Altro che “scintille prima delle urne”, come le ha chiamate il Corriere della Sera nel titolo sulla conclusione della campagna elettorale per il rinnovo del Parlamento europeo. Ma anche di un consiglio regionale, quello del Piemonte, e di oltre tremila amministrazioni locali delle quali, in verità, si sono accorti in pochi. Eppure esse costituiscono un bel test per valutare – senza l’astrattezza del sistema proporzionale europeo, che non esiste più a livello nazionale – condizioni e prospettive dei patiti e schieramenti politici italiani.
Sulla conclusione della campagna elettorale, con Giorgia Meloni un po’ distratta, diciamo così, dalla festa dell’opera lirica italiana a Verona col presidente della Repubblica Sergio Mattarella e le altre maggiori autorità dello Stato, è caduta come lava incandescente la bomba di Matteo Salvini contro quel “criminale” che sarebbe diventato, secondo lui, il presidente della Repubblica di Francia, Emmanuel Macron, nella difesa armata dell’Ucraina aggredita dalla Russia di Putin.
“Il galletto”, ha definito Macron forse ancora più spregiativamente, nella sua ironia, un giornale – La Verità – particolarmente simpatizzante del vice presidente del Consiglio italiano e leader della Lega. Che si è proposto – fra i vari cantieri allestiti da ministro delle Infrastrutture – di sfuggire al sorpasso tentato dal partito forzista di Antonio Tajani all’interno del centrodestra.
Non so se proprio a Verona lo storico direttore d’orchestra Riccardo Muti avesse pensato anche a questo scippo del finale di campagna elettorale, appena compiuto da Salvini ai danni della Meloni, quando si è accomiatato dal pubblico raccomandando a tutti di sentirsi come in un’orchestra, dove la regola dev’essere quella dell’armonia. Altrimenti non è un’orchestra ma semplicemente e rovinosamente un casino, pur elegantemente risparmiato da Muti alle orecchie del pubblico dell’Arena veronese che lo ha acclamato.
Un’altra cosa non so. Se e quanto tempo ci vorrà perché si depositino sul terreno -ma, più in particolare, sul tavolo delle trattative e del confronto fra i vari governi europei- le polveri dei comizi e si trovi un accordo sui nuovi assetti dell’Unione Europea. Dove né il presidente della Commissione di Bruxelles né quello del Consiglio ma neppure i commissari, vengono eletti direttamente, ma sono politicamente negoziati. E la Meloni dovrà trattare per l’Italia anche con quel “criminale” di Macron. Che si è convinto, dopo più di due anni di guerra in Ucraina, che Putin non meritava le sue iniziali aperture, quando sostenne che non fosse il caso di “umiliare” il pur invasore del paese limitrofo.
L’Ucraina nel frattempo è diventata socia aspirante dell’Unione Europea, con tanto di procedura formalmente avviata. Putin invece è anche per Macron, e non solo per il presidente americano scusatosi con Zelensky dei ritardi nelle forniture degli aiuti, l’erede di Hitler a 80 anni dallo storico sbarco degli alleati occidentali in Normandia.