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Giorgetti

Mattarella, Meloni, il pranzo e le fantasie

Che cosa si sono detti Sergio Mattarella e Giorgia Meloni. I Graffi di Damato

Per quanto si fossero appena incontrati in Piazza del Popolo per festeggiare i 100 anni dell’Aeronautica, magari concordando proprio in quell’occasione di confrontarsi più a lungo in un pranzo svoltosi ieri al Quirinale, le due ore di pur “cordiale e collaborativo” incontro fra Sergio Mattarella e Giorgia Meloni -secondo le versioni ufficiali di entrambe le parti- si sono prestate a doppie letture, come accade di frequente in politica.

Per Repubblica la premier è salita sul Colle per raccogliere “l’allarme” o “i timori”, secondo La Stampa, del capo dello Stato ormai arrivato – si potrebbe pensare – al limite della sopportazione di fronte all’aumento e all’accavallarsi degli “ostacoli” che sarebbero stati ammessi anche dalla Meloni, pur nella sicurezza di superarli tutti: dall’immigrazione ai tempi di realizzazione del piano di ripresa e resilienza, dalla partita delle nomine al nuovo codice degli appalti intestatosi dal leader leghista e vice presidente del Consiglio Matteo Salvini e contestato, almeno a caldo, dal presidente dell’autorità di controllo e garanzia chiamata Anac.
Spintosi, come al solito, ben oltre le peggiori rappresentazioni, al Fatto Quotidiano contemplativo delle cinque stelle di Giuseppe Conte hanno attribuito a Mattarella, rovesciando le parti, l’abituale annuncio meloniano della “pacchia finita” e hanno persino rappresentato nella vignetta di giornata la premier come una bambina sculacciata, pancia in giù, dal padrone di casa. Uno spettacolo che debbono avere immaginato anche al Riformista di Piero Sansonetti con quel titolo bianco su nero che fa dire all’”allarmato” Capo dello Stato. “Ehi, Giorgia, che combini?”.
Secondo Il Messaggero, il giornale più vicino al Quirinale almeno in linea d’aria, quasi sottostante con la sua sede, la Meloni è salita sul Colle per riceverne una “spinta” non certo verso il baratro inesistente di una crisi, dati i numeri parlamentari della maggioranza e le condizioni delle opposizioni anche dopo il cambio della guardia avvenuto al Nazareno con l’arrivo di Elly Schlein. Persino Repubblica, d’altronde, in un “retroscena” che un po’ contraddice il titolo di apertura sull’”allarme” di Mattarella riferisce di una premier alla ricerca di “una sponda” che non risulta francamente negata con quella versione ufficiale -ripeto, da entrambe le parti- di un incontro “cordiale e collaborativo”.
Fra “le grane di Giorgia”, come le chiama Il Foglio, ma non so se entrata anch’essa nel menù degli argomenti al pranzo fra Mattarella e Meloni, potremmo annoverare anche l’incendio acceso nel dibattito politico dal presidente del Senato Ignazio La Russa, liquidato dal manifesto come “Repubblichino di Stato”, non aprendo -in verità- ma riaprendo un’antica polemica, che in passato ha diviso anche la sinistra, sull’attentato in via Rasella nel 1944, che provocò la feroce reazione dei nazisti con la strage delle Fosse Ardeatine. Ma ne sentiremo e vedremo ancora altre sino alla festa della Liberazione, il 25 aprile.
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