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Europee, autonomia e non solo: tutti gli obiettivi della Lega

La Lega di Salvini si organizza in vista delle elezioni europee: ecco com'è andata l'ultima edizione di Pontida. La nota di Paola Sacchi.

 

Matteo Salvini lo ha scandito dal palco: “Pontida è per sempre”. È stata quest’anno la festa di una Lega che, dopo essere andata di nuovo al governo, vuole tornare ancora a vincere. Per essere centrale nel governo di Giorgia Meloni, che, assicura il leader leghista, vicepremier e titolare del Mit, durerà 5 anni. Tornare a vincere significa ora sfidare Fdi nell’obiettivo di diventare partito egemone “acchiappatutto”, trasversale baricentro, come la Lega dimostrò di essere con il 34 per cento alle Europee di 4 anni fa, e sempre nel 2019 con il clamoroso, successivo cambio nell’ex fortino profondo rosso della piccola, ma altamente simbolica Umbria, reduce da 60 anni di potere comunista e post-Pci.

Per restare “al cuore verde d’Italia” – come ha ricordato dal palco Donatella Tesei, presidente leghista dell’Umbria – dagli operai, per citare un esempio delle presenze sul “sacro suolo”, agli ingegneri delle Acciaierie di Terni e dell’ancora notevole indotto, questo è il modello che la Lega intende rilanciare ovunque. Ovvero, operai, precari, ceto medio basso e tendente all’alto dei professionisti e della piccola-media imprenditoria privata. Delegazione numerosa quella di Terni, nonostante la bruciante sconfitta inflitta dal terzista Stefano Bandecchi, a causa di un errore macroscopico di base da parte di Fdi.

Esempi locali, ma simbolici per le sfide future. La Lega non ci sta più a fare la parte della Cenerentola. È stato il senso delle conclusioni di un Matteo Salvini molto tonico. Anche un po’ dimagrito, da quando ha smesso di fumare. Un Salvini che ha reso omaggio più volte all’inventore del raduno più simbolico, Umberto Bossi, oggi 82 anni, fondatore della Lega Nord. Poi nazionale con Salvini che la salvò o “salvinò”, per giocare sulle parole, dal precipizio del poco più 3 per cento. Da Salvini – con accanto Marine Le Pen, elegantissima per il look e con toni pragmatici sui fermi principi del Rassemblement national, primo partito in Francia, secondo i sondaggi – viene un messaggio molto semplice, chiaro, ma non semplicistico: il governo di Giorgia Meloni durerà per tutti i 5 anni della legislatura. E non solo. “Farò dieci Pontida per tutti gli anni di durata di un governo di centrodestra”, ha scandito Salvini.

Da Pontida, di fatto, a partire dai temi del dna leghista, ovvero Autonomia e stop all’immigrazione incontrollata, diventato ormai, di fronte alla tragedia di Lampedusa, stop all’invasione, la Lega si rimette al centro. Ma non nel senso politichese del termine, nonostante le numerose bandiere con scritta “Libertas” non della vecchia Dc, ma di una associazione sportiva bengalese. Per centro qui si intende rappresentanza dei ceti piccoli e medi produttivi. Quelli che Bossi “da solo, per primo ” – ha ricordato Salvini – rappresentò”. Con prima sezione la sua scassata Citroen, piena di manifesti, volantini, secchi di colla, lo stesso genere d’arredo dell’auto con cui viaggiava tra un mercato e l’altro di Milano un Salvini giovanissimo, poi entrato in consiglio comunale. “L’unico di noi che sfondò a Milano anche tra i ragazzi bene di Via della Spiga”, mi dissero anche esponenti allora bossiani doc.

Salvini con una “tigna” di un giovane di 50 anni, per la politica giovanissimo, assicura leale alleanza a Meloni. Ma, a differenza di interpretazioni un po’ stralunate o fintamente stralunate di media mainstream, Salvini non si sottomette al premier. Ammorbidisce tatticamente i toni rispetto a quelli di qualche giorno fa, da politico consumato qual è anche lui. Furono parole, sotto traccia, di richiamo a Meloni per non restare esclusivamente sulla linea pure molto giusta degli accordi internazionali, a partire dal dramma esplosivo della Tunisia.

A Pontida ha elogiato il lavoro del premier e ha sottolineato che “non esiste separazione tra Pontida e la visita di Ursula von der Leyen, accompagnata da Meloni, a Lampedusa”. Il premier, incalzato da Salvini, ha annunciato l’inasprimento della linea contro gli sbarchi e il consiglio dei ministri ha approvato la stretta ieri sera. Il Salvini dalla “tigna” del “mai mula'”, motto leghista elevato all’ennesima potenza, continuerà però sulla linea di Pontida, l’annuale patto sottoscritto con il “sacro pratone” che gli ha chiesto di far tornare la Lega decisiva per dettare l’agenda.

Accade, dunque, l’opposto rispetto alla narrazione delle opposizioni e dei media loro vicini. L’arrivo della presidente Le Pen (Salvini suo personale amico da sempre le ha donato un libro sul Ponte dello Stretto) non mette affatto all’angolo Salvini. Accade il contrario, invece. La Le Pen non ha parlato di fuoriuscita dall’Europa. “Madame”, come la chiamò durante “Le debat” il presidente francese Emmanuel Macron, ha parlato di un’Europa dei popoli, che fa perno sulle identità nazionali, contro “integralismi green da auto elettriche che avvantaggerebbero solo la Cina, o la scelta delle burocrazie e “i socialisti” per cibi come la “bistecca sintetica”, “contro la tradizione dell’alta qualità dei prodotti alimentari francesi e italiani” .

Sono cose contro le quali oltre alla Lega di Salvini potrebbero convergere pure forze come i Conservatori di cui la stessa Meloni è presidente in Europa, senza però essersi ancora pronunciata ufficialmente , o lo stesso Ppe. Che con Manfred Weber, presidente, e Antonio Tajani, vicepresidente e leader azzurro, hanno finora chiuso nettamente la porta. “Madame”, che sta in “Identità e democrazia” con la Lega e la destra tedesca Afd, avversaria di Weber in Germania – anche per la quale Salvini chiede che per le Europee l’alleanza venga allargata, per “mandare la sinistra all’opposizione pure nella Ue – a Pontida ha evitato toni estremisti. Ha preferito badare all’aspetto pragmatico delle politiche in Europa, sottolineando il modello e “l’orgoglio” che Salvini da ministro dell’Interno, con il blocco degli sbarchi, attraverso i decreti sicurezza, “ha rappresentato anche per noi francesi”.

A fare da apripista a Salvini, a dispetto della narrazione o piuttosto speranza della sinistra che con i media vicini li aveva messi contrapposti al leader, sono stati i potenti governatori del Veneto, il plebiscitato Luca Zaia (“Voto veneto ha ormai sostituito voto bulgaro”), e il più giovane governatore del Friuli, Massimiliano Fedriga. Quest’ultimo si è dichiarato più che d’accordo sulla linea salviniana dei respingimenti, ricordando I finanziamenti alla Turchia per stoppare la rotta balcanica. Zaia è andato oltre e il suo intervento è stato critico con la presidente Ue , suonando di riflesso non entusiasta neppure per la stessa Meloni: “Ursula von der Leyen vada pure a Lampedusa invitata del nostro premier, ma al ritorno si metta subito a lavorare per mantenere gli impegni”. Ma l’attacco più duro è sull’autonomia, vinta Veneto con un referendum praticamente bulgaro, “anzi veneto”, scherza Zaia, che elogia “l’ottimo lavoro fin qui fatto dal ministro Roberto Calderoli. Ma avverte, pur non nominandola, Meloni che il “Leon” sui tempi dell’Autonomia, già prevista peraltro in Costituzione, “è incazzato”. Di più: “La Lega non deve seguire la linea, ma deve dare la linea, anche sui diritti civili”.

Qui Salvini raffredda un certo entusiasmo dei suoi per il libro del generale Vannacci. Difende il generale sulla libertà d’espressione, dice no e poi no a “gettare i libri al rogo”. Ma avverte, spiazzando un po’ il pratone e non solo, che comunque lo riempie sempre di applausi, che “un eterosessuale è normale, ma normale è anche un omosessuale. Nel 2023 ci deve essere libertà di amare”. “Ma – prosegue – i bambini nascono da un uomo e una donna”. Per cui “mai e poi mai l’utero in affitto”.

Lega di lotta e di governo, secondo lo schema di cui il partito-movimento è campione da sempre, ma anche Lega da campagna elettorale interna al centrodestra per riconquistare i voti perduti a vantaggio di FdI. Questo è quello che ha reclamato il pratone. Che si è commosso al ricordo da parte di Salvini di Roberto Maroni e ha pianto a quello del “grande italiano nostro amico Silvio Berlusconi”. Grandi applausi. E poi sulla falsariga dello slogan per “Silvio” alle convention azzurre, mettendo la parola capitano al posto di presidente, “C’è un solo capitano”, gridato in modo ritmato. Lega salda al governo e nel centrodestra con la peculiarità di essere anche sui diritti civili più liberale di FdI, così come sulla riduzione delle tasse con una maggiore sottolineatura della necessità di estensione della flat tax. Salvini ha difeso solo le tasse per gli extraprofitti delle banche “per aumentare stipendi e pensioni”.

Infine, l’elogio per Bossi, “senza il quale non staremmo oggi qui” e ci sono gli auguri per il suo compleanno, gli 82 anni che il Senatùr festeggerà in famiglia e pochi intimi. Fonti vicine a Bossi però annunciano alle agenzie di stampa che per lui “non c’è stato invito a Pontida”. Le agenzie hanno riportato pure le frasi di un libro con prefazione del Senatùr che afferma che il nazionalismo non si concilia con il federalismo e l’autonomia. Dunque, bocciatura secca della presenza di Marine Le Pen. Comunque sia, per oggi compleanno del Senatùr, c’è da aspettarsi un nuovo messaggio di augurio a “Umberto” da parte di “Matteo”. Pontida è qualcosa di più di una festa di partito. È festa di una comunità, unita da passione e militanza politica, anche da allegria da parte di persone che fanno ore e ore in pullman partendo la notte prima, anche dal Sud. Pontida è “qualcosa di unico nel panorama politico”. Lo hanno riconosciuto gli stessi osservatori di media vicino alla sinistra, che erano alla kermesse 2023. Quest’anno iniziata un giorno prima, sabato 16, dove sono stati protagonisti i giovani con il ministro dell’Istruzione e Merito, Giuseppe Valditara.

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