcune migliaia di voti. Una nota fondamentale: in queste zone i candidati Democratici erano tutti moderati. Forse hanno iniziato il recupero dei voti della classe operaia bianca?

5) Le stelle emergenti dei Democratici, tutti su posizioni fortemente progressiste, nei 3 principali Stati della “Sun Belt” hanno fallito. Andrew Gillum ha perso in Florida contro Ron DeSantis che sarà il nuovo governatore; anche se per adesso si è rifiutata di riconoscere la sconfitta, Stacey Abrams ha perso contro Brian Kemp (uno che ne ha combinate di ogni) per il governatorato della Georgia; Beto O’Rourke in Texas ha perso la sfida per il Senato contro l’uscente Ted Cruz. A proposito del Texas, se non ce l’ha fatta O’Rourke, ha senso per i Democratici spendere ancora tempo e soprattutto denaro per tentare di conquistare il Texas nel 2020?

6) Tra i governatori sono arrivate alcune sorprese negli stati centrali e del Sud-Ovest: i Democratici hanno vinto ancora il Colorado (che avrà un governatore dichiaratamente gay per la prima volta), hanno conquistato il New Mexico, uno stato profondamente repubblicano come il Kansas, ma soprattutto il Nevada. In quest’ultimo è stato conquistato dai Democratici anche il seggio per il Senato. Significa aver confermato una tendenza in questo stato che parte dalla vittoria di Obama nel 2008. E la stessa identica tendenza si può dire confermata in Virginia.

7) Donald Trump ha trascinato i Repubblicani alla vittoria in due stati importantissimi per le presidenziali del 2020: Ohio e Florida. Pur non essendo riusciti a conquistare il seggio del Senato (il democratico Sherrod Brown riesce sempre a fare la differenza con la sua personalità), in Ohio hanno confermato il governatorato e non hanno concesso ai Democratici di conquistare nemmeno un distretto della Camera che detenevano. In Florida, oltre ad aver mantenuto il governatorato, hanno strappato ai Democratici il seggio al Senato eleggendo Rick Scott.

8) Nota a margine sulla Florida. È passato un referendum importantissimo: è stato ristabilito il diritto di voto per i pregiudicati, cioè per i condannati di crimini non violenti che hanno già scontato la pena. Si tratta di circa 1,5 milioni di persone in più che potranno votare nel 2020, circa il 10% della popolazione dello stato e più del 20% dei neri adulti. Storicamente in Florida, così come anche in questa tornata elettorale, le distanze tra i candidati sono solo di alcune migliaia di voti in uno degli stati più popolosi. Se anche solo una parte di questi “nuovi elettori” andasse a votare, i sondaggisti potrebbero avere qualche serio problema.

9) Oltre che per quello in Florida, Donald Trump è stato decisivo anche per la conquista dei 3 seggi del Senato in Indiana, North Dakota e Missouri, in cui è riuscito a confermare i voti presi nel 2016. Ha concentrato moltissimi comizi in questi stati negli ultimi giorni. Ma ha fallito in altri due. In Kansas Trump aveva vinto di 21 punti contro Hillary Clinton, eppure i Democratici hanno eletto il governatore (certo, l’uscente Sam Brownback ha governato piuttosto male). In West Virginia è stato rieletto il senatore uscente Joe Manchin, anche se non è un democratico così “puro” (in uno spot sparò letteralmente alla legge sull’Obamacare), nonostante Trump nel 2016 vinse di ben 42 punti.

10) Rafforzando la maggioranza al Senato, Donald Trump si è garantito la possibilità, qualora dovessero dimettersi o addirittura morire, di nominare altri due giudici della Corte Suprema. Infatti, due attuali giudici di posizioni liberal sono in età piuttosto avanzata: Ruth Bader Ginsburg compirà 86 anni a marzo prossimo e Stephen Breyer ne ha appena compiuti 80. Significherebbe monopolizzare la Corte Suprema non per anni, bensì per decenni.

11) Nei prossimi due anni avremo il Congresso più trumpiano di sempre. Grazie a una serie di (furbe) mancate ricandidature di nomi storici tra i Repubblicani, Trump ha davvero conquistato il partito e sta pian piano cambiando l’establishment dello stesso. Questo gli potrà garantire lealtà e sostegno nel corso della campagna elettorale per la sua ricandidatura nel 2020.

12) La maggioranza alla Camera per i Democratici è un’arma a doppio taglio. Se da un lato potranno fare parecchie cose, tra cui tentare di imporre l’agenda legislativa, bloccare le iniziative di Trump, avviare commissioni d’inchiesta, ecc., dall’altro lato sarà anche il perfetto alibi per Trump per rinviare le cose da fare, abusare del potere di emanazione degli ordini esecutivi e incolpare continuamente i Democratici di ostruzionismo.

13) Con la maggioranza alla Camera ci sono due possibili errori che potrebbero costare molto cari ai Democratici. Il primo è la rielezione di Nancy Pelosi come Speaker, abile negoziatrice, personaggio di puro establishment che ormai si è reso insopportabile alla gran parte della base del partito. Il secondo è l’avvio dell’impeachment senza i risultati chiari e definitivi dell’indagine del procuratore speciale Robert Mueller. Possono farlo e probabilmente lo faranno per motivi ideologici. Ma rischieranno di rafforzare Trump come non mai.

(tratto dal profilo Facebook di Di Tommaso, qui il link al post)

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