Skip to content

meloni schlein

Le sfide di Meloni e Schlein nelle elezioni europee

Mire, ambizioni e incognite per Meloni e Schlein nel voto delle europee. I Graffi di Damato.

La minaccia per l’Europa costituita dalla Russia di Putin, dopo più di due anni di guerra all’Ucraina, è stata riproposta insieme dai presidenti americano e francese, Joe Biden ed Emmanuel Macron, a seggi elettorali ancora aperti nel vecchio continente. Ma, ancor più, alla vigilia di un G7 in Italia organizzato dalla premier Giorgia Meloni, che vi sta arrivando in condizioni difficili, a dir poco, e a prescindere dai risultati elettorali, per i tentativi di parti consistenti della maggioranza e dello stesso governo di non ammettere, o addirittura di negare che l’Europa sia in guerra contro la Russia. Sì, in guerra fornendo aiuti militari e assistenza ad una Ucraina che è, fra l’altro, aspirante socia dell’Unione.

Se ai confini centrali e settentrionali dell’Europa la minaccia russa è costituita dall’aggressione all’Ucraina, ai confini meridionali, nel sempre martoriato Medio Oriente, la minaccia russa è costituita dall’appoggio, con l’Iran e derivati, al terrorismo palestinese. Al quale Israele, costruito dai sopravvissuti al genocidio programmato da Hitler ma incorsa ora nell’accusa di genocidio per la sua difesa da chi ne contesta il diritto all’esistenza, ha appena liberato l’ostaggio forse più suggestivo sequestrato dai terroristi di Hamas nel pogrom del 7 ottobre.

In questa morsa di date, fatti e circostanze, e sull’onda delle celebrazioni degli 80 anni dallo sbarco in Normandia e degli ancor più degli sbarchi in Sicilia e ad Anzio per la liberazione dell’Europa dal nazifascismo, si perdono un po’ come antistorici o marziani certi particolari che hanno contrassegnato buona parte della campagna elettorale finalmente conclusa. Dove le visioni generali si sono perdute inseguendo obiettivi di corto, ani cortissimo respiro. Con la Meloni interessata a misurare la sua forza nella stessa maggioranza, la Lega di Salvini a toglierle voti a destra e insieme a difendersi dal rischio di essere sorpassata dai forzisti di Antonio Tajani, perdendo intanto per strada il suo fondatore Umberto Bossi, E con le opposizioni dove la partita che si sta giocando è praticamente solo quella della segretaria del Pd Elly Schlein per distanziare il Movimento 5 Stelle di tanto quanto potrebbe bastare a contrastare l’ambizione neppure tanto negata da Giuseppe Conte di guidare al momento opportuno, se mai dovesse arrivare, un cartello di quella che Pier Luigi Bersani nei salotti televisivi chiama “alternativa” al centrodestra. O, più direttamente e sbrigativamente, alla destra.

Non ci resta, a questo punto, che attendere i risultati di questa – francamente e a dir poco – confusa campagna elettorale. Che ha sovrastato anche il rinnovo per niente secondario di oltre tremila amministrazioni comunali e di un Consiglio regionale come quello del Piemonte. La prima speranza è di non dovere registrare una fuga dalle urne, anziché una corsa. Come teme non il solo Stefano Rolli nella vignetta sulla prima pagina della Stampa.

Torna su