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Antitrust Siae Meta Account

Tutto quello che ha detto (e non ha detto) Mark Zuckerberg

La prima audizione al Congresso americano del fondatore e ceo di Facebook, Mark Zuckerberg, al centro del socialgate Cambridge Analytica per gli abusi effettuati sugli account degli utenti del social network e le possibili interferenze nelle elezioni Usa. L’articolo di Chiara Rossi Cento finti Zuckerberg pronti ad accoglierlo all’ingresso di Capitol Hill in segno di…

Cento finti Zuckerberg pronti ad accoglierlo all’ingresso di Capitol Hill in segno di protesta, 5 ore di domande serrate da parte dei senatori, riflettori puntati e social impazziti. Ecco il riassunto della prima audizione al Congresso americano di Mark Zuckerberg, fondatore e ceo di Facebook al centro dello scandalo Cambridge Analytica.

Oggi, alle 10 di mattina da Washington, Mark tornerà sul banco degli imputati, questa volta davanti alla commissione Energia e a quella del Commercio della Camera. Forse il giovane ceo appare più teso di quel che dovrebbe: l’andamento del suo gruppo a Wall Street non è stato turbato dall’evento inquisitorio, ieri infatti il titolo ha guadagnato il 4,5%, un record che non toccava da due anni.

MEA CULPA

“Mi dispiace”. Lo ammette Mark di fronte alle commissioni congiunte Giustizia e Commercio del Senato statunitense: “È stato chiaramente un errore” credere a Cambridge Analytica – la società britannica colpevole di aver utilizzato impropriamente i dati personali degli account Facebook – “quando dissero che avevano smesso di utilizzare i dati degli utenti, non avremmo dovuto fidarci soltanto della loro parola”.

FACEBOOK ALLEATO CONTRO LA RUSSIA

Incalzato dai senatori, Zuckerberg ha espresso tutto il rammarico per la lentezza nel riconoscere la minaccia delle interferenze russe nelle elezioni 2016. Al senatore Patrick Leahy che ha chiesto se i dipendenti Facebook sono stati interrogati dalla squadra del procuratore speciale Robert Mueller che guida l’inchiesta sul Russiagate, Mark Zuckerberg ha risposto con un chiaro “Sì”. Poi ha rallentato precisando: “Voglio essere attento perché il nostro lavoro con il procuratore speciale è confidenziale, e voglio assicurarmi che, in una seduta pubblica, non stia rivelando nulla”. Tuttavia, non ha confermato un mandato di comparizione per Facebook.

SULLA DIFENSIVA

Quando la commissione gli chiede se appoggerebbe una legge americana che detti limiti e regole – sulla base del Regolamento generale sulla protezione dei dati (GDPR) europeo per esempio – Zuckerberg risponde che in linea di principio sarebbe d’accordo, insistendo tuttavia che i dettagli sono importanti in leggi simili. Alla domanda del senatore Lindsey Graham se per Facebook si possa parlare di monopolio, Mark risponde che non ha “questa impressione” affermando che la competizione è vasta… sarà pure vasta eppure non è riuscito a fare il nome di un social network degno rivale.

MARK RILANCIA

Ma oltre alle scuse “dovute”, Mark ha voluto difendere la sua creatura e lo ha fatto descrivendo punto per punto i prossimi passi volti a migliorare il social network. Nel frattempo, la società ha annunciato che offrirà una ricompensa, anche fino a 40mila dollari, agli utenti che segnaleranno l’uso improprio dei dati da parte degli sviluppatori di app, come nel caso Cambridge Analytica. Il programma Data Abuse Bounty premierà le persone che comunicano casi in cui un’app della piattaforma raccoglie i dati per venderli, usarli per truffe o per scopi politici. Ispirato al Bug Bounty, il programma usato da Facebook per scoprire i ‘bug’, cioè le falle di sicurezza informatica, il Data Abuse Bounty ricompenserà gli utenti in base all’impatto di ogni segnalazione. Nella dichiarazione Facebook sottolinea che le segnalazioni verranno esaminate “il più rapidamente possibile” e se venisse confermato l’abuso di dati, l’app incriminata sarà chiusa e verranno “intraprese azioni legali contro la società che vende o acquista i dati”.

SENATORI IMPREPARATI

Tutti si aspettavano che il giovane Zuckerberg si sarebbe un po’ arrostito sulla graticola ieri, ma a parte una leggerissima seppur palpabile tensione così non è stato. Quasi tutti i media americani concordano infatti circa l’inadeguatezza di molte delle domande dei senatori. Per la Cnn, il Senato avrebbe fallito la prova dell’audizione in quanto i senatori più anziani stentano a comprendere fino in fondo il mondo di Facebook e i suoi meccanismi. Un gap generazionale evidente quanto più evidente quando l’ottantaquattrenne senatore repubblicano dello Utah Orrin Hatch ha chiesto inquisitorio come sia sostenibile un modello di business in cui gli utenti non paghino per i servizi. “Senatore, abbiamo la pubblicità”, non poteva che rispondere Zuckerberg, placido e ovvio. “È stato come osservare tuo nonno che cerca di capire come abbiano messo internet nel tuo nuovo Macbook Pro” sentenza impietoso Chris Cillizza, analista politico della Cnn.

1 A ZERO PER MARK

Secondo il Guardian, il momento peggiore dell’udienza è stato quando i senatori hanno chiesto se Zuckerberg avrebbe sostenuto la legislazione che regolerebbe Facebook. Chiedendogli se avesse appoggiato la legislazione, i senatori lo hanno elevato a una specie di re filosofo, la cui visione sul regolamento di Facebook avrebbe un peso speciale rispetto ai legislatori. Ma non dovremmo noi tutti implorare l’approvazione da parte di Facebook delle leggi o le promesse di autoregolamentazione di Mark Zuckerberg.

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