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Tajani salvini

Quando finisce lo spettacolino dei paraculetti nel centrodestra?

L’amore è bello perché litigarello fra Salvini e Tajani? I Graffi di Damato.

Appartiene evidentemente alla serie dell’amore è bello se non è litigarello anche quello fra i vice presidenti del Consiglio Matteo Salvini e Antonio Tajani, in ordine rigorosamente alfabetico, emerso anche dalla lunga intervista concessa dal secondo al direttore di Libero Mario Sechi. Che, amico ed estimatore di entrambi, ha offerto al ministro degli Esteri e segretario di Forza Italia un’occasione distensiva, diciamo così. Almeno rispetto alle cronache e retroscena di una quasi crisi di governo.

Ma che crisi d’Egitto e sua personale nei confronti di Salvini, ha detto Tajani pranzando – credo – con Sechi al Circolo Esteri che sta sulla sponda del Tevere opposta a quella dove svetta la Farnesina dopo il Foro Italico e lo Stadio Olimpico. Salvini – ha detto generosamente Tajani, difendendolo anche dagli attacchi che il collega di governo riceve per i ritardi dei treni e contorni – è “una grande risorsa per il centrodestra e fa benissimo il ministro dei Trasporti. Abbiano forse caratteri diversi. Lui è di Milano, io sono un po’ più terrone. Il centrodestra è variegato e questa è una forza”.

Anche sulla concorrenza elettorale fra leghisti e forzisti per conquistare o mantenere, secondo gusti e casi, il secondo posto nella graduatoria dei partiti del centrodestra, o il terzo nella graduatoria generale, si starebbe esagerando nelle analisi e cronache giornalistiche. “Io -ha spiegato Tajani- voglio recuperare gli ex elettori democristiani e socialisti che, con il Pd di Schlein che si sposta sempre più a sinistra, sono senza casa. Vorrei dare loro una dimora”. Che evidentemente non può essere quella leghista per la direzione nella quale si muove Salvini, a destra, in concorrenza più con la Meloni che con Tajani e la famiglia Berlusconi incombente, secondo cronache e retroscena, sulla Forza Italia del compianto capostipite.

Tutto bene, dunque? Sparecchiata la tavola o il tavolino al Circolo Esteri, il mio amico Sechi può essere tornato tranquillo alle sue fatiche direttoriali e di ospite dei salotti televisivi? E Tajani, dal canto suo, alle fatiche diplomatiche in tempi peraltro di guerre, e tregue più da sorvegliare che da godere? Chissà. Certo è che il fronte di politica interna indicato da Tajani parlando degli ex elettori democristiani e socialisti da recuperare, come aveva saputo fare nel 1994 Berlusconi vincendo a sorpresa, e a due cifre, le prime elezioni della cosiddetta seconda Repubblica, è presidiato anche da Matteo Renzi. Che non più tardi di cinque giorni fa ha detto a Maria Teresa Meli, del Corriere della Sera, che “ogni volta che Tajani apre la bocca, un ambasciatore si sente male”. Come sarebbe appena accaduto per avere Tajani detto, prima della tregua in Libano, che Herzbollah avrebbe dovuto imparare a “utilizzare meglio le armi”, sparando contro gli israeliani piuttosto che contro le postazioni delle Nazioni Unite a partecipazione italiana.

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