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Le poco sgarbiane dimissioni di Sgarbi

Le insolitamente sobrie dimissioni di Vittorio Sgarbi da sottosegretario alla cultura viste da Francesco Damato

 

Sembrerà un paradosso di fronte all’accusa rivolta al suo ormai ex ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano di essere “senza dignità”, ma Vittorio Sgarbi questa volta si è contenuto dimettendosi in diretta da sottosegretario durante una manifestazione alla quale era stato invitato a parlare da critico d’arte. Ed ha generosamente, preventivamente assolto la premier Giorgia Meloni dal sospetto di non avere aspettato altro, o di averlo spinto alla rinuncia. No. La premier non c’entra. C’entra solo il ministro per averlo praticamente denunciato all’autorità di garanzia trasmettendole lettere anonime contro compensi percepiti per prestazioni relative alla sua attività di governo, in violazione di una legge sul conflitto d’interessi che porta il nome del compianto ministro Franco Frattini. E che Massimo Cacciari in televisione, dopo qualche ora, ha criticato polemizzando con Marco Travaglio, orgoglioso invece più di un pubblico ministero quando vede condannare un suo imputato.

L’insolita sobrietà di questo grande dissipatore di energia e intelligenza che personalmente considero il già altre volte sottosegretario dimissionario della Cultura, come ai tempi del ministro Giuliano Urbani nel 2002, ci ha risparmiato forse repliche spiacevoli di incidenti, a dir poco, di un certo clamore. Come quando nell’aula di Montecitorio, sotto la presidenza di turno dell’allora collega di parte Mara Carfagna, egli si fece portare via di peso dai commessi, come in un quadro di Andrea Mantegna sulla deposizione di Gesù Cristo, dopo avere insolentito qualche critico o avversario, e la stessa Carfagna che lo richiamava all’ordine. Di sicuro le dimissioni hanno rimosso dal programma dei lavori parlamentari una votazione al cardiopalma sulle richieste delle opposizioni di sostanziale rimozione col ritiro delle deleghe ottenute con la nomina a sottosegretario.

Rimangono aperte altre questioni, a cominciare dal verdetto anticipato dell’autorità di garanzia sulle sue prestazioni durante l’incarico di governo, cui Sgarbi ha annunciato il proposito di ricorrere al Tar. Ma il giornale di Travaglio, mai stato tenero con lui, cui non perdona le prestazioni televisive contro i magistrati negli anni di Mani pulite, tornate ieri ad essere rappresentate sul Fatto Quotidiano come un’epopea dall’ex pm, ex ministro e ora coltivatore diretto Antonio Di Pietro; il giornale di Travaglio, dicevo, lo aspetta ai processi che si vanta di avere contribuito a concepire su traffici di quadri manomessi o addirittura rubati.

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