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L’Eurozona non ha armi monetarie per contrastare la prossima recessione. L’analisi del prof. De Nardis

Vi è un’elevata probabilità che la prossima recessione trovi l’Eurozona ancora una volta senza adeguate politiche di contrasto del ciclo economico. L'analisi di Sergio De Nardis, professore presso Luiss School of European Political Economy

Il PIL italiano, cresciuto dell’1% nel 2018, tende a ristagnare nell’anno in corso. Le stime sul 2019 si collocano in un intervallo che va da un minimo di una variazione nulla a un incremento massimo dello 0,6%.” Sulla battuta d’arresto dell’Italia tra il 2018 e il 2019 incide “il rallentamento della domanda interna, a fronte di un marginale apporto positivo delle esportazioni nette, essendo le vendite all’estero limitate dalla contenuta dinamica degli scambi mondiali.

In definitiva, lo scenario internazionale del 2019 secondo le valutazioni più recenti dei previsori «flirta» con la recessione, ma riesce a evitarla stabilizzandosi poi nel 2020. I fattori di rischio presenti nel quadro globale e quelli specifici alle varie economie provocano rallentamenti, ma non sono in grado, secondo queste valutazioni, di causare inversioni di ciclo.

Le munizioni della politica monetaria sono estremamente ridotte se non prossime all’esaurimento. I tassi di interesse di policy si trovano a livelli ancora bassi, nonostante i recenti rialzi, negli Stati Uniti e sono (e rimarranno) a zero nell’area euro […] In particolare l’Europa […] si ritroverebbe senza la possibilità di usare le cosiddette armi convenzionali (riduzione dei tassi della BCE) […]

Rimarrebbero le armi non convenzionali (quantitative easing) che si sono però dimostrate non del tutto efficaci nel promuovere la ripresa. […] In tali condizioni vi è un’elevata probabilità che la prossima recessione trovi l’eurozona ancora una volta senza adeguate politiche di contrasto del ciclo economico.

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