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Travaglio è diventato doroteo con i 5 Stelle?

Le evoluzioni di Marco Travaglio, direttore del Fatto quotidiano, sul caso Conte-Appendino nel Movimento 5 Stelle. I Graffi di Damato.

 

Marco Travaglio, si sa, ha un debole per Giuseppe Conte, che considera il migliore presidente del Consiglio avuto dall’Italia dopo Cavour. Gli ha fatto spesso più o meno inconsapevolmente da portavoce e da anticipatore nei periodi di governo e di rapporti prima tesi e poi rotti con Beppe Grillo. Ma Travaglio ha un debole anche per Chiara Appendino, appena dimessasi da vice presidente in proroga del MoVimento 5 Stelle per dargli una scarica” dopo le perdite elettorali subite nelle regionali praticando l’alleanza col Pd. Di cui il direttore del Fatto Quotidiano condivide il giudizio dell’ex sindaca di Torino: il partito del “gattopardismo affaristico e consociativo”.

Come si può uscire dall’impermeabilismo, diciamo così, del pur solito savonaroliano Travaglio, al quale sembrava che piacessero le posizioni nette sullo sfondo di una ghigliottina o di una pira? Se ne esce, a sorpresa, nel modo meno netto. Chiedendo a Conte, come il direttore del Fatto nell’editoriale di oggi dedicato alle 5 Stelle, di non fare l’errore, nel rinnovo imminente della sua presidenza, non contrastata da alcun’altra candidatura, di privarsi dell’Appennino nel “gruppo dirigente”. Dove la signora può servirgli a trattenere elettoralmente i dissidenti o a recuperarne i tanti passati al partito di maggioranza che è quello degli astenuti.

Questa versione o edizione tipicamente dorotea della politica, prima ancora di un partito, è l’estrema evoluzione, anzi involuzione di Travaglio. E anche di Conte se me accetterà il consiglio.

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