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Le news su Dagospia, Draghi, Mattarella, Toti, Palenzona, Spinelli e non solo

Che cosa si dice e che cosa non si dice su Dagospia, Draghi, Mattarella, Toti, Palenzona, Spinelli e non solo. Pillole di rassegna stampa

 

DAGOSPIA DIFENDE MATTARELLA

SPAR CONDICIO

LA NOMEA DI TOTI SECONDO SPINELLI

 

SIGNORINI UN VERO SIGNORE…

 

NOTIZIA UN SACCO VIRALE

 

FONDI PER GENOVA

PALENZONA NON È FALSO E CORTESE…

AMCO E’ STATA PROPRIO UN TESORO PER LE BANCHE…

LE PREFERENZE DI DRAGHI…

COME È UMANA LEI…

 

MASTERCARD COMMISSARIA BANCOMAT

 

CARTOLINA DAGLI STATI UNITI

 

CARTOLINA DALLA NATO

 

CARTOLINA DALLA CINA

 

CARTOLINA DALL’OLANDA

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ESTRATTO DELL’ARTICOLO DEL QUOTIDIANO LA STAMPA SU CRT E PALENZONA:

Che non si sia trattata di una scena edificante, quella che ha visto i quattro congiurati (Caterina Bima, Davide Canavesio, Antonello Monti, Anna Di Mascio) spartirsi poltrone, questo giornale lo ha denunciato e lo ha rimarcato. Ma a Palenzona, leone ferito e indomito, non basta. Perché non se ne capacita: «Io non ho mai vantato questo: ma più che farlo gratis, non prendere nemmeno un rimborso spese… Non ho chiesto o voluto mai un incarico, quando tutti erano pieni di incarchi, e se ne accumulavano uno con l’altro. E questo non vale niente. Bisogna denigrare Palenzona? Va bene, ragazzi, ma ci vuole un limite, vedere qual è la situazione…».

Piccola consolazione. Ora «han preso posizione i magistrati – fa notare -, i quali erano quelli che han scritto la lettera che non mi volevano». Vorrebbe congedarsi, Palenzona, ma una curiosità in più del suo interlocutore lo trattiene. Perché quella sera in consiglio ha deciso non già di andare a Torino e combattere, ma di rimanere a Roma, rendendo così più semplice il lavoro ai “congiurati”? «Ho provato tutto il week end per dire: “Facciamo una riunione prima e parliamoci”. La risposta è stata una lettera di quattro che dicono: convoca subito il consiglio». Morale: «Andate tutti a quel paese!». Palenzona non dice proprio così, ma il senso lo avete capito. Insomma: sta a Roma, perché capisce che la causa è persa.

Poi prosegue: «Uno sta lì un anno, fa delle cose che passano tutte all’unanimità. Non con problemi o altro: tutto all’unanimità. Un bel momento il consiglio dice: “Sfiduciamo il segretario”». L’ex presidente di Crt ricostruisce quello che succede, con lui che reagisce stupito: «Ma che cosa dite? Tanto le cose che addebitate a lui (a Varese, ndr), ossia di aver fatto l’esposto eccetera, le ho fatte io, quindi la responsabilità è la mia. Niente. “Collegio sindacale!”, dice un altro. Convoco l’avvocato che si collega e dice loro che sono fuori strada». Insomma, nella sua ricostruzione sostiene che, dopo un battibecco, fosse divenuto evidente che Varese aveva fatto quanto in suo potere. «Quindi riprende la parola la Bima e dice: “Allora lo licenziamo perché tratta male i dipendenti”. E vabbè, ma allora non c’è storia!», esclama. A un certo punto Palenzona interrompe il racconto: «La diffido dallo scriverlo, guai a lei. Però si ricordi: io sono uno qualsiasi, ho tante cose da fare e continuerò a farle, però mi dispiace. Anche perché se la fondazione è quella roba lì, non è un caso. Torino (intesa come la ex Cassa di risparmio, che nel 2002 fu incorporata in Unicredit, ndr) non era la terza banca italiana, si informi bene. Adesso è la terza fondazione, non certo per quei signori lì… Ma lasciamo perdere: chi si loda si imbroda…», dice ricordando la lunga liaison con la Fondazione iniziata nel 1995 come consigliere (spedito lì da se stesso, fresco di elezione a presidente della Provincia di Alessandria) e mantenuta anche quando non ha avuto incarichi ufficiali, per terminare con la presidenza. Ora quel filo si rompe e restano i cocci di una storia con mille sfaccettature. «Però Torino – osserva – fa questa fine perché Torino è quella gente lì, è quella dirigenza lì. E difende, il sindaco, quella gente lì. Quindi non ha speranza, non c’è classe dirigente. Chi viene (da fuori, ndr), viene espulso. Questo è il tema».

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