Potrebbe sembrare il più strambo dei paradossi ma è una sgrammaticatura politica continuare a identificare la Lega, anche nei media di centrodestra, come una forza di destra. E questo pur dopo la presenza di Marine Le Pen a Pontida – che però ha parlato di temi sui quali oggettivamente potrebbe convergere pure il Ppe, a partire dall’integralismo del green -, pur sull’onda della dura polemica contro il direttore del Museo Egizio di Torino, per gli sconti solo per chi ha fede musulmana, che vede in prima fila il vicesegretario leghista, Andrea Crippa.
La Lega di Matteo Salvini, certamente in vista delle Europee, è chiaro che cercherà di riguadagnare terreno anche in quegli spazi lasciati scoperti a destra da FdI. Ma queste sono le fisiologiche leggi della politica, in una campagna elettorale dove si corre con il proporzionale. Seppur Salvini abbia dal palco di Pontida assicurato che il governo di Giorgia Meloni andrà avanti cinque anni.
A Pontida però Salvini ha guardato anche al cosiddetto “centro”, secondo il dna leghista per il quale la Lega e non solo FI, per altre ragioni, è “centro”, come ribadì una volta in Senato il capogruppo leghista Massimiliano Romeo. Ovvio che per “centro” non si intende quello di democristiana memoria sul piano della strategia politica. Però qualcosa in comune c’è sul piano della trasversalità della rappresentanza sociale.
Salvini, come abbiamo scritto nell’articolo su Pontida, contrastando le mire da partito egemone di FdI, intende rilanciare quel partito trasversale che prese il 34 per cento alle Europee del 2019 e espugnò successivamente il fortino rosso dell’Umbria, piccola ma simbolica, perché lì era più profondo rosso delle Marche, prima forlaniane, poi passate ai Ds, ma mai Pci, infine conquistate da FdI. Salvini fece presa su fasce trasversali, dai ceti popolari a quelli del ceto medio tendente anche all’alto. E a quella vittoria in Umbria contribuì anche il sindaco di Perugia di FI, Andrea Romizi, un quarantenne proveniente lui stesso dall’alta borghesia. Ma naturalmente il risultato più clamoroso fu quello delle Europee, in cui fu premiata la sua drastica riduzione degli sbarchi da ministro dell’Interno. Cosa per cui “ho vinto” , come afferma con amara ironia, i “solo processi”, di cui è rimasto uno in piedi che il 6 ottobre vedrà come teste una star di Hollywood, Richard Gere. Benvenuti al “Cinema Italia”.
L’operazione partito trasversale, tipo balena una volta verde ora blu, ma non etichettabile esclusivamente come “sovranista”, è da sempre nella vocazione leghista, tanto più nella Lega nazionale di Salvini. Che in economia e non solo non ha il dirigismo statalista ancora marcato di FdI. Che per la la battaglia sulla riduzione delle tasse è più vicina a Forza Italia, così come sulla giustizia. Battaglie liberali.
Salvini sulla giustizia ha promosso un referendum con i Radicali non caldeggiato da Fdi. Non solo: Salvini, dopo Silvio Berlusconi e Antonio Tajani, fondatore e successore di FI, partito liberale per antonomasia, è stato finora l’altro leader del centrodestra a esprimere un giudizio pubblico, netto di apprezzamento per Bettino Craxi e la sua opera da statista riformista. Sul pratone di Pontida e dal palco domenica scorsa come sempre non c’erano parole d’ordine tipo “Dio, patria e famiglia”, seppur Salvini abbia fermamente ribadito la sua difesa della famiglia, il suo netto no all’utero in affitto, poiché “i figli nascono da un uomo e una donna”. Non c’erano inviti pressanti dal sapore statalista a fare figli, seppur la Lega si batta a sua volta, come FdI, contro la denatalità e sia anche più dura contro “l’invasione immigratoria”, chiamando in causa esplicitamente, come ha fatto Salvini, George Soros. Lega dallo spirito laico, seppur credente come il leader, che da Pontida ha difeso la libertà di un generale di scrivere libri, ma con Salvini ha pure sottolineato che “la libertà d’amare non è questione di Stato, che eterosessualità e omosessualità sono normalità”, dunque alla pari. “Perché nel 2023 è inconcepibile fare queste distinzioni”, ha detto Salvini, pur sottolineando il suo mancato apprezzamento per i gay pride.
Per tutto questo, pur sembrando uno strambo paradosso, è una sgrammaticatura politica liquidare la Lega, “identitaria, federalista e autonomista”, come ha specificato Salvini anche alla recente conferenza alla stampa estera, come partito conservatore di destra. Cosa che invece è FdI. E vista anche la presenza centrale di FI, la coalizione al governo non può che essere definita di centrodestra. Se non altro perché il centro, a parte la piccola Iv terzista di Matteo Renzi, non si vede neppure con un potente binocolo dalle parti di una sinistra sempre più radicalizzata.
Intanto, la Lega sull’immigrazione plaude al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella che ha giudicato “preistoria” le regole di Dublino. “Parole chiare e inequivocabili”: così una nota della Lega commenta, con “vivo apprezzamento”, le parole del Capo dello Stato. Alla cui rielezione la Lega stessa con FI, per quanto riguarda il centrodestra, contribuì.