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Giorgetti

L’incontro Draghi-Conte giudicato dai giornali

Come è andato l'incontro fra Mario Draghi e Giuseppe Conte a Palazzo Chigi?

Per non sembrarvi prevenuto nel riferirvi del tanto atteso incontro di Mario Draghi con Giuseppe Conte a Palazzo Chigi, dopo la riammissione dell’ex presidente del Consiglio ai giochi interni al Movimento 5 Stelle per dividerne la guida col garante e fondatore Beppe Grillo, e in vista della riforma del processo penale con le modifiche varate all’unanimità dal Consiglio dei Ministri, vi offrirò un po’ di titoli di giornali di diverso orientamento politico cominciando dai due maggiori: il Corriere della Sera e la Repubblica. “Le garanzie (a metà) arrivate dall’ex premier” a Draghi proprio sulla riforma del processo penale, e in particolare della prescrizione, ha titolato il Corriere notando però con la firma di Massimo Franco che “gli avvertimenti” di Conte, notoriamente critico sulle modifiche del governo alla legge all’esame della Camera, “vanno tarati” perché “più delle parole peseranno i comportamenti”. Ancora più netto è stato Stefano Folli su Repubblica scrivendo che “l’uomo che doveva “sfidare Draghi”, come lo incitava a fare il suo organo di stampa ufficioso, ha rinfoderato in fretta le armi” con “realismo inevitabile”. Che è stato il titolo del commento.

Di “pace fredda” fra Conte e Draghi ha parlato La Stampa, mentre Il Giornale della famiglia Berlusconi ha sparato senza indugio un titolo forte su tutta la prima pagina come “il flop di Conte”. Il quale se è andato a Palazzo Chigi per menare ne sarebbe uscito menato, o quasi, a dispetto della soddisfazione ostentata in pubblico, sotto quello che fu in qualche modo il suo balcone, per un incontro di 40 minuti “proficuo e cordiale”.

“Giuseppi abbaia ma non può mordere”, ha titolato Maurizio Belpietro sulla sua Verità disponendo, credo, delle stesse notizie che hanno permesso al Foglio di Giuliano Ferrara e Claudio Cerasa di riferire che Conte ha dovuto in fondo adattarsi alle ragioni, alla fretta e a quant’altro di Draghi in modo tale da “scontentare gli estremisti del M5S”. Che evidentemente lo avevano preso in parola sentendolo annunciare una specie di resistenza ad oltranza ad un’azione di governo dettata dalla volontà delle componenti di centrodestra di azzerare o quasi tutte le riforme volute dai pentastellati. Ma alcune delle quali, come la prescrizione breve voluta dall’allora ministro grillino della Giustizia Alfonso Bonafede, passarono a suo tempo grazie alla complicità dei leghisti, partecipi del primo governo Conte.

“Conte non strappa quasi nulla da super Mario”, ha titolato Il Tempo, in sintonia con la sensazione del Riformista che vi sia stato fra i due un “muro”, quello di Draghi, contro un “muretto”, quello di Conte, evidentemente consapevole che ormai “Cartabia non si tocca”, dopo la “mediazione” che la guardasigilli in persona è tornata d’altronde a ricordare ieri di avere condotto e concluso col voto unanime dei ministri, compresi quelli grillini, che Conte vorrebbe ora smentire.

Al Fatto Quotidiano, infine, il giornale “ufficioso” di Conte cui alludeva Folli su Repubblica, non potendo cantare o prenotare una vittoria si sono consolati, fra titolo e fotomontaggio, con una notizia, indiscrezione e quant’altro tutta da verificare: un “allarme dal Colle”, cioè dal Quirinale, per la possibilità che con la riforma Cartabia sia il Parlamento a dettare alle Procure le priorità d’indagine nell’esercizio obbligatorio dell’azione penale prescritto dalla Costituzione. Conte quindi non sarebbe “solo” a mettersi o volersi mettere di traverso sulla strada di Draghi e Cartabia. Chi vivrà vedrà, come giustamente si dice quando non si hanno certezze.

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