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Le virtù delle élite democratiche. L’analisi di Sacconi

Mercoledì 29 gennaio alle 17,30 presso la sede Unioncamere di Piazza Sallustio a Roma Giancarlo Giorgetti, Antonio Polito e Roberto Speranza commenteranno il libro “Popolo ed Élite” (Marsilio Editore, 2020) prodotto dagli Amici di Marco Biagi. Pubblichiamo un capitolo della introduzione di Maurizio Sacconi, presidente della associazione.

Domani mercoledì 29 gennaio alle 17,30 presso la sede Unioncamere di Piazza Sallustio a Roma Giancarlo Giorgetti (Lega), Antonio Polito (Corriere della Sera) e Roberto Speranza (ministro della Salute) commenteranno il libro “Popolo ed Élite” (Marsilio Editore, 2020) prodotto dagli Amici di Marco Biagi, l’associazione nata come Amici di Mario Rossi ben venticinque anni fa con un libro manifesto intitolato “Le regole semplici della libertà responsabile”. Nel libro, vari autori trattano l’argomento sotto diversi profili riuniti nell’unica convinzione per cui occorrono élite plurali, in competizione tra loro, accessibili a tutti in ragione di una autentica parità delle opportunità. Pubblichiamo un capitolo della introduzione di Maurizio Sacconi, presidente dell’associazione. (Redazione Start Magazine

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Recentemente è mancato Gianni De Michelis, protagonista di uno degli atti di governo che meglio possono esemplificare la buona leadership quale risultò anche dal confronto competitivo tra élite di diversa formazione.

Agli inizi degli anni ‘80 l’Italia conobbe la trappola della contemporaneità di stagnazione ed inflazione a due cifre. Le élite di formazione tecnocratica e accademica immaginarono di imbrigliare la spesa pubblica attraverso la fine della funzione calmieratrice di Banca d’Italia nel mercato dei titoli di Stato. Si dirà più avanti degli effetti che ne derivarono proprio in termini di esplosione della spesa per interessi. La decisione aveva una sua validità teorica ma, calata nel concreto contesto delle elevate dinamiche di spesa promosse dalle politiche consociative degli anni ‘70, fu disastrosa.

Le élite di formazione democratica, partitica e sindacale, ebbero invece il coraggio di un concreto aggiustamento delle aspettative bloccando le indicizzazioni e sostituendole con il gioco d’anticipo dell’inflazione programmata. L’intervento regolatorio sulla  scala mobile e quindi sui salari, come sui prezzi amministrati e sulle tariffe, interpretato come espressione di una politica autorevole, fu seguito da comportamenti coerenti e diffusi nella società.

Gli ambienti della tecnocrazia ufficiale non capirono perché calcolarono gli effetti diretti e non quelli indotti. Ne vennero, a loro dispetto, un regresso più veloce che altrove dagli alti livelli inflazionistici ed una lunga fase di crescita dell’economia. Una decisione impopolare ma ponderata consentì di registrare il successo del voto popolare contro l’illusione ottica della domanda referendaria capziosa. Le élite che condussero quella battaglia erano espressione di canali formativi alternativi a quello accademico, non si limitarono a rappresentare (ed ampliare) l’insicurezza della crisi economica, seppero scommettere (senza azzardo) sugli umori del popolo e vincere. Le sostenevano una robusta cultura di governo e l’ausilio di figure esperte di loro fiducia.

Nella dimensione pubblica, come in quella privata, è evidente la necessità di eleggere o nominare persone dotate di conoscenza, abilità, esperienza se si vuole avere una maggiore probabilità di risultati.

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