L’Iran, che di Israele è un nemico non meno di Hamas, è stato il bersaglio ieri di un cyberattacco che ha messo fuori servizio il 70% delle pompe di benzina del Paese e che è stato rivendicato da un gruppo hacker di sostenitori dello Stato ebraico. Ecco cos’è successo in un Paese che ha già subito numerosi colpi informatici anche ad opera del gruppo che ha agito ieri.
La conferma del ministro
Come riferisce Reuters, il ministro iraniano del Petrolio Javad Owji ha confermato ieri quello che i media del Paese e quelli israeliani avevano rilanciato in giornata, ossia che l’Iran ha subito ieri un cyberattacco che ha messo fuori uso buona parte delle stazioni di servizio del Paese.
La rivendicazione sui social
È arrivata infatti puntuale la rivendicazione con due post su X e Telegram di un gruppo hacker chiamato Gonjeshke Darande (espressione in lingua farsi che significa “Passero predatorio”) che aveva già messo a segno attacchi informatici in Iran e che le autorità di quel Paese considerano legato a Israele.
(1/2) We, Gonjeshke Darande, carried out another cyberattack today, taking out a majority of the gas pumps throughout Iran. This cyberattack comes in response to the aggression of the Islamic Republic and its proxies in the region.
Khamenei, playing with fire has a price.
— Gonjeshke Darande (@darandegonjeshk) December 18, 2023
“Noi, Gonjeshke Darande, abbiamo sferrato oggi un altro cyberattacco, mettendo fuori uso la maggioranza delle pompe di benzina in tutto l’Iran”, recita il post che precisa come l’attacco sia avvenuto “in risposta all’aggressione della Repubblica islamica e dei suoi proxy nella regione”.
È Fox News a ricordare ciò che è stato messo in rilievo dagli stessi hacker, ossia che un loro rappresentante cinque giorni dopo la strage in Israele del 7 ottobre aveva promesso di colpire l’Iran a causa del suo sostegno ad Hamas.
“Un mese fa, vi avevamo avvertito che saremmo tornati e vi avremmo imposto un costo per le vostre provocazioni. Questo è solo un assaggio di ciò che abbiamo programmato”, ha rimarcato il gruppo che ha aggiunto al suo messaggio un monito diretto alla Guida suprema Ali Khamenei: “giocare con il fuoco ha un prezzo”.
L’attacco all’Iran
Gonjeshke Darande ha precisato che “il cyberattacco è stato condotto in una maniera controllata” assicurando che “una parte delle stazioni di servizio in giro per il Paese” continuasse a funzionare “nonostante la nostra capacità di interrompere totalmente” il servizio per non pregiudicare eventuali emergenze.
Se ne è avuto un riscontro nelle dichiarazioni del ministro Owji, secondo cui ieri 1.650 stazioni risultavano operative su un totale di 3.800 supervisionate dal Ministero, da cui emerge pertanto che più del 70% erano fuori uso.
L’ammissione
La fibrillazione di cui è stato preda ieri il governo iraniano è ben rappresentata dalle dichiarazioni rilasciate all’agenzia di stampa Fars da Reza Navar, portavoce dell’Associazione delle stazioni di servizio del Paese, che se da un lato assicurava che non vi era alcun problema di carenza di benzina, dall’latro lato invitava gli automobilisti a non rifornirsi.
“Un problema di software con i nostri sistemi”, è stata la conferma diretta di Navar, “è stato riscontrato in alcune stazioni del Paese e gli esperti stanno attualmente lavorando sul problema”.
Non è la prima volta
Come ricorda Reuters, c’è la mano di questa formazione filoisraeliana dietro altri cyberattacchi condotti in passato contro infrastrutture iraniane, il più clamoroso dei quali colpì nel giugno dell’anno scorso i principali gruppi siderurgici del Paese.
Today, we are exposing the second part of top secret documents and tens of thousands of emails from three leading steel companies in Iran on their customers and trading practices as evidence of these companies’ affiliation with the IRGC.
— Gonjeshke Darande (@GonjeshkeDarand) July 17, 2022
Non è peraltro la prima volta che gli hacker scelgono come target gli impianti di distribuzione del carburante di Teheran: risale all’ottobre del 2021 un analogo attacco che provocò lunghe code alle pompe di benzina e che il regime imputò a Israele e agli Usa.
Attraverso un portavoce del governo Tel Aviv ieri ha negato ogni responsabilità: “non abbiamo niente da dire sulle accuse dell’Iran”, ha sottolineato Tal Heinrich ad un briefing con la stampa.
L’Agenzia per la difesa civile dell’Iran, che ha la responsabilità in materia di cybersicurezza, ha dichiarato che le sue indagini stanno considerando tutte le possibili cause.