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Le news su Dagospia, Repubblica, Foglio, Tim, Confindustria, Valditara, Atreju e non solo

Dagospia, Repubblica, Foglio, De Benedetti, Valditara, Tim, Atreju e non solo. Pillole di rassegna stampa

 

LE SINTONIE FRA REPUBBLICA E DAGOSPIA

 

CONSIGLI NON RICHIESTI A VALDITARA

 

NOVITA’ IN CASA DI TIM

 

LE CARINERIE DI DE BENEDETTI PER LA FAMIGLIA ELKANN

 

FOGLIO MON AMOUR

 

CURIOSITA’ DA ATREJU

CHI SONO I GIORNALISTI CHE SFILERANNO AD ATREJU. L’ARTICOLO DI START

GOZZI, UN FILO CINESE IN CONFINDUSTRIA?

 

CARTOLINE DALL’AMERICA

 

CARTOLINA DALL’INDIA

 

CARTOLINA DALLA CINA

 

CARTOLINA DA NAPOLI

 

QUISQUILIE & PINZILLACCHERE

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MUSK AD ATREJU, ESTRATTO DI UN ARTICOLO DI FLAVIA PERINA PER IL QUOTIDIANO LA STAMPA:

In teoria Elon Musk dovrebbe rappresentare per la destra italiana un personaggio assai discutibile sotto molti profili. È il profeta della transizione elettrica, contro cui il governo ha ingaggiato un braccio di ferro a Bruxelles sostenendo che distruggerà i ceti meno abbienti e provocherà sconvolgimenti sociali insostenibili. Ha uno status di padre piuttosto misterioso, undici figli di cui sicuramente due (ma forse pure di più) commissionati con la gestazione per altri, che la destra definisce crimine universale alla pari di schiavitù e pedofilia. Ha una biografia da grande privilegiato, figlio di una modella e di un ingegnere proprietario di miniere di diamanti in Zambia, scuole private, grandi università e tutto il resto. Ha preso ripetutamente posizione contro l’Ucraina, e non solo a parole: avrebbe sospeso l’accesso di Kiev ai satelliti di Interlink in Crimea per evitare un attacco contro la flotta russa. Ha scatenato un putiferio con l’endorsement a un post anti-israeliano che il governo Usa ha definito “un’aberrante promozione dell’antisemitismo e dell’odio razziale”, salvo poi volare a Tel Aviv per farsi fotografare in giubbotto antiproiettile con Benjamin Netanyahu.

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OCCUPAZIONI DELLE SCUOLE, ESTRATTO DI UN ARTICOLO DEL CORRIERE DELLA SERA:

Il caso del liceo Mamiani di Roma potrebbe non rimanere isolato. Altri presidi sarebbero pronti a chiedere ai genitori i danni provocati dagli studenti durante le occupazioni. Sono venti gli istituti coinvolti nella Capitale. Oltre alle lezioni perse, il danneggiamento degli edifici e degli arredi, in alcuni casi l’azione dei ragazzi ha comportato lo stop delle pratiche amministrative a ridosso delle vacanze di Natale. E per questo la preside del Mamiani, Tiziana Sallusti, minaccia di presentare il conto di 64 mila euro alle famiglie «se la scuola non riuscirà a rendicontare e perderà i fondi». «Abbiamo fatture da saldare e il pagamento dell’Iva — spiega la dirigente —, tutte operazioni che dobbiamo fare entro il 15 dicembre, prima delle chiusure natalizie». A questo si aggiunge il rallentamento dei cantieri per il rifacimento del tetto della scuola. «I costi per eventuali interruzioni o ritardi — sottolinea Sallusti — potrebbero essere addebitati al nostro liceo».

Una settimana di occupazione nella sede centrale dell’Istituto Giorgi–Woolf gestita da 40 militanti di Osa, l’Opposizione studentesca d’alternativa, ha lasciato macchinette di merendine e caffè rotte, escrementi nelle aule ed estintori svuotati. «La maggior parte di noi era contraria — spiega una ragazza —, quando siamo ritornati in classe in molti hanno avuto problemi respiratori per la polvere degli estintori». Ancora occupati invece i licei Morgagni, Manara e Virgilio, ai quali si è aggiunto ieri anche il liceo Socrate. «Non esiste lo smart working nella scuola, non è previsto — spiega Patrizia Chelini, preside del liceo Morgagni —, alcuni miei collaboratori lo stanno facendo volontariamente, ma chiaramente siamo rimasti indietro con l’attività amministrativa».

L’istituto, diventato famoso per aver sperimentato la «scuola senza voti», dovrà rimandare l’Open day, la giornata dedicata a genitori e ragazzi intenzionati a iscriversi. Inoltre, se saranno riscontrati danni al termine dell’occupazione «chiederemo il risarcimento direttamente alla famiglie degli studenti coinvolti», chiarisce la dirigente. Lo scorso anno la scuola ha dovuto pagare di tasca propria 8 mila euro per il ripristino degli ambienti.

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