La maggioranza compatta nel sostegno con una risoluzione unica e le opposizioni divise fra cinque o sei documenti di contrasto all’azione e alle scelte di politica estera e dintorni del governo, alla vigilia di un Consiglio europeo e di un viaggio della premier Giorgia Meloni in Libano, sono uno spettacolo ormai così scontato, direi banale, a dispetto dei campi più o meno larghi annunciati e smentiti sulla strada dell’alternativa, che non se n’è trovata traccia nei titoli di prima pagina di tutti, ma proprio tutti i giornali. Anche di quelli di cosiddetta area governativa come Il Giornale. Che ha relegato all’interno, senza un rigo di richiamo in prima, la cronaca di Laura Cesaretti, meritevole anche per questo di essere citata e letta.
“Al Senato – ha scritto la mia amica Laura – le opposizioni se la cavano grazie al regolamento: le loro sei diverse risoluzioni (che sulle crisi internazionali sono spesso opposte) vengono cestinate dopo l’approvazione di quella di maggioranza. Dal Pd un sospiro di sollievo: “C’è andata bene”. Alla Camera il regolamento è diverso e va in scena il consueto circo di voti per commi e intrecci di sì e no tra Pd, M5S, Azione, Avs, Iv, +Europa. Tutti contro la risoluzione di maggioranza, ognuno per suo conto sul resto. Una frasetta qua, una là, il Pd dà via alle chiacchiere innocue dei documenti altrui, poi vota contro la linea anti-Ucraina di 5S ma anche contro la linea pro-Ucraina di Azione e +Europa, e contro le “sanzioni” anti-Israele chieste da 5S e Avs”.
Il racconto prosegue con una precisione da “servizio pubblico”, diciamo così, di cui personalmente ringrazio la cronista del Giornale. E che vale – per farsi un’idea di quanto è accaduto fra Camera e Senato – più degli insulti che la Meloni si è guadagnata dagli oppositori, in gara fra di loro a chi ne gridava di più forti: dalla “Calimero” di Giuseppe Conte e di Matteo Renzi, una volta tanto all’unisono, alla “bulla” della segretaria del Pd Elly Schlein in abito color crema, a vederne la foto, contro il rosso vivace della premier che l’ascoltava dal suo banco per niente sorpresa, pur dopo avere rispettato la stessa Schlein consultandola al telefono quando la situazione in Medio Oriente si è fatta ancora più grave e pesante delle settimane e dei mesi precedenti, dopo il pogrom anti-ebraico dei terroristi di Hamas il 7 ottobre dell’anno scorso.
La cortesia, si sa, in politica non è né un obbligo né una consuetudine. La politica rimane o torna a essere frequentemente quella miscela di “sangue e merda” lamentata una volta dal socialista Rino Formica, oggi quasi centenario. Quanto più gravi sono o diventano i problemi, e rischiosa elettoralmente appare la scelta di una linea responsabile, o di “coesione”, come dicono i presidenti di turno della Repubblica, tanto più le opposizioni dei nostri giorni si irrigidiscono. E si fanno concorrenza fra di loro continuando tuttavia a sognare, ripeto, una comune alternativa. Buon proseguimento.