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Libia

Vi racconto le macronate di Macron contro l’Italia sui migranti

Il commento di Pierluigi Magnaschi, direttore del quotidiano Italia Oggi

Premetto che Lega e M5s hanno fatto di tutto per farsi emarginare dalla Ue di cui peraltro l’Italia è uno dei paesi fondatori e, dopo l’ormai irreversibile Brexit dell’ottobre prossimo, è anche il secondo paese per capacità manifatturiera e il terzo per importanza economica. L’M5s, in queste ultime settimane (e segnatamente concorrendo determinantemente, con i suoi 14 voti nell’Europarlamento, all’elezione, altrimenti impossibile, del presidente tedesco Von der Leyen), ha attenuato, fino a quasi cancellarlo, il suo pregiudiziale rifiuto nei confronti della Ue e dell’euro.

Salvini invece è rimasto su posizioni europeisticamente pregiudiziali, mentre se vuole avere un futuro come statista (e a livello europeo questo spazio c’è) deve cambiare radicalmente il suo schema di gioco, puntando più su una sottile politica di alleanze da costruirsi nei corridoi delle istituzioni europee che non sui tweet roboanti che hanno solo l’effetto del boomerang per chi li lancia senza valutarne preventivamente la portata.

La scelta di un’accorta politica continentale può rendere pericolosa per gli altri paesi, e soprattutto per la Francia e per la Germania, l’esistenza di un paese battitore libero dell’importanza dell’Italia (soprattutto nella Ue dove si vota con delle maggioranze bulgare o dove, votando in un modo o nell’altro, si possono determinare conseguenze enormi). Tanto per restare all’attualità, se i pentastellati non avessero votato per la Von der Leyen, questa candidata della Merkel se ne sarebbe dovuta andare a casa con le pive nel sacco dopo che, con la preventiva bocciatura del socialista Frans Timmermans, quest’ultima delusione aveva già comportato dei pesanti contraccolpi sulla grossa coalizione (popolari e socialisti) che, in Germania, tiene in piedi, sempre più precariamente, il governo della Merkel. La premier tedesca non avrebbe potuto sopportare simultaneamente la sconfitta a livello europeo dei suoi alleati socialisti e quella della sua candidata popolare. Infatti, la stella politica della Merkel, già pericolosamente declinante in occasione del suo quarto mandato, avrebbe potuto inabissarsi definitivamente. Da qui il credito di riconoscenza che i pentastellati hanno maturato nei confronti della Germania. Che, prima o poi, dovrà essere onorato. La politica (e non solo essa) è fatta anche di dare e di avere.

In attesa che la Lega cambi la sua strategia europea è però il caso, adesso, di analizzare lo screzio che si è sviluppato nei giorni scorsi fra il presidente francese Macron e il vicepremier italiano Salvini. I media italiani che, unici al mondo, quando si tratta di analizzare un scontro del governo italiano con Macron danno sempre e comunque ragione al presidente francese, hanno accusato Salvini di non aver partecipato, colpevolmente e per pigrizia, al vertice di Parigi indetto da Macron (al quale vertice, peraltro, erano presenti solo otto paesi europei su 28!).

Le cose non stanno così ma un leader politico (chiunque esso sia) a cui i media del suo paese danno sempre torto per partito preso non può certo andare lontano; e l’Eliseo lo sa perfettamente che, in queste condizioni, non va lontano. Non a caso ha inondato di decorazioni con la Legione d’onore i big del giornalismo italiano (solo Repubblica le ha sempre rifiutate) . Ad esempio, viviamo in un paese dove il conduttore tv Fabio Fazio, nel pieno di una querelle fra il governo italiano e l’Eliseo, usando gli schermi della Rai (la tv pubblica) si è presentato a Parigi per fare un’intervista in ginocchio a Macron al quale Fazio comunicò anche che molti italiani si augurano che Parigi sia la capitale del loro paese. Fazio non ha tutti i torti per dire così, visto l’appecoronamento istituzionale italiano agli interessi francesi (e soprattutto da parte del Pd nel suo complesso: su questo tema, in un partito diviso su tutto, non c’è maggioranza e opposizione, ma solo l’unanimità nell’accettazione masochistica dell’assoggettamento a Parigi). La cosa delle dipendenza masochistica italiana è vera, dicevo, ma non lo si dovrebbe dire in pubblico, anche se l’intenzione di Fazio era un’altra, più terra a terra e fattuale.

Salvini non è andato a Parigi alla riunione indetta da Macron per il semplice motivo che Macron non aveva titolo a riunirla. Il compito della convocazione sarebbe stato di competenza della presidenza finlandese di turno dell’Europa che invece, con un penoso sgarbo istituzionale, è stata scavalcata dal presidente francese che si è attribuito, a fini meramente autopromozionali (pura gesticolazione, dicono i media transalpini), si è attribuito, dicevo, compiti che non gli appartengono (come spesso gli capita di fare, visto anche il silenzio di chi dovrebbe rimetterlo in riga).

Che credibilità può avere Macron, a proposito dell’accoglienza concreta degli immigrati, quando li fa inseguire sulle Alpi di Bardonecchia in piena nevicata dagli elicotteri della sua Gendarmerie che li segnalano alla sua polizia di montagna per poi poterli arrestare, ridotti come dei ghiaccioli, sui pendii alpini e rispedirli in Italia al più presto possibile? Che credibilità ha un leader politico che dà l’ordine di accogliere a sganassoni gli immigrati dall’Italia alla stazione di Mentone e poi li stipa, caldo o freddo che sia, in container (l’inchiesta che lo ha accertato è di Le Monde) dai quali, dopo gli accertamenti, sono spediti in Italia con la stessa brutalità dei colli postali. E che credibilità ha un Eliseo che piange calde lacrime pubbliche contro la disumanità italiana che non accoglie i salvati dalla nave Sea Watch quando poi la comandante stessa, Carola Rackete, ha detto, al settimanale francese Nuovel Obs che lei aveva ufficialmente chiesto di poter entrare nel porto di Marsiglia che non le ha nemmeno risposto.

Macron, nella riunione disertata anche da Salvini, aveva presentato un testo da gioco delle tre tavolette, formulato così: «Quando una nave lascia le acque della Libia e si trova in acque internazionali con rifugiati a bordo deve trovare accoglienza nel porto più vicino. È una necessità giuridica e pratica. Non si possono far correre rischi a uomini e donne in condizioni di vulnerabilità». I porti più vicini sarebbero libici, tunisini, maltesi. Ma Macron vede solo l’Italia. Perché, tanto per dare un segno di buona volontà e non di ipocrisia, il presidente francese non si impegna ad accogliere (provvisoriamente, si intende, in attesa del futuro smistamento?) nei porti francesi, la metà degli immigrati, lui che è così generoso con i porti altrui?

Macron, anche se i media italiani non lo mettono in evidenza, preferisce invece ridurre la Sicilia a un campo di concentramento di immigrati (che, per indorare, la pillola si è deciso di chiamare hotspot) come del resto prevede l’inverecondo Trattato di Dublino che, valendo allora la regola dell’unanimità, avrebbe potuto essere bloccato con il voto dell’Italia. Che invece votò favore. E adesso, realisticamente, non ci sono i numeri per modificare questo Trattato che prevede che chi è sbarcato in Italia e poi è filtrato altrove in Europa, può essere automaticamente restituito al paese d’approdo (cioè noi). Se fosse applicata questa norma (e le norme sono fatte per essere applicate) non diventerebbe un campo di concentramento solo la Sicilia ma l’Italia intera.

(articolo pubblicato su Italia Oggi)

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