Nata nel 1969 e dissoltasi nel 1976 come formazione della sinistra extraparlamentare, ma sopravvissuta come testata giornalistica sino al 1982, Lotta Continua è tornata a sua insaputa fra noi in questi giorni. E’ quella fra la magistratura e il governo Meloni. O viceversa, come si preferisce. Muro contro muro.
Anche i giudici di appello di Roma, come quelli di primo grado sostituiti con apposito intervento legislativo, hanno contraddetto l’impegno gridato dalla premier Giorgia Meloni, chiudendo la festa nazionale del suo partito al Circo Massimo, di fare “funzionare” la struttura creata in Albania per una prima fase di gestione degli immigrati clandestini. Pure dei quaranta e più appena scaricativi la magistratura ha disposto la liberazione in Italia, pur sospendendo il giudizio per rimettere gli atti alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea. Uno “schiaffo” alla Meloni, ha titolato La Stampa e altri giornali.
Non più tardi del giorno prima la premier aveva sfidato i magistrati convinti di potersi associare o addirittura sovrapporsi al governo nella gestione dell’immigrazione clandestina a candidarsi per rispondere come lei agli elettori delle decisioni che prendono vanificando quelle dell’esecutivo.
L’ostinazione della magistratura nella contrapposizione al governo è stata tuttavia compensata nelle ultime 24 ore dalla conferma da parte del Quirinale del retroscena giornalistico di un incontro avuto dalla Meloni col presidente della Repubblica prima di prendere pubblicamente di contropiede la Procura della Repubblica di Roma. Della quale aveva deciso di rendere pubblica criticamente la comunicazione fattale di iscrizione nel registro degli indagati, con i ministri Piantedosi e Nordio e col sottosegretario Mantovano. E della contemporanea trasmissione al tribunale dei ministri di un esposto dell’avvocato Luigi Li Gotti per il rimpatrio in Libia di un generale di cui invece la Corte penale internazionale dell’Aja aveva chiesto e inizialmente ottenuto l’arresto in Italia per crimini di guerra.
La conferma dell’incontro chiesto e ottenuto dalla Meloni col Presidente della Repubblica, e del Consiglio Superiore della Magistratura, ha in qualche modo fornito alla premier una copertura che le opposizioni fingono di ignorare. Loro, le opposizioni, che pure spesso tirano la giacca a Sergio Mattarella usando contro la Meloni esternazioni o silenzi, anche in questi giorni di celebrazione mediatica e politica dei dieci anni appena trascorsi dalla sua prima elezione al Quirinale.
E’ difficile, d’altronde, anche con un po’ di buon senso, immaginare Mattarella indifferente ad una delle più imbarazzanti circostanze nelle quali il capo della Procura della Repubblica Francesco Lo Voi si è mosso: dopo un contenzioso aperto col governo, e spinto sino a ricorrere al Capo dello Stato, per l’uso negatogli dei voli di Stato negli abituali spostamenti da Roma alla sua Palermo. Anzi, alla loro Palermo, essendovi nato anche Sergio Mattarella.