Mi capita spesso di immaginare come potrebbe venire raccontato il nostro tempo fra qualche secolo. Cosa potrebbe dire un libro di storia tra duecento anni di quello che è successo nel 2019.
L’attualità – se per gioco o per sfinimento – si guarda un po’ più distante, offre un paronama italiano piuttosto accattivante. Si sa che le tragedie fanno il pienone… Cercare una morale positiva da saccheggiare, diventa oltre che un bisogno interiore, anche un rebus dei più astrusi. É agosto, e l’enigmistica va alla grande!
“Agli inizi del 2000 cominciarono i fatti che portarono alla Rivoluzione Italiana del 18\19. La crisi economica che aveva colpito il mondo nel 2008 aveva indebolito i consensi della classe politica dominante, predisponendo l’avanzata di nuovi players.”. Parlare in questi termini dei 5stelle mi sorprende, ma per chi sembra in fin di vita è più spontaneo trovare parole benevole. La storia potrebbe proseguire dettagliando la roccambolesca ascesa, nella quale si intrecciano il ruolo dei media digitali (e giù di richiami col ‘900) e di un comico. L’utopia di fondo è un wellfare, che solo i posteri sapranno giudicare se sarà stato sostenibile o meno. I due portano davvero il loro movimento al potere, e “nonostante i compromessi che gli costeranno poi la fine politica, il M5S riuscì a ratificare come legge dello Stato il reddito di cittadinanza”. Una di quelle cose che pensate in un mondo perfetto non possono non piacere. Così, se non ci saremo estinti o non staremo studiando la storia dell’impero Cinese, potrebbe pure capitare un paragone con la Rivoluzione Francese, e Dio volesse che in questo secolo sia stato buttato un semino per sconfiggere la povertà. Purtroppo non ci credo nemmeno per sogno.
Non ho idea se questo scorcio di secolo in Italia verrà letto come un periodo rivoluzionario: le rivoluzioni per essere tali debbono verificarsi e poi magari possono anche fallire (in genere così è successo). La rivoluzione francese ha avuto anche buone dosi di ipocrisia (era una rivoluzione essenzialmente borghese, ricordiamo) ma sicuramente anche elementi su cui non ha mediato e i rivoluzionari hanno pagato con la testa la loro caparbietà (l’abolizione della schiavitù fu un travaglio di secoli). Questi hanno calato i pantaloni prima ancora di verificare se la loro pretesa rivoluzione poteva funzionare. “La rivoluzione non è un pranzo di gala”, disse un famoso rivoluzionario: questi mi pare che fossero interessati da subito solo al pranzo.
Sarebbe eccessivamente crudele come contrappasso della storia per politici benpensanti degli ultimi 30 anni quello di passare sotto silenzio, e magari genericamente ricordati come “borghesia di poltrona”? Il dramma è che nel frattempo i nostri pronipoti potrebbero ricordare Casaleggio e Grillo come varianti sul tema di Voltaire e Robespierre, e studiarli più di Pertini… Se stessi scrivendo a penna me la pianterei in una mano.
“Come tutti i moti rivoluzionari anche questo si disperde, e i 5stelle cadono vittime della loro inesperienza di governo, terreno che invece vede il loro complemento dotato di grande esperienza. La gestione dei media che aveva determinato l’ascesa del movimento diventa l’arma con cui il capo della Lega ne vampirizza il consenso popolare”. Qui ci starebbe una parte un po’ romantica, di quelle che nei manuali di scuola sono nei riquadri che nessuno studia mai, ma che rendono il senso dei se e dei ma che la storia non può non suscitare. Di fianco ad una foto di Casaleggio (quello vero ovviamente) il racconto della sua prematura scomparsa, dei suoi grandi ideali e della maledizione di ogni grande nel fallire il passaggio della staffetta.
Come sarebbe andata se non fosse mancato uno stratega nella battaglia giallo verde non lo sapranno nemmeno tra duecento anni, ma penso leggeranno qualcosa di simile alla congiura di Stalin contro Trockij.
(Ha collaborato Paolo Pingani)