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le rivolte giudaiche

Le rivolte giudaiche

“Le rivolte giudaiche” (Laterza) di Luigi Firpo letto da Tullio Fazzolari

Può sembrare superfluo sottolineare che gli storici fanno il proprio mestiere con metodo scientifico e non si fanno condizionare dall’attualità. Però è altrettanto vero che eventi tragici come la guerra in Medio Oriente riaccendono l’interesse verso quanto accaduto in passato. Non a caso in questi giorni alcuni commentatori più attenti hanno osservato che i massacri di Hamas e i bombardamenti israeliani su Gaza sono l’ennesimo atto di un conflitto che a più riprese va avanti dal 1948. Ma si potrebbe aggiungere che la pace in Medio Oriente non c’è mai stata neanche prima. E nemmeno quando l’impero romano dominava il mondo.

“Le rivolte giudaiche” di Luigi Firpo (Laterza, 136 pagine, 11 euro) racconta bene senza pregiudizi e con una puntuale ricostruzione dei fatti quanto avvenuto in quel periodo e aiuta a comprendere meglio quello che sta accadendo oggi. Grazie al lavoro di Firpo si può conoscere una pagina di storia abbastanza ignorata. In alcuni casi s’è parlato della distruzione di Gerusalemme a opera di Tito. Oppure dell’assedio di Masada. Ma, al di là dei singoli episodi, raramente c’è stata una spiegazione chiara e completa degli eventi che invece “Le rivolte giudaiche” riesce a dare perfettamente. L’ultimo regno indipendente del popolo ebraico smette di esistere nel 63 avanti Cristo quando viene occupato militarmente da Pompeo. Anche Erode il Grande, pur fregiandosi del titolo di re, è di fatto un alleato e vassallo di Roma. E in apparenza tutto funziona finché a Gerusalemme ci sono capi politici o religiosi capaci di gestire la convivenza tra un popolo orgoglioso e il protettorato romano. Ma non dura a lungo e in meno di un secolo, fra il 66 e il 135 dopo Cristo, tre rivolte sanguinose e altrettante feroci repressioni devastano la Giudea provocando decine di migliaia di morti non solo tra i combattenti quanto e soprattutto tra la popolazione civile.

La ribellione più nota è la grande rivolta giudaica dell’anno 66 che l’imperatore Vespasiano fa reprimere dal figlio Tito. Gerusalemme e il tempio vengono distrutti nel 70 e la Giudea cade definitivamente sotto la dominazione romana. Tutto sembra finito quando, tre anni più tardi, con l’assedio di Masada viene annientata anche l’ultima resistenza. Ma le rivolte riprendono. Anche fuori dai confini della Giudea, in Egitto e in Cirenaica, avvengono sommosse delle comunità ebraiche. E nel 115, dopo circa quarant’anni di equilibri precari nel rapporto tra Roma e gli ebrei, scoppia la seconda grande rivolta puntualmente repressa nel sangue dall’imperatore Traiano. La dominazione romana però non fa che accrescere il consenso verso le frange più estremiste. Il partito più intransigente è quello degli zeloti al cui interno si forma una setta di veri e propri terroristi definiti i sicarii dal nome del pugnale che usano per compiere assassinii politici non solo contro gli occupanti romani ma soprattutto contro ebrei più moderati. Al desiderio di indipendenza si unisce ormai il fanatismo religioso. E nel 132 esplode la terza grande rivolta provocata anche dall’ottusa decisione dell’imperatore Adriano di proibire la circoncisione. Finirà tre anni dopo con l’ennesimo bagno di sangue e il nome Giudea verrà cancellato per essere sostituito con quello di Siria Palestina.

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